Mortati: dal caso Moro a una bella brigatista ma quante c'è di vero nel suo lungo racconto? di Vincenzo Tessandori

Mortati: dal caso Moro a una bella brigatista ma quante c'è di vero nel suo lungo racconto? L'autonomo processato per banda armata e l'uccisione d'un notaio a Firenze Mortati: dal caso Moro a una bella brigatista ma quante c'è di vero nel suo lungo racconto? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FIRENZE - I racconti o, forse, i deliri di un ragazzotto che si è creduto un «soldato di base», un terrorista; i grandi, tragici eventi che hanno scandito la cronaca recente, le imprese delle Brigate rosse, compresi il Sequestro e l'uccisione di Aldo Moro; tanti altri dettagli di una storia tragica, fino all'assassinio di un notalo; la scoperta di una fitta trama di legami e coperture che per l'accusa diventano una «banda armata». Il quadro d'assieme sul quale dovranno decidere i giudici della corte d'assise di Firenze non va oltre. Si parla di terrorismo organizzato'e, forse, siamo appena ai confini dell'area del consenso per la lotta armata; si parla di terroristi e si hanno di fronte balordi senza storia o preoccupati autonomi; si parla della «colonna Roma sud» delle Bierre e può darsi che la colonna non sia mai esistita. Elfino Mortati, autonomo ventunenne, appare sempre più solo In gabbia deciso a seguire un canovaccio che gli riesce troppo difficile. Ieri, alla seconda «recita» è apparso un po' più disinvolto, padrone della'parte ma non è stato convincente. L'impressione, penosa, è di trovarsi di fronte un gruppo di ragazzini cresciuti fin che si vuole ma immaturi capitati in mezzo a un gioco più grande di loro. Tuona il presidente della corte, Pietro Cassano, quando scorge alcuni imputati in gabbia fumare con . ostentazione: •Chi fuma va fuori!».-E qualcuno è lesto a spegnere il mozzicone, come a scuola, qualche altro, come Rosalba v Piccirilli, è meno rapida Cassano: «Lei fumai». «A'o, non fumo, ho già spento!». Il presidente, inflessibile: • Vada fuori!». Battibecchi; ma intanto in discussione c'è una «banda armata» e all'esterno dell'aula il servizio di sicurezza filtra talmente il pubblicò da impedire di fatto l'accesso e la pubblicità del dibattimento. Sono le 9,35 quando il presidente interpella Mortati per sapere se accetta l'interrogatorio. Tutto d'un flato il giovanotto ribatte: «Con tei e con questa corte non ho niente da dividere». Rivolto all'avvocato Traversi, fino a mercoledì suo difensore di fiducia, poi nominato d'ufficio: «Tengo a precisane che non ha di- ritto di parlare a mio nome, ne risponderà a chi di dovere». Ancora uno scampolo quando per niente emozionato il presidente gli-ricorda che non ha la parola e che rischia l'espulsione: «Decido io quello che voglio, grassone. Lei vuol sempre gettare la gente fuori, ma me ne vado io». Evidentemente il brigatista Alberto Franceschini ha fatto scuola: proprio in quest'aula chiamò Cassano: «Pancione». Poi Mortati rientra tra le quinte. Segue la lettura degli interrogatori fatti dopo l'arresto avvenuto nel luglio '78 alla stazione di Pavia. Mortati comincia il 4 luglio con il racconto dell'irruzione nello studio del notaio Gianfranco Spighi avvenuta a Prato il 10 febbraio di quell'anno. Doveva essere, dice, •un'azione dimostrativa in quanto si sapeva che il notaio gestiva tutte le cambiali relative all'acquisto di macchine Fiat». Gliela propongono due giovani, frequentatori di piazza San Marco, la piazza dell'università. Accetta. Dice che non è salito tuttavia nello studio perché «in Prato ero troppo conosciuto». L'epilogo dell'assalto è tragico. Il notaio viene ucciso con un colpo in pieno petto. La fuga. Elfino cercherà aiuto, da Firenze lo portano a Bologna, poi a Roma dove fra gli altri avrebbe conosciuto una ragazza chiamata Anna. Sono i giorni del delitto Moro. Confida Mortati: «Lei mi faceva dei discorsi dai quali ho potuto desumere che esprimeva idee della ideologia delle Brigate rosse». Ma si spinge più avanti: «Ha mostrato di essere molto preparata sugli avveni¬ menti dicendo in una occasione di essere molto impegnata nella predisposizione del contenuto dei comunicati». Ancora: "Anna mi disse che Moro era a Roma e che non sarebbe mai stato scoperto perche era in un rifugio di massima sicurezza». E a proposito di via Gradoli: •Mi disse che la cosa non era preoccupante». Sull'episodio del lago della Duchessa: « Non era stata un'iniziativa delle Brigate rosse ma degli avversari». Aggiunge, quasi pavoneggiandosi, di avere avuto due relazioni con la ragazza: una sentimentale l'altra politica. La descrive cosi: «Aita metri 1,65, corporatura slanciata come forme, senza occhiali, portava un anello tipo fede piatta alla sinistra, occhi celesti, capelli notevolmente lunghi, scarse sopracciglia, figlia unica, incensurata, universitaria ma non frequentante, giurisprudenza o scienze politiche. Frequentava una vineria a Campo de' Fiori». Pare, questo ritratto, l'identikit ufficiale della terrorista tipo. Mortati pària anche dei contatti che ha avuto, fa nomi e Indirizzi, coinvolge molta gente. Poi ritratterà. Infine l'altro giorno ha consegnato un documento per ['«autocrìtica». il racconto è stato lungo, certe circostanze appaiono incredibili, altre più verosimili. L'autonomo ha detto ad esempio di aver visto arrivare armi, a Roma, nell'appartamento dell'attrice Nicoletta Machiavelli. Là giovane dall'India dove vive alla «corte» di un guru ha fatto sapere di essere estranea a questa sciagurata storia. Vincenzo Tessandori