San Vittore: 1400 detenuti su 800 posti e300guardie con un turno massacrante di Clemente Granata

San Vittore: 1400 detenuti su 800 posti e300guardie con un turno massacrante UE INCHIESTE SUL TERRORISMO E SBU'EVASIONE DAL CARCERE IN MILANO San Vittore: 1400 detenuti su 800 posti e300guardie con un turno massacrante Un carcere vecchio e malandato è stato ritenuto idoneo a ospitare una sezione di massima sicurezza Gli agenti di custodia sono mal pagati e sottoposti a continue minacce da parte dei carcerati - Le proposte di magistrati e giuristi per evitare la necessità di riunire elementi pericolosi nella stessa prigione DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — «72 21 aprile 1946 i detenuti in rivolta tentarono la fuga. Li fermarono una mitragliatrice e un uomo: Salvatore Rap. Colpito a morte, cadde. Aveva vent'anni. Non fu vano sacrificio se affermò la sacra maestà della legge. Gli anziani ricordino, i giovani imparino. Medaglia d'argento al Valor Militare 27 settembre 1947.. La lapide campeggia su un muro. La si vede appena superato il portone d'ingresso a San Vittore, nel luogo dove lunedi è- avvenuta la sparatoria tra le forze dell'ordine e i diciassette detenuti che volevano aprirsi un varco per l'evasione. Sei sono riusciti nell'intento e le ricerche dei fuggitivi sono in corso; in tutta la citta. 1 Due muratori rabberciano! il locale, passa il direttore Amedeo Savoia con i magistrati e i funzionari ministeriali incaricati dell'inchiesta amministrativa. Fuori, in un tranquillo e tiepido mattino di primavera, si scorgono sul selciato i frammenti dei parabrezza delle auto in sosta, colpiti durante la rabbiosa sparatoria. E' l'unico segno visibile che ricorda il dramma di lunedi pomeriggio. ' Che ci siano guardie disposte a seguire l'esempio di Rap, eternato nella lapide, lo dimostra il comportamento di Egidio Tammone e Giuseppe Tumminelli, che si sono opposti con le armi alla fuga di Vallanzasca e di Alunni e hanno corso il rischio di perdere la vita. Ma inquietanti interrogativi sorgono sul comportamento di altre guardie e le indagini condotte dalla magistratura e dall'amministrazione carceraria tentano in queste ore di dare una risposta ad essi. Nel braccio di massima sicurezza di un carcere sono entrate armi; in un luogo dove tutti sono sottoposti a minuziosi controlli sono riusciti a passare tra le maglie di una sorveglianza improvvisamente allentata gli strumenti soltanto con i quali è possibile tentare un'evasione. Lo Stato beffato mentre gli sforzi compiuti dalle forze dell'ordine per catturare pericolosi eversori e criminali comuni hanno rischiato di essere resi nulli. Come è potuto accadere? Le risposte semplici e angoscianti possono essere soltanto due: o i controlli non sono' stati severi come sarebbe stato necessario o qualcuno ad-' detto alla sorveglianza è stato corrotto e Renato Vallanzasca aveva mezzi abbondanti per corrompere. Ma quali che siano le responsabilità specifiche che le inchieste dovranno accertare nel più breve tempo possibile, come tutti chiedono, non si possono lasciare da parte argomenti di carattere più generale. Essi non forniscono la spiegazione diretta di ciò che è successo, ma permettono di delineare un quadro, un ambiente, una situazione dai quali possono scaturire eventi clamorosi come quello di lunedi. Su questi aspetti si sono soffermati alcuni magistrati milanesi che abbiamo interpellato; TJ primo punto riguarda la cosiddetta governabilità di San Vittore. Essa è. obiettivamente difficile. E qui pare che non c'entrino le responsabilità di chi deve dirigere 11 carcere. C'entrano piuttosto e prima di tutto questioni di struttura. San Vittore è un carcere vecchio, malandato chiamato ad ospitare in questi giorni più di 1400 detenuti, quando non è idoneo a custodire più di 800-900 persone. Caso non unico in Italia, ma allarmante per una metropoli in cui criminalità politica e comune colpiscono purtroppo in modo metodico e duro. In 1 . ' siffatte condizioni è per lo. meno azzardato sperare che! la riforma, ispirata ai principi costituzionali e approvata nel 1975, possa esercitare i suol effetti. Sicché c'è chi dipinge San Vittore come una sorta, di grande bazar dove si riesce a spacciare anche l'eroina. E le guardie? Altro punto dolente. Sono poche in rapporto al numero dei detenuti (non sono più di trecento), sono mal pagate, costrette a turni di lavoro massacranti (uno degli agenti feriti in modo non grave nella sparatoria di lunedi pomeriggio ha dovùio continuare il suo lavoro si no a sera inoltrata). E per giunta sono umiliate, sottoposte a minacce continue da parte del detenuti. Nel rilevare ciò, sia chiaro, non si va alla ricerca di alcuna causa di giustificazione, di alcuna attenuante a certi comportamenti poco encomiabili o peggio. Si vuol semplicemente dire che le guardie non si trovano nelle condizioni ideali per fare sino In fondo 11 proprio dovere, per resistere a possibili lusinghe che i detenuti alternano alle minacce, specie quando i detenuti hanno l'indiscussa potenza di mezzi finanziari, per esempio, di un Vallanzasca. ' In un carcere che toa queste caratteristiche fu istituito un braccio di sicurezza per 1 detenuti «differenziati», vale a dire più pericolosi. E in questo braccio hanno messo ' parte delle «avanguardie» della criminalità politica e comune provenienti da altri luoghi di detenzione e di «passaggio» a Milano per essere sottoposte a qualche processo. Capita naturalmente anche in altre città, ma, dopo ciò che è accaduto, le polemiche a Milano sono più roventi e c'è chi afferma che i fatti di San Vittore costituiscono un inequivocabile segno premonitore. Sostengono alcuni magistrati che l'intero sistema dovrebbe essere rivisto e auspicano la separazione dei «politici» dai comuni per evitare che si creino all'Interno dell'Istituto di pena zone nevralgiche e alleanze pericolose come quella tra Alunni e Vallanzasca. Sostengono ancora che quando già è Intervenuta una condanna per reati di particolare gravità, i processi per violazioni della legge di minor conto dovrebbero svolgersi nel luogo dovè li detenuto sconta la pena principale, senza obbligare le forze dell'ordine a compiere lunghi, estenuanti (e costosi) trasferimenti di carcerati. Non sono beninteso opinioni che tutti condividono. C'è chi rileva che il rinchiudere i detenuti più pericolosi in uno stesso braccio può rendere più agevole e razionale la sorveglianza e che l'attribuire a un'altra sede la competenza a svolgere 11 processo può comportare la violazione del principio costituzionale del «giudice naturale». Clemente Granata Milano. Un carabiniere sfonda una porla alla ricerca dei detenuti evasi da San Vittore

Persone citate: Alunni, Amedeo Savoia, Egidio Tammone, Giuseppe Tumminelli, Renato Vallanzasca, Salvatore Rap, Vallanzasca

Luoghi citati: Italia, Milano