A cena col Papa, quel giorno dell'elezione

A cena col Papa, quel giorno dell'elezione Il Cardinale Pellegrino parla del Pontefice «venuto di lontano» A cena col Papa, quel giorno dell'elezione «Ero seduto al suo fianco, cercai di fargli coraggio»-«Rievocò il suo passato, gli anni della guerra, dell'occupazione straniera, gli studi, il lavoro di operaio in una fabbrica e in una cava di pietre, la vocazione al sacerdozio» - Nel suo insegnamento un costante richiamo al diritto e alla dignità dell'uomo Nefl976 il Cardinale Carlo Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, fu invitato a predicare gli Esercizi spirituali alla presenza di Paolo VI e dei Cardinali e prelati della Curia romana. Ne venne fuori un libro (come è stato di tutti i corsi di esercizi predicati in Vaticano, compresi quelli del futuro cardinale Ballestrero). Titolo: Segno di contraddizione. (Cosi il vecchio profeta Simeone, rivolgendosi a Maria, designava il Bambino di 40 giorni presentato al Tempio secondo la legge di Mose). Quando il cardinale Wojtyla divenne Giovanni Paolo II, anch'io, come moiti altri senza dubbio, volli leggere questo libro: ero certo che vi avrei imparato qualcosa, ero curioso di conoscere meglio l'autore. Perché un libro ci dice pure qualcosa, oltre che sulla materia di cui tratta, su colui che l'ha scritto e che non poteva non imprimervi il sigillo della sua personalità. La mia curiosità (che non era la curiositas che Agostino rimproverava agli altri e anche a se stesso) non fu delusa. Non perché il predicatore parli di sé, delle sue vicende, di esperienze personali. Nemmeno si preoccupa, come spesso avviene in queste •meditazioni», di suggerire norme concrete di comportamento. Vi si vede invece il riflesso della mentalità di un uomo di pensiero e di cultura, il quale è persuaso che quello che conta è la visione delle realtà di fondo, umane e cristiane, visione che porti a convinzioni intime e profonde, da cui verranno le scelte, gli impegni, le attuazioni. In questo libro gli esercizi spirituali sono definiti una tappa importantissima sulla via che conduce al «grande incontro» tra Dio e l'uomo. Io mi domando: forse che il Papa,, rivolgendosi non più a qualche decina dì uditori in una predica di esercizi, ma a deci-, ne (talvolta a centinaia) di migliaia nei discorsi del mercoledì, nell'Angelus della domenica, nella prima enciclica, nei discorsi dì Pueblo, in Polonia, nell'Irlanda, forse che il Papa può avere un altro scopo, se non quello di aiutare gli uomini a realizzare il grande incontro con Dìo? Di qui, continua il predicatore, le due esigenze, i due voti ardenti di Agostino, «noverlm te» che si intreccia col « novenni me».- che io conosca te, Dio, che io conosca me. Conosca me. Cosa vuol dire? Conosca me come uomo, come questo uomo. La lettura di queste pagine (ove non manca una citasione di Martin Heidegger) mi richiama la figura dell'autore, quando a lungo ebbi occasione di osservarlo da vicino, già nelle riunioni delle Congregazioni romane di cui entrambi eravamo membri, ma soprattutto nei due conclavi Ci siamo trovati sempre, in quei giorni, l'uno accanto all'altro, poiché secondo l'ordine di precedenza regolato dall'anzianità (non di età, ma di nomina a vescovo e a cardinale), io venico subito dopo di lui Si occupava il tempo fra una votazione e l'altra, mentre i colleghi avanzavano verso l'altare della Sistina recando nella mano destra la scheda da deporre nell'urna, leggendo o pregai do, non senza scambiarsi a voce sommessa qualche parola. Vedevo il cardinale Wojtyla intento alla lettura d'una rivi sta polacca: «Znak». «Che significa questo titolo?», gli domandai «Segno» mi rispose. •E' buona?». «Certo». Quando però si avvicinava la conclusione del primo Conclave e si, cominciava a capire che i voti convergevano verso quel tal cardinale che stava, umile e pensoso, dall'altra parte della Cappella, Albino Luciani allora ho visto che il cardinale' Wojtyla aveva cominciato a leggere un libro intitolato: Illustrissimi». Desiderava conoscere meglio, evidentemente, l'autore di quel libro, il cardinale Luciani i Se non leggeva sgranava la corona del rosario, in un raccoglimento profondo; mi veniva naturale pensare all'uomo che «s'incontra con Dio». Questo soprattutto al termine del secondo conclave. Lo guardavo, con venerazione e con commozione, in quei momenti nei quali appariva ormai chiaro a noi e a lui che il formidabile peso stava per cadere sulle sue spalle. Aveva chiuso il libro e se ne stava silenzioso, a capo chino. Il volto tradiva una profonda trepidazione. Non potei fare a meno di rivolgergli qualche parola di incoraggiamento (me lo ricorderà tre mesi più tardi, in una