Ma Londra inviò un esercito a liberare gli ambasciatori di Mario Ciriello

Ma Londra inviò un esercito a liberare gli ambasciatori CENT'ANNI FA IN ABISSINIA COME IN IRAN Ma Londra inviò un esercito a liberare gli ambasciatori DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Più si sfogliano, le pagine della storia, più si scopre che di fatti «senza precedenti» ne esistono ben pochi. E' una verità che torna alla mente leggendo un nuovo libro uscito in Inghilterra, dal titolo The Abyssinian difficulty, autore Darrell Bates. Le tribolazioni del presidente Carter, che invano tenta di liberare i suoi diplomatici dalla, ferrea morsa dell'ayatollah Khomeini, furono sofferte un secolo fa dal governo britannico, e per un periodo ben più lungo, quattro anni. E' una vicenda affascinante, eccitante e divertente, una saga ricca di ombre e dì luci. Con quell'eufemismo dt//iculty, che più inglese di cosi non si potrebbe immaginare, la Gran Bretagna descrisse tra il 1864 e il 1868 la sua esasperante, tortuosa e pericolosa disputa con l'imperatore! abissino Teodoro, disputa conclusasi con una straordinaria spedizione militare dal Mar Rosso fino ai cuore dell'Etiopia. E gli ostaggi? Furono salvati? Meglio non essere impazienti, è una storia piena di suspense, che va narrata dall'inizio. Darrell Bates, un ex funzionario coloniale, è scrittore di vaglia, cronista lucido, vivido, imparziale. Per una lettera Teodoro (Tewodros per gli etiopi, Theodorus per gli inglesi) era un monarca scespiriano, una figura grandiosa e possente. Il console britannico Walter Plowden. che bene 10 conosceva, cosi lo dipingeva in un «dispaccio» al Foreign Office: «La sua collera è tremenda, ma infinita è la sua clemenza. Sa esprimersi con tatto e delicatezza. E' uomo di grande fede, dice: "Senza Dio, non sono nulla"». Morto Plowden. che Teodoro amava, 11 Foreign Office invia a Massaua un nuovo rappresentante, Charles Duncan Cameron. un ex ufficiale. Istruzioni: «Astenersi da ogni attività>: L'Inghilterra non voleva es¬ sere trascinata nelle lotte per il potere fra Teodoro e gli altri capi abissini, voleva che «il suo uomo» se ne stesse tranquillo a Massaua, sulla costa, e osservasse in silenzio. Un compito Cameron però l'aveva. Raggiùngere l'imperatore s consegnargli due regali della regina Vittoria e una lettera di saluti firmata dal ministro degli Esteri Lord John Russell. Dopo mesi di viaggio, il neo console trova Teodoro, il quale legge l'epistola ed esplode: «Chi è questo signor Russell?Come osa?E' Vittoria che deve scrivermi'. Comincia cosi quella che chiameremmo oggi la «orisi». Teodoro affida a Cameron una propria lettera per la regina Vittoria, lettera che il Foreign Office smarrisce. Nel gennaio 1864, sempre in attesa di una risposta, Cameron chiede a Teodoro il permesso di tornare a Massaua: l'imperatore, invece lo arresta e lo mette ai ferri A Londra si decide d'inviare un emissario e si sceglie un alto funzionario di Aden. Hormuzd Rassam. abilissimo, di religione protestante, nato a Mosul da padre armeno. Rassam si presenta a Teodoro, a Gondar, questa volta con una lettera di Vittoria E' subito incarcerato. In pochi mesi, le file degli ostaggi s'ingrossano: Tecdo ro fa arrestare numerosi missionari svizzeri e tedeschi, con le spose europee o abissine: anche idue ufficiali inglesi che avevano accompagnato Rassam perdono la libertà. Oltre sessanta sono i prigionieri, tra i quali i quattro domestici di Cameron. due irlandesi, un francese e un italiano di cui si ricorda soltanto il primo nome. Pietro. Tutti gli ostaggi vengono rinchiusi nella fortezza di Magdala, un'immensa piazzaforte sull'Acrocoro abissino. Teodoro il quale ha adesso 46 anni, sfida l'Inghilterra. Perché? Non si è mal capito. La collera accesa dalla mancata lettera di Vittoria fu soltanto una scintilla che distrusse in lui ogni fiducia verso gli europei. Senza xenofo¬ bia, però, senza crudeltà: piuttosto come un re prigioniero di un tenebroso destino. L'Inghilterra reagì alla sfida con una formidabile spedizione militare .al comando del' geneiale Napier. Nel gennaio 1868, 24 mila uomini —inglesi indiani — lasciavano la costa del Mar Rosso, a Sud di Massaua, per una marcia di 400 miglia attraverso le giogaie abissine, fino a Magdala. Comincia l'attacco Vi arrivano in aprile: e. ligiorno 10, comincia l'attacco, a quasi tremila metri di altezza Teodoro tenta di arginare l'avanzata lanciando contro l'avversario le sue forze migliori E' una carneficina. Settecento abissini muoiono o falciati dai nuovi fucili Snider dei fanti inglesi o trafitti dalle baionette dei fanti indiani. Le perdite britanniche: due morti. L'imperatore libera gli ostaggi. Stanno benissimo, è stata una prigionia comoda, agiata, alcuni la rimpiangono. Si è all'ultimo atto. Teodoro non si arrende, Napier espugna la fortezza. Una pattuglia inglese vede un cadavere. E' quello dell'imperatore. Aveva detto ai suoi fedeli: «Non posso cadere nelle mani degli uomini, non hanno pietà. Cado in quelle di Dio», e si era ucciso con un colpo in bocca di una pistola donatagli nel '64 dalla regina Vittoria. Con un'altra anabasi di 400 miglia, l'armata di Napier abbandona l'Abissinia. Porterà con sé il figlio di Teodoro, un bambino di 7 anni, ALunayu. E' accolto a Londra con tutti gli onori, diviene il pupillo di Vittoria, ma muore di malinconia a 19 anni, dopo aver rifiutato cibo e medicine. Una lapide nella cappella reale a Windsor ricorda: «Qui giace Alamayu — figlio di Teodoro re d'A bissinia —ynato il 23 apritemi — morto il 14 novembre 1879». E questa epigrafe è forse tutto ciò che rimane dell'A byssinian difficulty. Mario Ciriello