Potenti idrovore attendono al varco il «mostro nero» che avanza sul Po di Remo Lugli

Potenti idrovore attendono al varco il «mostro nero» che avanza sul Po Tonnellate di petrolio fuoruscito dall'oleodotto Conoco Potenti idrovore attendono al varco il «mostro nero» che avanza sul Po Sono all'altezza dell'isola Serafini: dovrebbero aspirare la gigantesca macchia di greggio e depurare le acque del fiume - Ma è ancora possibile un disastro ecologico DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE - PIACENZA — Un pescatore mi ha portato in barca sul Po, in mezzo alla chiazza del petrolio che lunedi mattina è uscito dalla falla dell'oleodotto Conoco, a Gerone di Zinasco, in provincia di Pavia, cento chilometri più a monte. Ieri l'altro era ancora una macchia nera, compatta, ora non più, si è dispersa, allargata, spezzettata. All'isola Serafini, dove c'è lo sbarramento della centrale dell'Enel e dove già nella tarda serata di martedì avevano messo in funzione, per prova, le idrovore che dovrebbero aspirare il petrolib, c'è tutto l'apparato di emergenza, in attesa. Nell'attesa di un mostro che forse non. arriverà mai, perlomeno non arriverà cosi come lo si attendeva, compatto, di spesso strato, attaccabile, aspirabile. La corrente del fiume, in' prossimità del bacino dell'isola Serafini, rallenta la sua velocità, è quasi ferma, perché la centrale lascia passare sol; tanto il quantitativo d'acqua che serve per le turbine, prelevandola in profondità e lasciando intatta la superficie. Con la barca partiamo dall'imbarcadero di Magatone, una frazione di Caorso, siamo a due chilometri a monte della centrale nucleare e sei dall'isola Serafini. Il fiume fa un'ansa molto ampia, ha una larghezza di 400 metri, le rive sono marcate dal filari di pioppi. Ci inoltriamo per una decina di chilometri. C'è un grande silenzio. L'acqua, a guardarla contro il sole, è tutta un'iridescenza, • il petrolio crea venature che hanno i colori dell'arcobaleno. Il colore base sta tra il verde e il marrone, ma qua e là galleggiano 1 «macchetti» che sono strati di melma ed erba, normalmente verdi o grigi, ma adesso neri, impregnati di petrolio. L'odore è acre, dà senso di nausea. Lungo le sponde, alte dai tre. ai quattro metri dal pelo dell'acqua (sopra ci sono le golene estese anche due chilometri per parte, delimitate poi dagli argini maestri) c'è un bordo nero alto 40-50 centimetri, una sorta di listatura a lutto provocata dal petrolio sbattuto dal vento. Quéste rive sono popolate da una bassa vegetazione, per lo più salici, piante che stanno aggrappate a malapena, con le radici in gran parte scoperte, le une e le altre protese nella direzione del corso dell'acqua. E nell'acqua prossima alla riva, tra le radici immerse e le molte varietà di alghe si creano anse, laghetti riparati. Tutti questi spazi sono pieni di greggio, lo si vede a strati spessi, densi, grumoso, nero. Giuseppe Magnani, il pescatore che mi guida per questa via cosi quieta, cosi dolce e sicuramente bella quando l'acqua ha i suoi naturali colori, riflessi e odori, si chiedecon speranza quale sarà la sorte del pesce. «Finora non ne ho visto nemmeno uno morto, la chiassa allargandosi permette l'ossigenasione: cavedani, barbi, tinche forse ce la fanno a sopravvivere. Ma poi, quando li pescheremo e li porteremo sulle tavole dei ri-i sforanti, che faccia faranno i commensali? Il pericolo maggiore è quello del sapore, che i pescipussino dipetrolio». L'Isola Serafini si è tramutata in una grande guarnigione, dove le «truppe» sono in attesa. Sulla strada che porta alla centrale Enel sono incolonnate le autobotti che dovrebbero prelevare il greggio pompato alle griglie delle prese delle turbine. Davanti alle griglie sono stati affondati per un metro dal pelo dell'acqua dei teli di nylon contro i quali dovrebbe ammassarsi il petrolio. Le autobotti sono una ventina, un numero irrisorio se le 2500 tonnellate di petrolio, uscite dalla falla dell'oleodotto (2500, secondo i Vigili dei Fuoco; alcune centinaia, secondo la Conoco) dovessero, davvero presentarsi In testa a questo bacino. Ne occorrerebbe almeno un centinaio, tenuto conto della portata media dl25mila.Mril'una. Sull'argine, immediatamente a valle della diga, c'è anche l'elicottero dei Vigili del Fuoco il cui pilota, cornane dante Jadarola della sede di Modena, ogni tanto si alza per compiere ispezioni lungo il fiume. La macchia s'è sparpagliata su un'area vastissima, ieri l'altro aveva una lunghezza di 25 chilometri, ora è almeno di 60. Vista dall'alto fa cambiare colore al fiume, è identificabile, quantificabile come estensione; ma, vista dal pelo'dell'acqua, è inconsistente, ad eccezione dei piccoli-anfratti tra la vegetazione. Ieri a Milano, presso la Regione, s'è tenuta una riunione d'emergenza, presenti le autorità regionali lombarde, l'ing. Scirè, ispettore interregionale della protezione civile, gli assessori provinciali di Pavia, Cremona, Piacenza, Reggio, i tecnici della Conoco.. Si è discusso di questa problematica situazione prospettando l'eventualità di disin¬ quinare il Po attraverso Te «panne». Queste «panne» sono galleggianti con i quali si dovrebbero formare delle isole, o meglio degli specchi d'acqua che racchiudono l'inquinamento, dai. quali poi togliere il petrolio con dei filtri di fibre sintetiche. Un mezze che forse può essere valido per un'area ristretta, non certo per una chiazza lunga decine e decine di chilometri. A questo punto nasce il timore che la grande attesa si tradurrà in niente e le cose rimarranno come sono: il Po listato a lutto, ancora più inquinato di quanto già lo era. Un male nuovo che si aggiunge ai tanti mali vecchi. Remo Lugli

Persone citate: Giuseppe Magnani, Scirè, Serafini

Luoghi citati: Caorso, Cremona, Milano, Modena, Pavia, Piacenza, Reggio, Zinasco