Lezioni e polemiche di un critico d'arte

Lezioni e polemiche di un critico d'arte Longhi e la pittura italiana dal '200 al '700 Lezioni e polemiche di un critico d'arte Roberto Longhi: «Disegno della pittura italiana» ed. Sansoni, 2 volumi, lire 80.000. A tre anni dalla morte di Roberto Longhi, che italiani e francesi giustamente riconoscono e proclamano massimo critico e conoscitore di arte figurativa antica e moderna nella prima metà del secolo, Gianfranco Contini ne propone, in una memorabile antologia mondadoriana del 1973, anche l'eccezionale dimensione di scrittura letteraria, dalle radici nella «prosa d'arte» vociano fino all'intima padronanza dell'invenzione e struttura linguistica per massima aderenza e traslitterazione dell'oggetto, nello specifico l'oggetto d'arte nella sua concretezza materiale, storica, simbolica. Secondo il principio proposto dallo stesso Longhi «per lina critica d'arte» (un principio che potrà essere discusso nella sua assolutezza, nel suo rifiuto di mediazione, ma che certo si attaglia perfettamente a Longhi stesso, e con mirabili risultati): «Le dottrine procedono in assenza delle opere, o tutt'al più sbirciandole da lontano, la critica soltanto in presenza». Ora Carlo Volpe, docente in quell'Università di Bologna dove Longhi ebbe cattedra per 16 anni dal 1934, ha curato per Sansoni, l'editore delle Opere complete, un'antologia in due ' o volumi di tipo più tradizionale, Disegno della pittura italiana (I. Da Cimabue a Giovanni Bellini,- 2. Da Leonardo al Canaletto;, seguendo il filo storico, dal Duecento al Settecento, degli interessi e delle scelte del maestro, implicanti anche «silenzi-, «scarti e repulsioni», per quella partecipante volontà di giudizio, e critico e storico, che innervava sempre in Longhi la lucidità, fra scienza chirurgica ed evocazione medianica, della sua filologia. L'andamento è dichiaratamente «manualistico», propedeutico. Ci sono densissime sintesi storiche: sul Duecento, sul Trecento «padano», sui nodi italiani e mediterranei fra tardo gotico e Rinascimento dell'Italia centrale e settentrionale, sui manieristi (le feroci polemiche longhiane, necessarie al momento in cui furono condotte, contro gli ismi» totalizzanti, ignari di concreti creatori e creazioni/), sulla «realtà» caravaggesca europea. E ci sono «precisazioni» sui singoli autori, con il costante rifiuto delle tradizionali gerarchle (semmai con un qualche ombroso sospetto verso i «valori costituiti», forse spia della non rifiutata eredità di avanguardia giovanile nel protoesegéta di Boccioni), Giotto e Stefano, Giusto Padovano e AMchiero, Giovanni da Milano e Masolino, Domenico Veneziano e Piero della Francesca, Giovanni Bellini e i Ferraresi, Carlo -Braccesco e il Foppa, l'Aspertini e il Dosso, Correggio e il Lotto, Lelio Orsi e Savoldo, Caravaggio e Serodine, Assereto e Veldzquez, Moroni e Ceruti, Giuseppe Maria Crespi e Gaspare Traversi. Ma anche con questa impostazione, e forse proprio grazie a essa, sempre scatta la genialità —forse anche lirrepetlbilità — del rifiuto di una •costruzione storica» conse¬ qsrtzmldt i a e e quenziale, con la lucida coscienza, da parte di Longhi, di rifiutare anche, con ciò, l'ipotesi dello studio della produzione ideale «artistica» in forma di scienza storica generale, non escludente in nome della specificità l'ausilio di altre scienze umane. A questo punto, però, proprio il dettato, la scrittura longhiana, prodotto «finito> straordinariamente affascinante di un percorso operativo, mentale, emozionale, culturale di eccezionale complessità e varietà di livelli, talora persino ludici,' riafferra e ripropone ogni concretezza storica e umana. . Longhi 1958, in Aspetti dell'antica arte lombarda; «Nella seconda metà del secolo, con i tanti accrescimenti della biblioteca di Pavia, fomentati dagli umori del signore, la miniatura diventa infatti una specialità soprattutto lombarda, che si sparge verosimilmente in tutta Europa col nome di "ouvraige de Lombardie". E sarà talvolta un'attività un po' troppo di serra e di studiolo, ma resta pur sorprendente come dal libri di preghiere e di storia proverbiale, ai romanzi, al trattati di scienza spicciola — a mezza via tra la botanica, la zoologia e le specialità semplicistiche del "Tacuina sanltatls" — 1 miniatori seduti al loro deschi riservati nella direzione della biblioteca pavese, dopo appena qualche giretto nel brolo, nello "zoo" e nei canili di corte, sapessero scoprire tanto mondo e di cosi moderno. E non è neppur detto che siano meno realisti se, prigionieri di quel loro ambiente nobilesco — l'unico ch'essi conoscano dawlcino — lo ritraggono dappertutto: persino nel libri di preghiere dove Cristo e Pilato sono acconciati e azzimati alla moda cortigiani, del 1370--80». _ . Marco Rosei . Leonardo da Vinci in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Bcview of Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.)

Luoghi citati: Bologna, Correggio, Europa, Italia, Milano, Pavia