Storie di un terrorista di provincia

Storie di un terrorista di provincia FABRIZIO GIAI, GIOVANE DELLA VAL DI SUSA, LEADER DI «PRIMA LINEA», E I SUOI AMICI Storie di un terrorista di provincia DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE < VAL DI SUSA - «Mi di-" spiace perché Fabrizio è un ragazzo bello, bello fisicamente e bello intellettualmente. Intelligente, bravo. Mi fa pena: che spreco umano», dice don Giuglard, parroco di Bruzolo. Nel silenzio meridiano, case di pietra infilate nella montagna, trattorie rumorose di banchetti per le Prime Comunioni di maggio, villette con l'orto e i fiori, una scritta rosso fuoco: W Fonzie. • In posti simili sarebbe nato il nuovo terrorismo paesano e' diffuso della Val di Susa, un nuovo terrorismo.'di ragazzi giovanissimi raccolti in banda familiar-semimentale di cugini, fratelli, amici, compagni di scuola, coppie amorose: ne hanno arrestati più di dieci, possibile? e come può essere andata, perché? In questo posto è nato, cresciuto e vissuto fino a ieri Fabrizio Giai, ventidue anni, faccia ovale, nasetto delicato, guance puerili, bella bocca, giacca a vento: accusato d'aver partecipato come killer alle azioni sanguinose compiute da Prima linea a Torino, uccisio-1 ni, ferimenti, assalti, devastazioni. Arrestato, descritto da chi lo conosce con le solite due facce contraddittorie della semiclandestinità: una paesanofamiliare e una torinese, una privata e una politico-metropolitana. «Molto intelligente, arrogante,' con una ghigna di superbia...», dice il presidente della Comunità montana ed ex senatore comunista Tullio Benedetti. «Figlio di uno dei nostri compagni migliori, e mi ricordo come si piazzava di fronte alla sezione del pei, con le spalle appoggiate al muro, le braccia conserte, lo sguardo fisso, un'aria a metà tra l'agente segreto e il provocatore, quasi a dire: vi sorveglio, vi curo, state attenti. Ma se la sua carica d'azione e d'intelligenza l'avesse usata nel nmvìmento operaio, poteva diventare un quadro di prim'ordi ne: forse siamo stati'noi che non abbiamosaputo...». Dice il parroco: «Temo che sia un diversivo, una montatura intorno a quattro poveri merli che ora pagano per altri. Ma è difficile dire, iiori so. da noi; giovani non ne vengono più». Dice il dirigente comunista: «Noi in zona non abbiamo suffi- denti clementi giovani, dovremmo avere più contatto». Né con la chiesa, né col pei? Dove, allora? «Fabrizio ha fatto il salto, forse si è trovato preso in un'organizzazione», ha detto il padre, che tanti anni fa è stato gran partigiano. «Gli dirò: se hai sbagliato, devi paga-, re. Il carcere sarà lungo, ma non1 devi tradire. Noi, i traditori li fucilavamo». Ma la stima per il figlio intelligente, l'ammirazione per le sue virtù private è più forte di tutto: ragazzo così bravo a scuola, diplomato benissimo, uno che da geometra e studente universitario di scienzei politiche decide d'andare a lavorare in ferrovia come suo padre anziché in banca come gli: avevano offerto, un figlio che noti conosce la siringa, che non ha mai preteso soldi e mai chiesto niente, né la moto né l'auto e neppure il cappotto nuovo, uno serio. • In sciami di dieci o quindici, i ragazzi spingono al massimo i motorini sulla strada nazionale o nelle vie di Bùssoleno intitolate ài caduti partigiani. Al cinema Narciso danno // cacciatore di squali con Franco Nero, la Dora bellissima si scalda al sole. Sulla porta della stanzacasa d'una giovane coppia, mò nito a spray: «Non rompete le pelotas». Sui muri resiste da dicembre il manifesto in morte di Roberto Pautasso, ventun anni, ucciso dai carabinieri che l'avevano sorpreso armato di sera mentre stava per penetrare nella fabbrica Elcat e cui aveva sparato addosso ferendoli: «Berlo non è un terrorista, è' un cpmpagno meraviglioso che tutti conosciamo per la sua enorme vitalità, per l'allegria, per come, sapeva farsi amare...». Al dopolavoro ferroviario ingiallisce l'annuncio della veglia danzante dello Sciclub, «rallegrata dal