Sorrisi nella casa del dolore

Sorrisi nella casa del dolore Momenti «fella visita torinese di Giovanni Paolo II: la folla, gli incontri, le emozioni Sorrisi nella casa del dolore La breve sosta del Papa nella «cittadella» del Cottolengo dove ha visto tutte le infermità più penose - E' stato accòlto con gioia, ma «a mano a mano che andava avanti trangugiava commozione e lacrime» I viali e le piazzette del Cottolengo, la «città nella città» unica al mondo, sono allegri di fiorì, di festoni e di bandierine. Molti gli striscioni. Eccone uno, con una frase del Vangelo di Matteo: «Ero infermo e mi hai visitato». Un altro, con una frase di don Giuseppe Cottolengo: ' «Se sapeste chi sono i poveri li servireste in ginocchio». Pochi minuti fa, il. Papa ha lasciato questa incredibile cittadella, commosso e con un velo di lacrime. Viali e piazzette sono ancora pieni di eccitazione e di gioia. E' là folla dei «rifiuti delmondo». Una folla di ; inerì e di vecchi e di malati cronici,.di sordomuti e dì ciechi e dì paralitici, di giovani e di bambini mutilati e deformi. Ma dovunque guardi, vedi sorrisi e gioiosa animazione. Papa Wojtyla ha voluto andare solo, accompagnato soltanto dal Cardinale, al Cottolengo; una visita dura-, ta dalle 10 alle 10,45. Nessun giornalista, niente^ televisione. Un comprensibile rispetto per la sofferenza. Un incontro intimo, senza estranei, con i «fratelli sfortunati». Il Papa è staio guidato nella visita dal canonico Borsarelli, superiore della «Piccola Casa» e da don Tosatio. Ora, che la visita è finita, con don Tosatto rifacciamo il percorso di Giovanni Paolo II. Il Papà ha pregato all'altare del Santo, ha firmato il registro dei visitatori.. Ed è entrato nella chiesa cottólenghina gremita di ricoverati, medici, infermieri, suo re. Tolte le prime file di panche per lasciare posto alle carrozzelle dei paralitici e dèi mutilati. Tutti salutavano, applaudivano. Entrato sorridente, dopo pochi metri il Papa appariva commosso. I Si è fermato ad abbracciare una vecchietta e a stringere molte mani, con fatica si è staccato da quegli sventurati ed è aridato all'altare maggiore. Ha parlato ai «carissimi fratelli e sorelle» del dolore e della carità. «Il dolore umano nei suoi mille volti e l'amore cristiano si sono dati convegno in questa cittadella del miracolo». Ha detto che Cottolengo è «un nome che suona come testimonianza del Vangelo vissuto fino alle estreme conseguenze». Da pili di cenlobìnquant'anni, ogni giorno, avvengono qui, alla Pìccola Casa, «prodigi d'amore umanamente inspiegabili». Ha parlato agli ammalati, ai religiosi -che continuano l'opera del Santo, ai medici e agli infermieri. Ha parlato ai giovani che vengono a portare il loro servizio volontario. A differenza di altri gio-. vani «voi gridate che la vita è bella e ha un valoresolo se >si dedica al servizio del fratelli», di •. Finisce di parlare e la folla che aveva ascoltato in silenzio è festante. Il Papa si avvia nella navata centrale, in un cammino lento, molto lento. Si ferma continuamente ad abbracciare ammalati, sembra che voglia parlare con tutti. All'uscita dalla chiesa, tre bimbi gli offrono fiori. Sale su una jeep per .il percorso interno del Cottolengo. Ovunque folla. Sono circa 4500 gli abitanti della «città del miracolo». La macchina va a passo d'uomo. In piedi, il Papa saluta, e benedice. Vede attorno a sé tutte le infermità del mondo, le più penose, più tremende: Eppure vede festa e gioia; ovunque vede sorrisi. Ei sorrisi di questi sventurati colpiti forte dalla sorte sono più toccanti, più commoventi delle stesse loro infermità. «A mano a mario che andava avanti, Il Papa trangugiava commozione e ladri* me. Aveva gli occhi sempre più arrossati» dice don Xo-_ satto. Applausi, un grido continuo: «Viva il Papa», una pioggia di fiori. Il canonico Borsarelli e don Tosatto sono con Giovanni Paolo II per dargli spiegazioni, ma non c'è niente da spiegare, tutto parla da sé. Il «miracolo del Cottolengo» è qui davanti agli occhi. L'auto passa vicino all'edificio dov'era la stanzetta di don Cottolengo. Peccato che non ci sia tempo per fermarsi a visitare la stanzetta con i ricordi di questo prete che un giorno andò all'udienza di Carlo Alberto con gli zoccoli, perché poco prima aveva donato le sue scarpe a un povero. Si entra nel «cortile del Mulino», l'auto passa tra le sordomute. Si attraversa via San Pietro in Vincoli e si entra nel «padiglione delle buone figlie» dove sono le handicappate psichiche. E il Papa con gli occhi, sempre più arrossati, che si sporge dall'auto a strìngere mani, ad accarezzare volti illumì' natidaliagioia, rispondendo ai saluti, sorridendo a tutti che gli sorridono, ma anche ■trangugiando commozione. , Altri cortili, altri padiglioni. L'auto arriva dove sono i bambini handicappati più piccoli, che al Cottolengo sono chiamati «angeli custodi». Qui, uno striscione con und frase di Giovanni Paolo II: «Ogni bambino, gioia e bellezza di Dio, è un dono da amare».- Il Papa fa fermare l'auto tra suore e infermiere che tengono tra le braccia sventurati bambini che hanno cinque o sei anni ma è come se avessero pochi mesi. Prende due di questi bambini e se li stringe al petto, li bacia: molti baci. E' tra questi «angeli custodi» che si sente più forte la presenza di Giuseppe Cottolengo, un prete che diceva che i poveri e gli infermi sono «nostri signorie padroni» e prediligeva i più ebeti, disperati, defórmi perché «rap" presentano più al vivo Gesù e quindi sono le perle della Piccola Casa», e raccomandava che fossero assistiti con sollecitudine, con belle maniere e gioiosa dedizione. Il Papa fatica a staccarsi dai due sventurati piccini, li riconsegna alle suore e vorrebbe dire qualcosa, ma non riesce. Lascia la Piccola Casa con gli occhi arrossati e con un ricordo indimenticabile. < Luciano Curino ' Un'immensa folla in piazza Vittorio, ai Murùzzi7aitoriiò a 11 >», GV;a t>. ÌVto drfe; h a ii 11 c > peroro l'arsivo del Papa