La Cia si era opposta al «blitz» Nuovi dubbi sulla versione Usa

La Cia si era opposta al «blitz» Nuovi dubbi sulla versione Usa Secondo gli esperti, la spedizione era condannata in partenza La Cia si era opposta al «blitz» Nuovi dubbi sulla versione Usa Dopo la decisione del presidente Carter, tuttavia, i servizi di spionaggio collaborarono al progetto: parte della «quinta colonna» ancora a Teheran è formata dai suoi agenti - Aspre polemiche sull'inadeguatezza dei mezzi a disposizione del gruppo Delta DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — La Cia si era opposta al disastroso «blitz» americano in Iran, ritenendone il successo improbabile. In un memorandum segreto, il suo Capo, l'ammiraglio Turner, aveva ammonito che metà degli ostaggi sarebbero forse stati uccisi. Secondo i servisi dello spionaggio Usa, l'assalto all'ambasciata a Teheran non avrebbe potuto essere né fulmineo né incruento. Lo ha svelato ieri il canale radio Cbs, aggiùngendo però che, dopo la decisione del presidente Carter, la Cia aveva collaborato al progetto. Parte della «quinta colonna» in Iran che attendeva i marines del colonnello Beckwith è formai ta da suoi agenti. , Questo dei servizi dello spionaggio è l'ultimo di numerosi retroscena che giorno per giorno continuano ad affiorare. Con essi, aumentano i dubbi sull'autenticità della versione fornita sul «blitz» dalla Casa Bianca e dal Pentagono. Il professor Lettwak, un esperto militare dell'Istituto 'di studi strategici di Washington, ha attribuito ie responsabilità del fiasco direttamente al presidente Càrter. Su suo ordine, la spedizione, sarebbe stata impostata in termini tali da condannarla in partenza: egli avrebbe inoltre richiamato indietro il colonnello Beckwlth, che voleva proseguire anche con soli cinque elicotteri. Le polemiche s'incentrano su tre punti: 1) l'inadeguatezza dei mezzi a disposizione del colonnello Beckwith, il capo del «gruppo Delta», il corpo antiterroristico incaricato di liberare gli ostaggi; 2) i drammatici eventi di Tabas in cui hanno perso la vita otto marines e altri cinque sono rimasti feriti; 3) l'attendibilità della seconda fase del progetto, cioè l'incursione a Teheran. Questi tre punti sono oggetto di una duplice inchiesta congressuale, della commissione Esteri e della commissione delle Forze armate del Senato. ' 17 politologo Joseph Kraft, a proposito del primo punto, ha accusato Carter di avere prima rimandato il «blitz» di alcuni mesi, poi di averne dimezzato la portata. Il progetto non si sarebbe incagliato a Tabas, ha scritto, se il colonnello Beckwith avesse avuto più elicotteri. Sarebbero inoltre occorsi più uomini dei 90 marines inviati alla fine, nonché «la volontà di riuscire a tutti i costi». Il presidente aveva invece ordinato d'evitare U più possibile conflitti a fuoco, e di «difendersi solo» dagli iraniani. Sul secondo punto le polemiche sono ancora più acri. Rimasto con cinque elicotteri su otto, il colonnello Beckwith intendeva completare egualmente la missione. Pare invece che Carter l'abbia considerata in quell'istante utile come «prova generale». Egli l'avrebbe fatta ripetere entro un paio di giorni, con nuovi elicotteri aerotrasportati dall'Europa. ' Quando sopraggiunse il pullman con 44 iraniani a bordo, i marines ricevettero l'ordine - d'imbarcare tutti su un Hercules. Li avrebbero tenuti in Egitto per 48 ore. La meccanica dello scontro tra l'elicottero e l'Hercules che sventò tutti i piani è controversa. Secondo il Pentagono, l'elicottero, che non aveva completato il rifornimento di carburante, s'alzò per andare dall'altro aereo cisterna. Urtò con le pale la fusoliera dell'Hercules ed esplose in