Pandolfi: «Dobbiamo ritrovare un equilibrio fra tutte le monete»

Pandolfi: «Dobbiamo ritrovare un equilibrio fra tutte le monete» E' PRESIDENTE DEL COMITATO DEI MINISTRI DELL'FMI Pandolfi: «Dobbiamo ritrovare un equilibrio fra tutte le monete» EUROPA — Di riforma del sistema monetario internazionale si parla, a dir poco, da dieci anni e sembra di essere ancora al punto di partenza. Questa considerazione non la scoraggia? PANDOLFI — No, non ini scoraggia. Sul piano psicologico potrei ricordare, con un celebre detto, che non c'è bisogno di sperare per intraprendere, né di riuscire per perseverare. Ma preferisco restare su un piano oggettivo. E' vero: quando il Comitato dei Venti nel suo rapporto conclusivo del giugno '74 delineò un processo evolutivo di riforma per il sistema monetario internazionale, pochi avrebbero scommesso sulla capacita collettiva di realizzarla, sia pure col tempo. Ricordo incidentalmente che quel rapporto rac- ■ comandava all'Fmi di studiare «meccanismi di sostituzione». Anche questo richiamo fini per cadere nel vuoto. Ma da allora molte cose sono cambiate sulla.scena monetaria internazionale. EUROPA — Vuol dire che la situazione le sembra oggi più favorevole? Se è cosi, su che cosa poggia la sua convinzione? PANDOLFI — Le intuizioni ed i propositi del primi Anni 70, a cominciare dall'idea centrale di affiancare al dollaro con ruolo progressivamente crescente il diritto speciale di prelievo, furono travolti dalle circostanze di cui siamo stati spettatori. Mi riferisco alla grande espansione degli averi in dollari quali strumenti di riserva e 'all'elevata elasticità dell'offerta di liquidità internazionale. I progetti di riforma entrarono in una fase di eclissi anche e soprattutto in seguito al forte rincaro del petrolio. Ma l'ampiezza dei fenomeni e la scarsa capacità di governarli hanno a poco a poco fatto riemergere i temi di una possibile riforma del sistema. Si è concretamente individuato un primo passo nella creazione di un Conto di sostituzione. EUROPA — E* stato probabilmente un errore quello commesso dieci anni fa di ambire ad obiettivi troppo alti, di immaginare riforme globali che la comunità ins ternazionale non era preparata ad accogliere. Ora, al contrarlo, sembra prevalere lui maggiore pragmatismo. . PANDOLFI—Esattamente. La ripresa d'interesse per un Conto di sostituzione non nasce oggi come idea astratta per affrontare problemi astratti. La questione è attualmente di come uscire da un'alternativa scomoda per tutti. L'alternativa è tra un sistema poggiato in maniera predominante sul dollaro come moneta di riserva e un sistema a più monete di riserva, essendo questo secondo il prodotto di un processo convulso, con effètti dirompenti sul mercato dei cambi. Da questa alternativa occorre uscire. Il caso, come si vede, è concreto. ' EUROPA — La via d'uscita sarebbe quella rappresentata dal Conto di sostituzione? PANDOLFI — Tra le possibili vie d'uscita, quella dei Conto di sostituzione è quella che presenta le maggiori caratteristiche di realizzabilità. Non dobbiamo alimentare l'illusione che attraverso il nuovo strumento possano essere risolti tutti i problemi. Si tratta piuttosto di compiere un primo importante passo. Soprattutto in sede di indagine teorica, sarebbe improprio porre limiti alla funzione del Conto di sostituzione e più in generale del diritto speciale di prelievo. Ma intanto guardiamo realisticamente ad obiettivi più immediati. EUROPA — Come possono essere definiti questi obiettivi immediati? Intendo dire che cosa ci si può e ci si deve attendere dalla realizzazione del Conto di sostituzione? PANDOLFI — Il maggiore problema è posto dal dollaro, considerato non tanto come moneta degli Stati Uniti, ma come moneta internazionale. L'Interscambio commerciale viene generalmente regolato in dollari: quando le bilance dei pagamenti non sono in equilibrio, i dollari tendono ad accumularsi in un Paese o in un gruppo di Paesi. Chi ha accumulato riserve denominate in dollari si è trovato di fronte al problema di difenderne il valore nel tempo. Ne è nata la tendenza a convertirli di volta in volta nelle monete accreditate di maggiore stabilità. Data la dimensione raggiunta dalle eccedenze in dollari, i mercati dei cambi sono stati posti sotto pressione. I rapporti tra le monete ne hanno sofferto, allontanandosi dalla loro funzione di esprimere, come dovrebbe istituzionalmente essere, rapporti reali di competitiività dei sistemi produttivi sottostanti. Contenere questa componènte di squilibrio dei mercati è il primo obiettivo del Conto di sostituzione. E' tuttavia evidente che il Conto non può supplire all'esigenza di un migliore coordinamento delle politiche economiche e monetarie nel perseguimento di una strategia disinflazionistica su scala mondiale. Il Conto è complementare a questo processo e non certo alternativo o sostitutivo. EUROPA — Tecnicamente come può il Conto di sostituzione rappresentare un'alternativa al processo di diversificazióne delle riserve? PANDOLFI — Le eccedenze in dollari, o comunque una parte delle riserve in dollari, potranno trovare un approdo sicuro nel meccanismo del Conto. A fronte dei dollari depositati, le banche centrali riceveranno certificati del Conto denominati in diritti speciali di prelievo, garantiti per quanto riguarda il mantenimento di valore nel tempo, con un buon rendimento, con le indispensabili garanzie