Jader Jacobelli contro Barbato di Jader Jacobelli

Jader Jacobelli contro Barbato Jader Jacobelli contro Barbato Ancora una volta mi trovo al tempo stesso d'accordo e in disaccordo con Andrea Barbato sui diritti-doveri degli operatori del servizio pubblico radlotelet isivo (vedi La Stampa del 28 aprile). D'accordo perché anch'io ritengo che essi non debbano accettare «un ruolo burocratico»; che non si debba «innalzare la reticenza a categoria dello spirito informativo e ignorare che la vita pubblica Italiana necessita di spiegazioni, di analisi e di retroscena»; che «nella democrazia avanzata il conflitto fra il potere politico e l'universo delle informazioni è un elemento positivo, un sistema di controllo incrociato, una partita il cui risultato va a vantaggio della maturazione dell'opinione pubblica» : che è necessario favorire «una cultura critica». Il mio disaccordo comincia, invece, là dove Barbato non distingue 11 ruolo del pubblico dal ruolo del privato nel campo dell'Informazione, perché delle due l'una: o la distinzione è professionalmente impossibile e allora il servizio! pubblico si autoliqulda. o la distinzione è possibile e allora è nostro interesse di operatori del pubblico definirla il più possibile perché il Paese conosca la politica editoriale che seguiamo e abbia la garanzia che non è una politica di parte, ma una politica «nel¬ l'interesse generale». Se il corpo redazionale di un qualunque giornale privato ha il diritto di conoscere e anche di discutere la politica editoriale che il direttore intende segui-, re, a maggior ragione, mi sembra, tale diritto va ricono-! sciuto all'intero corpo sociale di un Paese. Cultura critica: la mia opi-; nlone è che il servizio pubbli-, co può essere lo strumento più idoneo per stimolarla e alimentarla, a patto, però, che i suoi operatori rivendichino/ non una rappresentatività personale o di parte, ma una rappresentatività generale. Il passaggio dal privato al pubblico anche nel campo dell'informazione deve essere appunto la assunzione di tale rappresentatività generale. Diversamente, la lottizzazione diverrà sempre più ferrea e anche, purtroppo, giustificata. Se gli operatori del servizio pubblico dicono di nonvolere o di non potere assicurare un'informazione imparziale e completa, è fatale che le forze politiche, e In parte anche quelle sindacali, si garantiscano da sole cercando di imporre apertamente o di Introdurre di soppiatto operatori propri nel servizio pubblico. Proprio perché compito primario del servizio pubblico è quello, come sostiene Barba¬ to, di favorire l'esistenza di una cultura critica, occorre che il comportamento dei suoi ■operatori non sia acritico, Snon contraddica la criticità 'che si contraddirebbe quando, per esempio, io veicolassi con il mezzo pubblico un'opinione di parte senza dichiararla tale senza farla seguire contestualmente o in tempi ravvicinati dalle altre opinio-' ni. La criticità non è rappresentata dall'opinione personale di un operatore, ma dalla sua capacità di proporre al Paese l'insieme delle opinioni nei loro rapporti reali e nella loro dialetticità, cosa che si può fare con le inchieste, con i dibattiti e anche con commenti che non abbiano, però, il fine di privilegiare l'opinione del commentatore, ma di disegnare il più fedelmente possibile la mappa delle opinioni su un certo tema. In questo senso il lavoro dell'operatore pubblico deve essere pluralistico. Nell'altro senso, invece, — quello secondo cui il pluralismo sarebbe la somma del vari «singolarismi» —si legittimano le più rigide lottizzazioni. i A me dispiace questo disaccordo teoretico con Barbato perché, sul piano pratico, egli si sforza — e non può che essere uno sforzo — di essere pluralista proprio come sostengo io. Jader Jacobelli. Roma

Persone citate: Andrea Barbato, Barba, Barbato, Jader Jacobelli

Luoghi citati: Roma