complèsso Simpatia». «Giai? Educato, gentile, sem¬ pre pulito, ben vestito e a posto, ha sempre fatto il suo dovere», dice alla stazione il dirigente del personale viaggiante. «Ha chiesto dopo quattro mesi il trasferimento a Torino per poter frequentare l'università: qui in ferrovia, come fre/mtori o altro, di laureati ik abbiamo diversi, pure uno con due lauree, e di diplomati ce n'è un'infinità. Giai pigliava sulle 500 mila al mese. Uno molto chiuso, di sé non diceva niente, troppo chiuso: dai chiusi ti puoi aspettare tutto». «Uno duro, glaciale, tutto preso dall'affermazione di sé», dice un ex Lotta continua torinese. Storia politica? La solita: quando, al convegno di Rimini, Lotta continua decide di sciogliersi, una parte del servizio d'ordine di Torino, che non era d'accordo, esce mantenen¬ do la propria struttura. Una squadra di servizio d'ordine è quella di Marco Fagiano di Bùssoleno, che raccoglieva alcuni compagni di scuola dell'istituto tecnico e alcuni amici dei paesi della Val di Susa. Il gruppo aderisce a Senza Tregua ma per poco, due-tre mesi, perché nel giugno 1977 la polizia ne coglie sei, tutti studenti, diciotto-vent'anni, intenti a' minare' la rete tranviaria torinese. Fagiano scappa, lo si vede ancora per un poco in giro o ai concerti insieme col suo grande amico Stcfanino Milanesi che adesso ha preso quattro anni e sta in prigione a Napoli, poi sparisce. Ma continua a mantenere il contatto con la Val di Susa, specialmente con i giovanissimi che sono proprio i poveracci, gli ultimi arrivati, le ultime ruote del carro Tutti? Tutti, salvo Fabrizio Giai di Prima linea: «Me lo ricordo vagamente a qualche riunione: di quelli altezzosi, prepolenti,' che quando non ce la fanno con la dialettica ricorrono subito''alla minaccia o all'assalto della presidenza, di quelli che ci tengono a fare il discorso più duro e ad avere sempre l'ultima parola. Aspetto da inflessibile sema cedimenti, atteggiamento di quello che ha capito tutto e ti darà una lezione andando avanti dove tu bai fallito, addestramenti in montagna, retorica militare... Superuomo di, provincia, di quei Superduri che si affiancano nel terrorismo ai Superbitoti! affamali di giustizia. E' un tipo di mentalità: puoi trovarla indifferentemente dalla tua parte o da quella dei fascisti». bucano, oppure risolvono lutto nell'organizzazione: appartenere in segreto a un gruppo preciso e organizzato, composto di amici, agire, ubbidire a capi rispettati, avere scopi immediali, emulare le leggendarie Br, andare sui giornali, essere temuti e odiati, contare qualcosa...». Un'organizzazione di amici, di parenti, d'innamorati: tra quelli della Val di Susa, l'arrestata Olga Girotto stava con il latitante Guido Manina, compagno di scuola del latitante Marco Fagiano e cugino dell'arrestato informatore Sergio Zedda, che stava con l'arrestata Rita Cevrero; l'arrestata Daniela Vighetti stava con l'arrestato Fabrizio Giai, grande amico del detenuto Stefanino Milanesi e dell'ucciso Matteo Caggegi. Si capisce che la Val di Susa te come uh grosso paese, che ,nei piccoli centri tutti sono un po' parenti, però la faccenda vale anche per Torino: l'arrestata Rosetta d'Ut si è sorella del ricercato Francesco, l'arrestata Donatella Di Giacomo è sorella del latitante Lucio e stava col latitante Franco Al besano da cui ha avuto un figlio che è nato pochi giorni fa in carcere.' Si capisce che anche nei par titi si ritrovano moltissimi pa dri e figli, mariti e mogli, nipo ti. In Prima linea, la composi zione parental-senttmentale viene teorizzata («per la clandestinità reclutiamo solo gente di cui conosciamo bene il passato,^ temperamento, l'affidabilità»); i più ottimisti la considerano ilsegno d'un vuoto politico, d'una mancanza di rapporti con la gente, d'un movimento che non è un movimento ma un'esplosione solipsistica, d'un' giro chiuso in cui diventano egemoni e trainanti, soprattutto nei paesi, le personalità più forti; i pessimisti la giudicano soltanto un metodo d'indagine