di liquidità per occorrenze di bilancia dei pagamenti. Il Conto a sua volta impiegherà i dollari ricevuti in titoli a lungo termine del Tesoro americano. EUROPA—Le dimensioni del Conto, cioè l'ammontare dei dollari depositati per la sostituzione, dovranno essere sufficientemente grandi per raggiungere l'obiettivo della stabilizzazione. PANDOLFI -r- Non vi è dubbio. L'efficacia del Conto di sostituzione dipende anche dal livello del depositi che sarà in grado di racco¬ gliere. Gli squilibri nelle bi' lance dei pagamenti tendono a farsi di nuovo gravi. Basti, pensare che nel 1880 l'avanzo dei Paesi produttori di petrolio sarà sicuramente superiore al 100 miliardi di dollari e che già a fine 1979 le riserve valutarie in dollari delle banche centrali di tutto il mondo superavano i 200 miliardi. Le cifre che ho indicato,' in ogni caso, lasciano intuitivamente intravedere che l'ordine di grandezza del Conto dovrà essere sufficientemente importante perché il Conto raggiunga i suoi obiettivi. EUROPA — Fra questi obiettivi si può anche includere quello di una migliore evoluzione dell'economia mondiale, al di là degli aspetti puramente valutari? PANDOLFI — Credo di si. Vorrei limitarmi a sottolineare questo aspetto: i Paesi produttori di petrolio si trovano ora nella condizione di' programmare piuttosto rigidamente la propria offèrta, poiché nutrono timori sulla possibilità di conservare nel tempo il valore delle eccedenze valutarie ottenute con le esportazioni di petrolio. Se questa condizione cambierà si ridurrà uno dei fattori destabilizzanti della situazione economica mondiale. Ma questo che ho citato è solo un aspetto. Se né potrebbero indicare molti altri. EUROPA — Chi guadagnerà dall'attivazione del Conto di sostituzione? PANDOLFI — Se le rispondessi che guadagneranno tutti, direi esattamente la mia opinione, ma la risposta potrebbe sembrare ispirata ad ottimismo convenzionale. Allora potrei rispondere facendo io una domanda: chi guadagna dall'attuale Instabilità dei cambi? EUROPA — Se cosi fosse, il Conto di sostituzione dovrebbe già essere una realtà. PANDOLFI — Uno dei problemi del nostro tempo, in campo nazionale come in quello internazionale, è l'inadeguatezza delle procedure decisionali di fronte al mutare e talvolta all'incalzare dei problemi che devono essere affrontati. Occorre pazienza e tenacia. EUROPA — Ma non è solo una questione procedurale. PANDOLFI — Certamente no, La messa in opera del Conto di sostituzione presen-*' ta anche aspetti specifici, da quelli più propriamente tecnici a quelli che finiscono per assumere valore e colore politico. Basti citare problemi come quello del ruolo dell'oro del Fondo monetario quale garanzia di equilibrio tra il dare e l'avere del Conto. Quésta ed altre questioni di non poco momento sono oggi sul tappeto. Ma resta dominante sullo sfondo il vero problema, che è quello del maturare di una comune convinzione sulla necessità ed urgenza di un serio passo in avanti sulla strada della riforma del sistema monetario internazionale. Ho detto comune convinzione': in realtà il Conto di sostituzione non è affare di pochi o per pochi ma affare di molti e per molti. EUROPA — A che punto è il maturare di questa comune convinzione? Dopo i contatti esplorativi da lei avuti da quando ha assunto la presidenza dell'Interim Com.mittee, quali previsioni può fare? • PANDOLFI — I contatti che ho avuto sin qui mi han- " no dato la certezza che esista una forte ripresa d'interesse per il Conto di sostituzione. Mi pare sia stata anche apprezzata l'iniziativa di un negoziato diretto, con i singoli Paesi, quale è quello che ho cominciato a svolgere. Previsioni? E' buona regola non farne, almeno a questo punto del tragitto. Il 25 aprile l'Interim Committee si riunirà ad Amburgo. Sarà un'altra tappa del non facile percorso. Sarebbe un buon risultato se, raggiunto il consenso su alcuni punti essenziali del meccanismo di sostituzione, la strada risultasse, dopo Amburgo, più libera e più vicino il traguardo finale. Mario Salvatorelli Filippo Maria Pandolfi è, dall'autunno scorso, presidente del Comitato dei ministri «ad interim» del Fondo monetario internazionale. La sua nomina è legata, ovviamente, alla sua carica di ministro del Tesoro nel governo italiano. Ma la scelta, tra i ventun membri di quel Comitato, è stata determinata, oltre che da opportunità di rotazione nella carica, anche dalla buona reputazione di «tecnico» che Pandolfi si è creata negli ultimi anni. Il suo è un caso, piuttosto raro, di ministro che si guadagna la fama di «tecnico» sul campo. Pandolfi è infatti laureato in lettere, indirizzo filosofico, e ancor oggi ama inserire nella conversazione, più che citazioni dei padri dell'economia, versi in greco e dottrine filosofiche dell'antichità. Ma è accaduto che, dopo la sua elezione a deputato a Bergamo, dove è nato nel novembre 1927, e dove risiede tuttora la sua numerosa famiglia (quattro figli), Pandolfi, che è democristiano, si è trovato nel 1968 a far parte della commissione Finanze e Tesoro della Camera. Si deve presumere che abbia dato buona prova, se nel 1974 entra nel governo come sottosegretario alle Finanze e due anni dopo ne diventa ministro. Ancora due anni, e Pandolfi passa ministro del Tesoro, carica che conserva tuttora. Ecco l'intervista per i quattro giornali del supplemento «Europa».

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