udienza...). Era, soprattutto in quel momento, l'incontro dell'uomo con Dio che lo chiama a una nuova responsabilità die solo uno stolto potrebbe invidiargli. Ma l'incontro tra Dio e l'uomo che è a fondamento degli esercizi spirituali non è da intendersi in senso intimistico, che significherebbe ignorare chi è veramente Dio nel suo rapporto con l'uomo. Una nota caratteristica del libro, che integra l'aspetto ora rilevato, è la costante attenzione all'attualità. All'attualità individuale e sociale, ecclesiale e profana. Porto subito un esempio: «Anche oggi i nostri tempi sono strapieni degli esempi più sconvolgenti di ingiustizie; lo dimostrò, tra l'altro, il Sinodo dei Vescovi del 1971. Oggi il mondo è attraversato da un disperato grido d'appello per la giustizia sociale, per la giustizia relativa a ogni singolo uomo. Quante ingiustizie oggi esistono, anche sotto il nome di una presunta giustizia. Diventa cosi sempre più chiaro che la giustizia è un compito da realizzare che si presenta sempre nuovo davanti ad ogni uomo e ad ogni epoca». E' l'annunzio di quel richiamo ai diritti dell'uomo che sarà una costante fra le più marcate del pontificato di Giovanni Paolo II. Richiamo che, nella mentalità di un uomo che è anche pensatore profondo, ha la sua base nel culto della verità. Leggiamo ancora in questo libro: «Oggi si toglie il diritto alla verità soprattutto nel punto più profondo del suo essere, il campo della coscienza e dei suol rapporti con Dio; ciò accade quando questa verità viene discriminata nella vita sociale. Non manca chi vuole ad ogni costo cacciare questa verità divina sotto terra, nelle catacombe». Chi pensa al mondo da cui proviene chi scrive queste righe, si rende cento del significato che esse rivestono. La denuncia è ribadita con insistenza: «Non si tiene conto della dichiarazione dei diritti dell'uomo, delle convenzioni, degli accordi internazionali oppure delle costituzioni «Per la nostra società, in cui regnano falsità e ipocrisia, in cui si manipola l'opinione pubblica, si schiacciano le coscienze, si impone talora l'apostasia, si organizzano, anche se alle volte camuffate e per questo ancor più terribili, persecuzioni della fede di quel Cristo che è oggi più che mai attuale». Ma poiché nel libro cerco l'uomo, mi si consenta di rievocare anche qui l'ultimo incontro del conclave con chi era ormai divenuto, Giovanni Paolo II. Dopo l'elezione, dopo la presentazione alla folla che gremiva piazza S. Pietro: «Vengo di lontano...», ci ritroviamo a tavola per la cena, anche qui vicini secondo l'ordine di precedenza. Io alla sua sinistra, il cardinale Rosales, arcivescovo di Cebù, alla destra. Domandai al nuovo Papa se non desiderava aver tncino il cardinale Wyszinski che, molto più anziano, mi stava seduto quasi di fronte. Il pri- mate di Polonia lo pregò di restare al suo posto di prima e naturalmente ne fui ben contento. C'è bisogno di dire la profonda commozione che si leggeva negli occhi di tutti? Erano sentimenti che anche papa Wojtyla aveva bisogno di esprimere in qualche modo. Credo Qhe volentieri abbia risposto a qualche domanda che veniva naturale in quei momenti: sul suo passato, gli anni della guerra e dell'occupazione straniera, gli studi il lavoro di operaio in fabbrica e in una cava di pietra, la vocazione al sacerdozio... Ricordo che gli dissi fra l'altro: «Chissà come saranno contenti gli operai di Torino, ma non solo di Torino, quando sapranno che il nuovo papa ha fatto anche lui l'operaio, ha lavorato anche lui in fabbrica Allo-, ra non prevedevo che gli opemi come tutti i torinesi l'avrebbero potuto vedere, dopo un anno e mezzo, nella nostra città La difesa dei diritti dell'uomo, cosi aperta in «Segno di contraddizione», avrebbe presto trovato conferme luminose e tanto più autorevoli sulla bocca del papa. Qui riferendomi più all'uomo che al maestro, ricordo solo le «confidenze» fatte, parlando a braccio, ai lavoratori di Pomezia nel settembre dello scorso anno: «E' la prima volta che mi incontro con gli operai in Italia, ma tante volte li ho incontrati in Polonia. Sono stato io stesso operaio per quattro anni, e apprezzo molto quel periodo della mia vita. Quattro anni di lavoro che per me valgono più di due dottorati. Cosi si è stretta la mia amicizia coi lavoratori nelle officine e nella fabbrica ed è proseguita dopo la guerra e l'occupazione nazista, da sacerdote, da vescovo e da cardinale». Leggendo quelle parole, ripensavo alle «confidenze» ascoltate, con commozione e con gioia, la sera del 16 ottobre 1978, a cena, da quell'uomo che da poche ore era vestito di bianco. Un ricordo e un auspicio. * Michele card. Pellegrino

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