meccanico. Tentando di rispondere ai perché, don Giuglard semplifica al massimo: «Quando si comincia da piccoli a gridare che bisogna cambiare, arrivi in pochi anni a pensare: se con le buone non cambia niente, proviamo con le cattive. Qui c'è anche che dicono ai papà: voi siete stali cretini, avete fatto la guerra partigiana e vi siete fatti portar via il potere, noi faremo diverso». L'extrasinistra schematizza, si vittimizza con l'anticomunismo: nella bassa Val di Susa la tradizione partigiana dei padri e vivissima e presente; l'egemonia del pei che amministra da sempre la gran maggioranza dei comuni è molto forte, e tanto i vecchi dirigenti quanto i nuovi funzionari (detti da chi li accusa di burocratismo creimi, matita) sono molto intolleranti verso i figli più ribelli e radicalizzanti trattati da balordi, teppisti e rompicoglio-. ni; gli operai comunisti sfottono «Pala, piccone e fonderia I ecco la cura per l'Autonomia», degli ecologisti dicono «gente che bruca l'erba e mangia i fiori»; i gruppi non vengono lasciati campare, a buon bisogno vengono pure denunciati ai carabinieri, e allora.. I comunisti storicizzano, propongono analisi sociopolitiche. E' il ribellismo anticomunista dei «piccoloborghesi incattiviti», è quello che Lenin definiva «il rivoluzionarismo da gran signore», che ama il gesto e pretende di dar lezioni alla pazienza del popolo. E' lo scontento dei malculturizzati, è il malessere giovanile: anni fa, figli di comunisti erano attirati dalle bande neofasciste di Salvatore Francia che si allenavano a sparare nei campi militari in Val di Susa. E' la superbia presuntuosa di chi ha avuto tutto facile inserendosi nelle lotte per il fallimento del Cotonificio mandato a rotoli dal Felice Riva che adesso torna in patria, per i fallimenti della ex Magnadyne, della Mon'cenisio e d'altre fàbbriche, per la crisi dell'acciaie ria Assa.'E* l'inquietudine di una Valle piena di studenti di pendolari della scuola, anche di teppisti giovanili che fanno eroina e fanno il Far West nelle sale da ballo al sabato sera, toccando il sedere alle ragazze altrui, spaccando con le catene le auto altrui. E' l'industrializzazione male innestata sulla civiltà rurale, è l'immigrazione, è la scolarità di massa senza prospettive. Tutte cose anche vere, anche giuste, ma servono a spiegare? I giovani arrestati per terrorismo vengono da famiglie comuniste come da famiglie cattoliche o di ex carabinieri; sono studenti come operai; sono intelligenti o anche ingenui co-' me il Zedda che adesso racconta «m'avevano promesso il grado di colonnello nel nuovo esercito di liberazione»; sono della Val di Susa come della metropoli Torino, o come di Genova e Porto San Giorgio, di Milano e Cassino, di Roma e San Benedetto del Tronto. Un legame diretto tra l'ambiente familiare o sociale e la scelta terrorista non esiste, ciascun gruppo e ciascuno nel gruppo ha percorso un proprio itinerario personale e politico. Norberto Bobbio dice che un simile sviluppo del terrorismo in una società democratica è una spia delle gravi insufficienze della nostra democrazia, e che non si può spiegare tutto con Marx, Lenin o Mao: «Le ideologie sono la razionalizzazione postuma dei propri desideri». Nella luce al crepuscolo, col disegno d'un fucile intrecciato alla falce, sul muro in Val di Susa una scritta d'azzurro dice: «Il nostro desiderio è». Nient'altro. Lietta Tornabuoni Nella valle dove sarebbe nato il nuovo terrorismo diffuso di ragazzi di 20-21, massimo 22 anni raccolti in banda familiar-sentimentale di cugini, fratelli, amici, compagni di scuola, coppie amorose: ne hanno arrestati più di dieci - Il parroco: «Forse sono quattro poveri merli che ora pagano per gli altri» - I comunisti: «La scolarità senza prospettive, il malessere giovanile, l'industrializzazione, l'immigrazione...» - Ma un legame diretto tra l'ambiente familiare o sociale e la scelta terrorista non esiste Fabrizio Giai Torino. Dopo il raid di Prima linea nella scuola per dirigenti