Wojtyla condanna il terrorismo che vuole «cancellare l'uomo»

Wojtyla condanna il terrorismo che vuole «cancellare l'uomo» A Torino: drammatica denuncia davanti a una folla sterminata Wojtyla condanna il terrorismo che vuole «cancellare l'uomo» Per tredici ore, sorrìdente e instancabile, tra discorsi di grande rilievo e battute scherzose, soste impreviste, baci e abbracci Con le autorità alla Consolata; «commozione e lacrime» al Cottolengo - Da solo in preghiera davanti alla Sindone - A Valdocco ha intonato il canto polacco che i ragazzi avevano preparato per lui - 50 mila fedeli alla messa davanti al Duomo e 400 mila per il saluto in piazza Vittorio - Una folla entusiasta ha vissuto anche un giorno di festa e di spettacolo L'abbraccio è stato affettuoso, fra Torino e »il Papa delle lolle'. In alcuni momenti si è fatto addirittura pressante, mmeridionalistico; con «ewiva» che avevano più il tono d'un grido, d'una invocazione, che non dell'esultanza. Abbraccio, in certi attimi, travolgente. Quando, all'Uscita dal Cottolengo, la jeep bianco stentava a farsi largo tra quella marea di teste e di mani, avanzando lentamente, sulla mantella rossa di Giovanni Paolo II è scesa una pioggia fitta di petali di rose che ha coinvolto il pur abile autista. «E mi avevano dettò che a Torino erano contenuti, di un carattere un po' chiuso», ha commentato ridendo il Papa, Appressandosi alla Cattedrale, e poi per le vie del centro, nel pomeriggio in via Po, in piazza Vittorio Veneto, dove il servizio d'ordine più volte è stato messo a dura prova, anche chi lo segue abitualmente e sa cogliere tutte le sfumature dell'ambiente, della folla, ha osservato questa città con stupóre, quasi attonito, per l'entusiasmo gridato dalle facciate grige, a volte un po' rugose, povere ma dignitose. L'itinerario si è snodato, quasi per caso, fra la Torino vecchia, operaia, immigrata, • anche emarginata, tra la città.di Porta Palazzo e il centro, ma l'applauso,non si è spento mai, come il arriso del Papa, più luminoso, più vivido sotto il sole che terso . mezzogiorno ha fatto capolino tra ìe.nubi. E tuttavia è stata, per tutti isuoi aspetti—-mancavano i festoni, gli striscioni di benvenuto erano pochi, rare le bandiere che ai colori italiani e pontifici alternavano quelli polacchi — una visita diversa, differente da tutte quelle che Giovanni Paolo II ha compiuto sino a oggi, da pastore itinerante, in molte contrade del mondo. «Non sarà una festa ma un abbracciò, un incontro; sarà una benedizione di conforto e di incoraggiamento a una città ferita», era stato detto. E il Papa, nella breve sosta che ha avuto alternine della mattinata, lo ha sottolineato. Ha rilevato questa diversità rispetto alle altre visite, avvertendo la sensazione, quasi tangibile, forse già presagita per l'intuito che gli è proprio, di specchiarsi e quasi identificarsi nella città, di immedesimarsi in essa. Centro di un'immigrazio¬ ne massiccia, simbolo rude del lavoro, metropoli colpita dal terrorismo: Questi tre temi, che hanno per figura centrale l'uomo, il Papa li aveva ben chiari nella mente e lo ha rivelato nei suoi discorsi; città romana, rinascimentale, barocca, sabauda, attuale, caparbiamente tradizionalista e pur proiettata al futuro; elementi che Karól Wojtyla non solo conosce ma racchiude in sé. Aggrappato alla tradizione lo è, sino a raggiungere un rigorismo che alle volte stupisce e che lo fa ritenere sul punto di intraprendere, con vigore, una crociata; ma anclie moderno, aperto al dialogo, disposto al confronto — e lo ha dimostrato bene durante gli anni trascorsi nella sua Polonia — con chiunque non creda o non