Il grande gioco degli Anni Venti di Stefano Reggiani

Il grande gioco degli Anni VentiA RAPAIJ^ TRA I PERSONAGGI CELEBRI DEL CINEMA MUTO FRANCESE --. Il grande gioco degli Anni Venti Ricordo di un decennio che segnò una profonda illusione in Europa e uno straordinario fervore intellettuale - «All'avanguardia di che?»: Un dibattito sulle più famose ricerche espressive - L'Occhio tagliato di Bunuel - Incontro con alcuni protagonisti singolari, da Napoleone a Gide DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE RAPALLO — Come gioca-1 no bene i francesi negli Anni Venti. Col cinema, con l'arte, con la letteratura, con la protesta d'avanguardia e col piacere dell'intelligenza, anche piegando alla presunzione nazionale e parigina tutti gli imprestiti e le suggestioni che venivamo dall'estero, dall'America, dalla Germania, dalla Russia. Per una settimana' il viso di una donna enigma-^, tica (sembrava Louise, Brooks, era Gina Manés, interprete di Coeur fidèle) ha, inseguito dai manifesti la gente di Rapallo, prima rara e frettolosa nella stagione inclemente, poi fitta e dopolavoristica nel pónte di fine settimana. Il viso enigmatico annunciava la rassegna sui cinema francese degli Anni Venti, affacciandosi da uri tempo perduto e insieme da una vicinanza conturbante. L'anno scorso, a Rapallo, nel convento delle Clarisse ormai venduto alla storia del cinema, si vide un repertorio degli Anni Venti italiani, poveri, sofferenti, magniloquenti, fascisti. Si potevano orchi-; viare senza imbarazzo. Adesso il decennio francese ci obbliga a confronti che non riguardano solo quel fervido dopoguerra. La Francia degli Anni Venti ha racchiuso forse l'illusione più profonda d'Europa, uri inganno che si mascherava col gioco intellettuale e con l'impazienza storica. Sipensa, in politica, al nome di Briand e all'utopia di poter ferrare per sempre la pace nei patti, nel uincoH istituzionali. Ma si pensa anche alla pacifica, curiosa invasione americana, ai primi intellettuali apprendisti di europeismo. Naturalmente da Stein, Miller, Fitzgerald, Hemingway. Naturalmente la libreria .Shakespeare e C.» frequentata anche da Joyce, e la scoperta del jazz e del charleston. Per chi ripesca senz'ordine tra le figure d'epoca e i ricordi, un Mondrian del '22 va insieme con le stilizeazioni di Van Dqngen del '26, e un manifestò di Cappiello del '25 (per il famoso ristorante Poe-, cardi) fiorisce magari occan to ai surrealisti. Nel '25 Josephine Baker esordisce con la Revue negre; su Vogue le cronache di moda sono scritte da Colette. Il pittore Léger dichiara: «Sullo schermo del cinema tutto si raggruppa e si organizza, tutto è una musica. Cinema c'è già». Nel 1922 era uscito un cattivo rofnanzo di Victor Margueritte La garsonne, cìie lancerà un costume, una donna, un taglio di capelli. In fondo al cammino c'è la bellezza frangiata di Louise Brooks, americana d'Europa, attrice di Pabst e di Genina, che ieri sera ha chiuso la rassegna di Rapallo con Prix de beau té (1929), primo film sonoro dopo i lunghi giochi di un muto favoloso. Inevitabilmente la rassegna di Rapallo è stata catturata da questa memoria degli Anni Venti come avanguardia e sperimentalismo anche nel cinema. Il fascino del gio-\ co intellettuale (un poco appannato nelle vecchie immagini da cineteca) è ripreso nel dibattito che ha postillato le proiezioni e il suono autorevole del pianoforte nella sala buia (per l'esecuzione egregia dell'organista prestato dalla chiesa parrocchiale di Rapallo). Si è ripreso a parlare d'avanguardia, anzi di tutte le avanguardie che affollavano in quegli anni il cinema e le arti contigue, .dal cubismo al dadaismo, al futurismo, al surrealismo. E' possibile oggi fare, con più certezza, distinzioni? Nella sua relazione Gianni Rondolino ha ricordato il parere di Robert Desnos: «L'avanguardia vera è quella che si diede sue ragioni politiche e ideologiche». All'avanguarldià di die? Del decennioì francese Desnos era disposto a salvare quasi soltanto TJr^ chien andalou di Buriuel e, Dalì, le ragioni eversive del grande occhio tagliato dal ró-i soio in pnirìò piano. 'Il resto appare una specie di .avanguardia di mediazione; un banco di prova tra intellettuali e pubblico. Nelle relazioni ricorrono i nomi di Epsteln, L'Herbier, Gance. Ma lo storico francese dèi cinema Jean Mitry è stato serverò. Tutta l'avanguardia ci-: nemàtografica non è che la filiazióne, irrisolta e ambigua, dell'arte è della letteratura degli Anni Venti C'è più ^surrealismo in un film di Buster Keaton che nel Chien andalou. Dice Mitry che gli intellettuali baravano al gio-' co, col torto di disprezzare il. cinema narrativo, il melodramma, usato solo pome esca della sperimentazione. Cosi si ebbero, secondo il francese, stupidi film decorativi, invece di buoni film pò-, polari, come insegnavano dall'America Ince e Griffith. Il gioco non è semplice come ritiene Mitry, ma, certo, mostra quella dote così perdutamente francese: la passione e la frivolezza. Velo-, quenza e lo scialo di ingegno, soprattutto la capacità di imporsijìi fare, nonostante tut-, to, scuola, e cultura. Gli studiosi più coltivati si lamenta-* vano a Rapallo, stanchi di rivedere i classici dell'avanguardia. Volevano filmaccidi Feuillade, la,serie di Judex, volevano I tre moschettieri e I miserabili. Non sono stati accontentati, il gioco ha le sue regole; ma ugualmente il piccole festival retrospettivo ha raccolto, un poco per caso; un poco per curiositi, una serie di personaggi abbastanza composita e rappresentativa oltre i manichini celebri dell'avanguardia stretta. Ve ne presentiamo alcuni. Napoleone lo conoscete, itia il regista Abel Gance (sopravvissuto al grande gioco, ul-, tranovantenne) era più me-i 'gaìomane lui. A Rapallo) non s'è potuto proiettare l'e-t dizione di Napoléon (1927) con i tre schermi che, nei momenti spettacolari, dovevano triplicare l'azione; ma è stato sufficiente uno schermo solo per capire il carattere dei due uomini, Napoleone e Gance. Basti dire che il futuro condottiero fugge dalla Corsica a bordo di una barca che ha per sola vela, nel mare in tempesta, la bandiera delia Francia. Ma a Gance non occorreva un Bonaparte per essere se stesso; aveva diretto nel 1922 La roue un film in quattro ore dedicato ai ferrovieri, sinfonia di anime e di strade ferrate con un commento musicale di Honegaer (che s'allenava per Pacific Ì231J e l'assistenza alla regìa di Blaise Cendrars. L'edizione primitiva de .La rotte» durava quasi dieci ore: Recentemente la televisione francese \è arrivata a un compromesso. ;Ha presentato la grande sinfonia ferroviaria ridotta a tre (ore. E' piaciuta ancora, pèrIché s'è capito che la parte più caduca nel tracimante Gance brano le didascalie, cioè la •letteratura. I Per Nana nel 1926 si mosse Jean Renoir. La traduzione idei romanzo di Zola era giudicata allora una scommessa: rievocare il naturalismo, '.formula transitoria», nei 'poema visivo del cinema. ^Interprete Catherine Hessling parve ai critici il ritratto ideila «prostituta di Babilonia, animalesca, sovrumana, con la bocca a cuore e gli occhi Che a momenti si spalancano come se volessero esploidere». E' vero, ma a rivederla •questa Nana sembra soprattutto una capricciosa imbecilli e il giudizio sugli uomini che si suicidano per lei si rtvela di. una durezza straordinaria. D'altra parte, neppure le donne generose godevano di \buona considerazione nel cinema francese di questi anni. Nella deliziosa commedia Grlbiche di Feyder (1926) una. stolida benefattrice vuole la 'fortuna di un ragazzo geniale sequestrandolo dal suo quartiere popolare. Alla fuga del beneficato ottiene dal fratello filosofo questa massima penetrante: «E' faticoso perseguire la felicità degli altri; si rischia sempre di rimanere delusi». j Con chiarezza programmatica è denunciata sin dal titolo la donna fantascientifica inventata da Marcel L'Her'bier nel 1924: L'inhumaine. 'IJna cantante cinica dichiara all'inventore che l'ama: «Non so che farmene della vostra ideale Umanità, debbo pensare alla mia». Ma quando il ■ morso d'un serpente velenoso la getta in coma, sarà una macchina provvidenziale a salvarla e a renderla forse più .altruista. Si immagina che la storia si svolga nel 1950, un futuro allora appassionante, ed è una scusa per le belle ■scenografie di Cavalcanti e di' {Léger. I costumi erunodi un principiante, Claude AutantLara. Per fortuna, anche la categoria maschile degli avventurieri faceva le sue brutte figure, come s'è visto a Rapallo nel film L'homme a l'Hispano di Duvivier (1926). Un bell'uomo, una bella macchina, una rovina al gioco, uri amore a Biarritz, le cattive compagnie, il pensiero del suicidio' il miraggio dell'Africa. C'è proprio tutto (il fotoromanzo, 'già allora) ed anche una bella 1 frase a risarcimento delle ìdonne calunniate e a riscatto ''dei pentimenti. Si dice della protagonista: «Ecco una donna degna di un grande amore». Accanto agli avventurieri risaltavano negli Anni Venti, per contiguità di fantasia, i •letterati, gli intellettuali. Voyage au Congo (1927) ha portato a Rapallo i ricordi di un ' viaggio di André Gide in Africa accompagnato dal nipote regista Marc Allégret. E' un I taccuino di colore etnografico don tutti i particolari per solleticare l'anima coloniale francese e le sue redenzioni moralistiche: la povertà del villaggi, la coltivazione della magnoca e la cottura del pane, i grandi batli di selvagge con petto nudo e'sodo, forse una nostalgia di cannibalismo. Fu giudicato un .film puro», ma anche lo spunto fragile del «grande film etnologico che si potrebbe fare sui negri». / letterati, anche oggi, come si sa, viaggiano l'Africa insieme con troupes di cinema. Ma s'è capito che il grande film etnologico ormai si dovrebbe fare sull'Europa. Noi ci siamo turbati rivedendo La petite marchande d'allumettes di Renoir (1928), gloria del cineclub. Nella piccola venditrice che riella' notte di Capodanno consuma tutti i suoi fiammiferi per salvarsi dal gelo non abbiamo trovato soltanto il divertente «gioco di fare dell'impressionismo sull'espressionismo» (André Bazin), ma una specie di tempestivo, anticipatore autoritratto d'Europa. Cosi giochi geniali, un poco folli, un poco furbi degli Anni Venti, le favole che non sono favole e i melodrammi che non sono melodrammi, possono diventare, per riflesso, i cattivi giochi di fantasia degli anni nostri. Stefano Reggiani Louise Brooks in «Prix de beau té», di Genina, girato in Francia nel '29