fiamme. Gli iraniani sostengono che l'incidente fu diverso. Un Hercules avrebbe investito l'elicottero atterrando. I passeggeri del pullman, che erano già stati imbarcati, furono fatti scendere precipitosamente. I marines abbandonarono tutto, compresi i documenti segreti sul «blitz». La Casa Bianca ha insistito e insiste che la seconda parte della spedizione sarebbe stata la più facile. Ma anche su di essa sono affiorati gravi interrogativi. Il «gruppo Delta» doveva arrivare all'ambasciata su camion militari e auto governative iraniani, gli unici veicoli ammessi a Teheran du- rante il coprifuoco. Esso doveva tagliare tutte le comunicazioni, neutralizzare le guardie con fucili a gas, aprire un varco nel muro di cinta con esplosivi. Nel contempo, un piccolo «commando» si sarebbe recato al ministero degli Esteri per prelevare i tre diplomatici là trattenuti. Il progetto prevedeva Vatterraggio degli elicotteri nell'ambasciata se non ci fossero stati combattimenti. In caso contrario, mentre la «quinta colonna» inscenava disordini nelle strade circostanti, essi sarebbero scesi nel vicino stadio di calcio di Amjadiéh. Camion militari e auto governative, indicazioni precise sui sistemi d'allarme, la ronda, eccetera, sarebbero stati forniti ai marines dalla stessa «quinta colonna». E' trapelato che molti marines erano d'origine iraniana, e portavano la divisa dei rivoluzionari. Su questo terzo punto la Cia ha mosso le obiezioni originarie, sia per l'esiguità del corpo di spedizione, sia per il calibro di alcuni dei cosiddetti studenti che occupano l'ambasciata. Essa ha stabilito infatti che tra loro si trovano guerriglieri e terroristi bene addestrati. Il desidèrio del presidente Carter che non venissero sacrificate vite umane era irrealizzabile. Anche con la collaborazione indiretta della misteriosa autorità iraniana, di cui si continua a parlare a Washington, un combattimento sarebbe stato inevitabile. Le notizie che giungono dall'Iran rendono il quadro più confuso. Il regime di Khomeini, per esempio, sostiene che la base nelle montagne presso Teheran scelta per il «blitz occupata da tempo' dalla guardia rivoluzionaria, che ne ha fatto un campo di addestramento. Gli elicotteri sarebbero stati quiridi accolti da un fuoco di sbarramento. Il Pentagono ha smentito. Un portavoce ha detto che il regime di Khomeini parla di un'altra base, Quella di Kahrizalf, distante decine di chilomètri': Il governo iraniano sottolinea anche che la scelta di Tabas era pericolosa, perché la carrozzabile nel. deserto di Kevir è molto frequentata. La risposta del Pentagono è che la città, semidistrutta da un recente terremoto, è praticamente abbandonata, e che non esisteva un'altra area desertica con fondo salino capace di sopportare il peso degli Hercules. L'unico appunto accettato è quello della fragilità degli elicotteri. Il Pentagono ammette che essi devano essere stati danneggiati dalla lunga permanenza sulla tolda della portaerei Nimitz nel Golfo Persico, e da una manutenzione imperfetta e saltuaria. Profonda apprensione suscita adesso la sorte di taluni membri della «quinta colonna» rimasta a Teheran;, si è infatti scatenata una caccia aite spie che potrebbe coinvolgere, oltre agli agenti segreti e ai militari infiltratisi, anche gli oppositori del regime. Un primo arresto, di un giovane con passaporto tedesco, è staio segnalato ieri e altri dovrebbero seguirne nei prossimi giorni. Qualche particolare dovrebbe emergere nel corso delle inchieste congressuali, dove dovrebbero testimoniare non solo il ministro della Difesa Brown ma anche il colonnello Beckwith. e.c.

Persone citate: Beckwith, Brown, Joseph Kraft, Khomeini, Turner