la pensi come lui. Le premesse c'erano, dunque, perché Wojtyla e i torinesi si intendessero e forse si sono superate le previsioni quando si è sentito gridare, con un'inflessione più vicina al romanesco che al piemontese, «Noi ti vogliamo bene!» in piazza Castello; allargandole braccia, ha detto qualcosa che la folla non ha potuto cogliere e che è sembrato: «Anch'io, di tutto cuore». L'operato di Wadounce si & trovato bene nella città del lavoro. Non s'aspettava festóni, giubilo, transenne atterrate. Nei rari momenti in cui db è avvenuto è parso stupirsi. Ha compreso e forse apprezzato più la compostezza, il senso dell'equilibrio in questa città che ha avuto, al vertice, anche grandi pensatori non credenti, che ha generato personaggi noti per il loro anticlericalismo; ma è la stessa terra che ha dato un Cottolengo, un Cafasso, un San Giovanni Bosco, un Murialdo. Alla Torino liberale e laica, quasi anticléricale, alla To-> tino di estrazione non cattolica o socialista, di Gobetti e di Gramsci, doveva pensare Giovanni Paolo li quando, davanti al santuario della Consolata, la Madonna più cara e più venerata dai torinesi, riceveva il saluto ufficiale del sindaco, del primo cittadino, comunista, capo di una giunta di sinistra. Ma a un Papa polacco, che viene dalla trincea dell'Est, sono considerazioni che non causano problemi- Alla vigilia della partenza per Torino,-in una sua meditazione scritta, aveva detto che «spetta al cristiano, nel fon¬ do della notte, sperare, credere, operare, saper intravedere già la luce dell'alba». Il Papa venuto dall'Est non poteva avere esitazioni. In nessun caso. Non è facile, dicono i suoi collaboratori, spingerlo al compromesso. Nel programma era indicata per la mattinata una macchina chiusa. Solo in piazza Castello sarebbe salito sulla jeep per raggiungere piazza Vittorio Veneto. Tra i punti in sospeso, quésto particolare lo ha risolto ancora lui. Appena giunto in Torino ha guardato il pallido sole, che faceva capolino fra un castello di nuvole, poi ha detto con semplicità: «Mi pare che sia una bella giornata», éoptò per la jeep scoperto. Il programma era fin troppo fitto. L'entusiasmo dei giovani, a Valdocco, ha messo a dura prova la resistenza fisica del Papa a cui, qualcuno del seguito, rimproverava bonariamente di aver «elimi¬ nato quasi la possibilità di una sosta anche breve per il pranzo», poiché l'intervento del pontefice nel Duomo, quello a cui forse egli teneva di più, era stato più lungo del previsto. Dopo, l'abbracciò con la fòlla, ih piazza Vittorio Veneto, a ridosso di una collina ormai quasi in penombra, che Giovanni Paolo II ha appena potuto vedere, in un fuggevole sguardo, la corsa in auto fino a Caselle per il ritorno a Roma. All'ultimo istante, già sulla scaletta dell'aereo, quando ancora si è voltato per un saluto, è parso l'uomo che, congedandosi dall'Irlanda, all'aeroporto di Shannon, aveva esclamato, con gli occhi lucidi: «E' cosi difficile dirvi addio». Per un pontefice un «arrivederci: anche se detto nel cuore, è ipotetico e quasi sempre impossibile. Torino, comunque-, glielo ha gridato. Renzo Rossotti • A PAGINA 2: il testo dei discorsi pronunciati da Papa Wojtyla a Torino • A PAGINA 3: la visita del Pontefice al Cottolengo - Il solenne e cordiale commiato nel pomeriggio alla Gran Madre • A PAGINA 4: la cronaca della giornate entusiasmante vissuta da migliate di persone; il saluto delle autorità cittadine e del governo davanti alla Consolata; la Messa al Duomo, l'incontra a Marte Ausillatrlce; altri servizi e foto Papa Wojtyla passa sulla campagnola bianca in piazza Castello tra due ali di folla esultante