S'inchinano sulla tomba di Tito L'improvviso pianto di Breznev

S'inchinano sulla tomba di Tito L'improvviso pianto di Breznev A Belgrado i capi di Stato e di governo ai solenni funerali S'inchinano sulla tomba di Tito L'improvviso pianto di Breznev Il Maresciallo sepolto, come aveva chiesto, nella serra delle rose del suo giardino privato - Il saluto del presidente della Lega comunista: «Tito era l'uomo del secolo, e anche l'uomo del futuro» - Ma ora la Jugoslavia affronta un cammino difficile - E' mancata la stretta di mano fra il capo del Cremlino e Hua DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BELGRADO — Non c'è alcun dubbio «he la nuova Jugoslavia sia nata con Tito; c'erano dei dubbi se sarebbe sopravvissuta a Tito. Per chi ha seguito i funerali del grande condottiero, questi dubbi sono stati definitivamente dissipati. Succede raramente che un Paese intero offra l'immagine del proprio carattere in un funerale. A Belgrado abbiamo invece assistito appunto ad una slmile prova. I maestosi funerali di Tito, più che un commiato storico, sono stati un'imponente manifestazione della determinazione di un popolo di non chiudere una pagina della propria storia per aprirne un'altra, ma di continuare a sviluppare quella tracciata ed elaborata da Tito. Senza il maresciallo sarà difficile, ma quella folla Immensa, muta in un dolore orgoglioso, non ha .lasciato trasparire incertezze né scoramenti. Tito ha avuto un funerale grandioso e sobrio allo stesso tempo. Nulla o poco è stato affidato alla regia. L'imponenza scaturiva dalla folla radunata e dai personaggi convenuti da tutto il mondo. Luna e gli altri senza precedenti storici. Per nulla patetiche sono suonate in questo ambiente le parole pronunciate all'inizio della cerimonia finale dal presidente di turno della presidenza della Lega comunista, Stevan Doronjski: «rito era veramente l'uomo del secolo, l'uomo di un'epoca. Per quello che ci lascia, Tito è anche l'uomo del futuro. Siamo fieri di essere stati suoi contemporanei». Il corteo si è mosso dal palazzo della Skupstina Federale, alle 11 precise (50 televisioni mondiali trasmettevano in diretta). Dall'atrio centrale, dove è stato esposto per tre giorni e visitato ininterrottamente da un milione e mezzo di jugoslavi e da quasi 200 delegazioni estere, il semplice feretro in noce naturale è stato trasportato da dieci gene-' rali e dieci operai fino ad un affusto di cannone. L'ultimo, grande onore è spettato agli otto membri della presidenza collettiva, sul quali incombe la ricca quanto pesante eredità. Dietro alla bara ha preso posto la famìglia: la moglie Jovanka, i figli Djarko e Miscia con le rispettive numerose famiglie. Seguivano le presidenze dello Stato e del partito, il governo, i capi delle comunità religiose, i dirigenti attuali e passati della rivoluzione, i compagni di tante battaglie e quelli incaricati di proseguirle. Facevano strada al corteo le 365 bandiere di altrettante brigate partigiane, formate dal maresciallo durante la guerra (341 jugoslave, 21 italiane, una russa, una francese e una bulgara), seguite dai 330 sopravvissuti «eroi nazionali» detentori dell'ordine massimo per i meriti della guerra partigiana. Mentre il corteo si snodava verso le vie principali, da un'apposita tribuna gli rendevano omaggio 150 fra i più ! eminenti statisti del mondo. Al cronista risulta più facile fare l'elenco degli assenti: Carter, che ha voluto evitare rincontro con Breznev; Castro, che ha voluto accentuare il suo distacco dall'ideologia titoista; Giscard d'Estaing, al quale non piacciono, gli assembramenti dove la sua figura possa scomparire; Sadat. il quale ha preferito non sfidare il Fronte del rifiuto arabo in questa occasione, anche in amaggio al suo amico scomparso. Il corteo funebre ha attraversato lentamente le vie centrali della capitale percorrendo quattro chilometri. Ai due lati. un muro di compatto cordoglio formato da un milione di belgradesi, mentre nel cielo sfrecciavano le squadriglie aeree militari (quasi emblematicamente di produzione jugoslava, sovietica e americana). Si è arrivati cosi, dopo due ore e mezzo, all'ultima tappa di una vita vissuta in gc grande, sofferta in grande combattuta in grande. Tito ha scelto come ultima dimora la serra delle rose nel suo giardino privato. Al centro della serra, ricoperta ora di pietra rossiccia è stata siFrane Barbieri (Continua a pagina 2 ! in quinta colonna) I Belgrado, Ai funerali di Tito, Breznev ignora la conversazione con gli altri Icadcrs c si abbassa per vedere meglio la cerimonia

Persone citate: Barbieri, Breznev, Castro, Giscard D'estaing, Miscia, Sadat, Stevan Doronjski

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia