I doni di Mattioli banchiere umanista

I doni di Mattioli banchiere umanista A UN ATENEO LA SUA BIBLIOTECA I doni di Mattioli banchiere umanista Pochi giorni fa, alla villa co' mimale di Milano. Si festeggiano gli 89 anni di Riccardo Bacchelli, presente l'autore, con quell'aria sempre sospesa fra il maestoso e il canzonatorio, fra il solenne e l'affettuoso, un segreto tutto bacchelliano. Fedéle alla carta stampata come un artigiano dei vecchi tempi, con '- devozione puntigliosa e certosina all'opera scritta, da grande «abate laico», lo scrittore quasi novantenne è presente all'appuntamento di ogni anno coi suoi lettori, consacra il lancio dU un nuovo libro, In grotta e in valle, un romanzo preistorico che si intreccia con alcuni squarci lirici, con alcuni castigati, rattenuti, quasi scabri ab-: • bandoni poetici. La sala napoleonica, già non grande, della villa comunale, con quei ritmi neoclassici che evocano cèrti accenti della ' Ronda; è pièna ma non colma di gente. Bacchetti è scrittore di larga diffusione (ma il Mulino del Po vende più dopo la riduzione televisiva che non in tutti gli anni, o decenni, precedenti) ma non di immediata o contagiosa popolarità. C'è un suo fondo aristocratico, disdegnoso, vorrei dire «giolittiano» — per evocare il suo archetipo politico — che non lo rende uomo facile alla «comunicazione di massa». E i suoi amici, quelli veri, si contano sulle dita di non troppe mani. O almeno quelli sopravvissuti alla ma- ' reggiata di questo secolo. Non manca Maurizio Mattioli, il figlio di Raffaele. E non manca neanche la vedova del grande banchiere-umanista. Il filo delle onoranze, promosse dagli amici Mondadori, a Riccardo Bacchelli ci riporta a quel sodalizio indimenticabile, Bacchetti-Mattioli, una certa Milano, un certo stile di vita, ..una certa preparazione dell'Italia del '45, che lo stesso scrittore ha evocato nelle pagine commosse delle Notti di Via Bigli, La festa bacchelliana segue di pochi giorni un bel conyeiòjsgffo, non retorico,! essenziale e scavante, che la città abruzzese di.Vasto, la pàtria di Raffaele Mattioli, ha dedicato al suo grande figlio: con relazioni di alcuni uomini; idi/scienza, o di azione politica, :che al banchiere furono legati, un Leo Valiani e un Giovanni Malagodi e un Natalino Sapegno (e anche il figlio di Franco Rodano, Giorgio, in quel filone caratterizzato dal colloquio coi comunisti cui Raffaele non rinunciò mai, neanche negli anni della guerra fredda o delle contrapposizioni manichee, l'uomo che aveva conservato e salvato, nei forzieri della Commerciale, i «quaderni dal carcere» di Antonio Gramsci). Nella conversazione col figlio, il mondo di Mattioli si popola di ombre. Tutti avvertiamo certe assenze dolorose, i vuoti implacabili che gli ultimi dieci anni hanno apportato a quella civiltà. Fra gli amici delle lunghe «notti di Via Bigli», fra '27 e '43, prima che fe casa di Mattioli fosse distrutta dalle bombe ed egli riparasse a ridosso della dimora di Alessan■ dro Manzoni, in Via Morone, non c'è più Ugo La Malfa, di cui Bacchelli apprezzò il silenzio, quando, nominato nei tardi anni fascisti accademico dir talia, con l'iscrizione in massa degli ex-combàttenti nel PNF, • e rimbrottato dai frequentatori, tutti antifascisti;'con un accorato «mi dispiace», il futuro leader repubblicano non pronunciò verbo (e anni dopò Bacchelli annotò: quel silenzio «fu una discreta e molto civile espressione» di dissenso). Non c'è più Adolfo Tinò.inseparabile da Bacchelli in tutte le tavolate della Milano che ricordo io, fra il '60 e il 70 inoltrato: conversatore scintillante, analista impietoso della situazione italiana, grande giornalista mancato o meglio sottratto dall'economia ài giornalismo, e alla politica, Non c'è più Luigi Salvatorelli, che aveva condiviso con Mattioli la prima delle riviste alimentate dal suo instancabile mecenatismo, La cultura, la vecchia rassegna di Bonghi rivissuta nella Torino antifaicista degli Anni Trento (ed è oggi la testata della bella, resistente rivista di Guido Calogero), e anche la seconda e più importante, questa volta • settimanale. La Nuova Europa, fondata a Rome nel dicembre '44 e difesa fino e oltre le soglie della scissione azionista, nel marzo 46: econ tutti quei nomi «mattioliani», De Ruggiero e Vinciguerra e Montale e Pancrazi e Morra e Ragghiami, e altri ancora. Con Maurizio il discorso a torna sulla biblioteca del padre. Una straordinaria raccolta di testi economici che suscitava anche l'invidia, incontenibile, di Luigi Einaudi per certe edizioni di fisiocrati» di cut lo statista liberale non disponeva; e chi non ha conosciuto Einaudi non può immaginare il suo affetto possessivo per i libri, forse superiore a quello di Croce. Ma accanto una sterminata collezione di letteratura, o di «varia umanità»,' nel senso che Luigi Russo, un altro degli' amici di Via Bigli, dette poi come sottotitolo alla sua rivista Belfagor. Due destinazioni diverse: decise dal figlio e dalla famiglia. La raccolta di economia — un unicum europeo — è stata destinata alla «fondazione Mattioli» che avrà sedè presso un'università libera, sottratta ai condizionamenti dello statalismo arrogante e impotente, la Bocconi. Ancora: una certa Milano, una certa idea di Milano. Omaggiò indiretto, ma efficace al mondò di Angelo Sraffa, il docente che aveva onorato la Bocconi per molti anni col suo. inconfondibile magistero economico, e del figlio Piero, compagno di cordata di Raffaele. La stessa Bocconi dove Mattioli aveva lavorato come assistente all'istituto di economia, con maestri come Luigi Einaudi e Attilio Cabiati, con colleghi come Nino Levi o Carlo Rosselli (si vedano i continui, affettuosi riferimenti nell'epistolario dei fratelli con la madre, uscito mesi fa). L'altra, la raccolta letteraria e storica, sarà conservata dagli eredi, quasi a specchio di una. natura «erasmiana», nella sua ansia di divorare i libri. Croce commentava, con una punta di cattiveria che non faceva velo all'amicizia profonda: «Mattioli dice-di aver letto molti libri, ma il fatto è che li ha letti davvero!». Il fondo economico di Mattioli deve arrivare alla Bocconi insieme con lo straordinario fondo Verri; quasi l'intero periplo della Milano illuminista. *Gi sono solo-ulteriori difficoltà dà superare, mi dice Maurizio; è così difficile donare itt Italia». Il tema delle fondazioni culturali che tormentò Mattioli non meno dei problemi o delle angosce della Banca Commerciale; e ecco perché amava come cosa sua l'istituto di studi storici di Napoli, innestato sulla biblioteca Croce... Grande animatore e promotore di cultura, Mattioli. A Vasto Leo Valiani ha usato un'immagine felice: «Fomentatóre di cultura umanistica su scala quasi rinascimentale, ma con una concezione risorgimentale dello svolgimento millenario della civiltà italiana». Vi sione risorgimentale della vita, con quella netta derivazione illuminista, con quella fede illimitata nella ragione; un patriottismo, attraverso le ascen denze abruzzesi, della stessa tempra di un Bertrando o Silvio Spaventa e del loro nipote Benedetto Croce. La visione di un'Italia come comunità, di lingua e di cultura, di molto ante cèdente alla formazione unitaria. Di qui l'iniziativa della «Letteratura italiana. Storia testi», dove c'è tutto Mattioli; di qui la collezione della storia dell'unificazione economica della Bocconi; di qui il primo piano, formulato nel '42 con La Malfa e Chabod, di una «storia economica» dell'Italia, contro ogni chiusura sabaudistica o autarchica. Grande impresàrio di cultura, un po' alla Vieusseux, con respiro europeo. Di tutti i volumi della collezione ricciardiana, si occupava personalmente. E non ammetteva ostacoli, né resistenze. Vent'anni fa, forse più che meno, si era messo in testa che fossi io il curatore adatto al volume sulla scuola democratica del Risorgimento, Cattaneo e Ferrari e Montanelli, fino ai discepoli, fino a Oriani. Già direttore di giornale, resistevo, avanzavo obiezioni, opponevo la mancanza di tempo. Una volta apro listino di Ricciardi, c'è già l'annuncio del libro, che non riuscirò a realizzare mai. Mattioli era fatto così; non conosceva ostacoli per gli altri, come non li aveva conosciuti per sé, nel suo quotidiano, laico apostolato al servizio della ragione, della riflessione e della tolleranza. Giovanni Spadolini