Così graffiava i dittatori Posada, padre dei «murales»

Così graffiava i dittatori Posada, padre dei «murales» UNA MOSTRA DEL GRANDE INCISORE MESSICANO Così graffiava i dittatori Posada, padre dei «murales» PERUGIA — Lungo la dorsale appenninica, una mostra di rilevante interesse sta attraversando, in sordina, l'Italia. Prima a Bologna, poi a Prato e ora (fino al 3 maggio) a Perugia, al Palazzo Cesarorii, sede del Consiglio regionale dell'Umbria. Si tratta di una settantina di stampe di José Guadalupe Posada, il più grande, incisore popolare messicano, vissuto tra il 1851 e il 1913. Questi fogli sono giunti grazie all'interessamento dell'ambasciata del Messico, dopo una esposizione itinerante in Israele. La scoperta internazionale di Posada avvenne. in pratica, 17 anni fa, quando in occasione del cinquantenario della morte, i suoi corridos —specie di cronache popolari, visive e in versi — furono esposti alla Biennale di San Paulo in Brasile, a Parigi, a Londra e negli Stati Uniti. Da allora la sua fama è andata crescendo e anche da noi gli venne dedicato —precisamente nel '74 — un volume a cura di Bruno Caruso, edito dalla Dedalo Libri. Il perché di tale fortuna critica è presto detto. Questo incisore, questo appassionato e umile cronista nato in un paese sperduto di una provincia del Messico, è il padre dei famosi «muralisti» messicani. Padre venerato se Diego Rivera scrisse una sua monografia e se Orozco ebbe a dire che Posada es, al igual de los verdaderos grandes ariistas, una admirabile lección de sencillez, humildad, dignidad y equilibrio. Tornerò sul suo equilibrio. Prima è opportuno sottolineare come questo artista, in effetti si considerasse un ar- tigiano. Un lavoratore che entrava nel faHer de grabado dell'editore Vanegas Arroyo alle òtto del mattino e ne usciva alle sette di sera. Dalle sue mani sono uscite circa 20 mila incisioni (le litografie del quasi affine Daumier. di cui, proprio in questi giorni, c'è una mostra al Gabinetto Nazionale delle Stampe a Roma, sono in tutto circa 4 mila!), stampate sempre su pessima carta, vendute a pochi centesimi per la strada, nelle fiere di paese, durante feste e processioni. Un mass-media vero e proprio, però con una fortissima carica di denuncia contro i soprusi della casta dominante e contro i corrotti uomini politici. — i.i.inr, MltÉHl l rttt.,ttftAMi Erano i tempi della feroce dittatura di Porfirio Diaz e della Rivoluzione Messicana del 1910. Posada rispecchiò in modo calzante la reazione popolare di fronte a questi eventi. Più e-attamente si dovrebbe dire che f ù l'occhio e il cuore del suo popolo di fronte a quei momenti cosi cruciali e cruenti. Lo sdegno per le ingiustizie, l'humour, il sarcasmo verso i perversos ambiciosos. il sentimento del magico tanto diffuso tra quelle popolazioni, una vena narrativa Che spesso sfiora l'epica, trovano nelle immagini elementari di»questo incisore una sintesi straordinaria. Basti pensare alle sue calaveras, storie satiriche di scheletri, diffuse durante la festa dei morti. A volte di una fantasticheria e visionarietà che anticipa di decenni l'arte dei Surrealisti. E proprio queste calaveras, con quel richiamo continuo ai medievali «trionfi della morte», mettono in luce un altro atteggiamento, autenticamente popolare di fronte ad un «fatto» del suo tempo, cioè la guerra civile. Posada, per tutta la sua vita, non cessò di condannarla. In tutti i modi con mille immagini. Con forza icastica, come ricorda Maria Olga Saenz nella prefazione al catalogo, egli costantemente indicò che -solo a compimento di una serie di processi evolutivi, che si svolgano in una cornice di pace», i gravi problemi politici e sociali del suo Paese potevano trovare soluzione. Un monito che tuttora si eleva, pregnante, da questi umili fogli, un monito di cui tutti dovrebbero far tesoro. Francesco Vincitorio José Guadalupe Posada: teschio di Francisco I Madera