A Parigi il soprabito costa anche un milione

A Parigi il soprabito costa anche un milione La moda per l'inverno 9SI dei couturiers A Parigi il soprabito costa anche un milione PARIGI — Sé à Milano i prezzi dell'alta moda pronta erano alti, qui a Parigi, cambio a parte, sono da vertigine. Naturalmente in rapporto ai grossi couturiers e agli stilisti di grido, abituati a lavorare per una donna che, fino a ieri, era convinta che quando la stagione cambia, bisogna cambiare vestito. Ora si sentono fare discorsi cosi: tra un milione di lire per un soprabito più gilet di Montana e una bella vacanza, quest'estate, io scelgo la vacanza e faccio a meno della novità. Si fa per dite. Perché, appunto, il nuovo è accuratamente evitato, al di là di molte manipolazioni dei capi intramontabili; in tempi diventati difficili, preoccupanti anche per la moda francese, ogni collezione ha tradito l'incertezza nell'accostare visioni diverse all'interno del medesimo gusto, da un lato complicando l'immagine, della donna d'inverno, dall'altro mettendole la pulce nell'orecchio, che forse nel guardaroba di ieri, negli armadi, c'è già qualche cosa adatta al valico fra 1980 e'81. Certo, le scarpe sono basse; 11 tacco che rientra, se proprio non se ne può fare a meno, si nasconde, perché polacchette, ballerine, mocassini devono concedere, un passo elastico, se no gli abiti a vita scesa, con busto molto stirato, ma - grò e ampiezza mobile di godei e volant, non esprimono la loro leggerezza; sennò la donna da fantascienza di Montana, bermuda e gonna stretti da cinghie con fibbie, blouson con il bordo rigido, giacche imponenti con colli altissimi e proiettati in avanti, in grigio metallico, bianco siderale, color bruciato, elmo, frecce, basco a fisarmonica, perderebbe il suo slancio. o a i a , , i o , , e e a o o l e o a a el » o : a Montana e Mugler, uniti In una formula indicata come due M, per proporre l'abito «pratico, nuovo» del futuro, sembrano essersi ricordati di un Courrèges prima maniera; si è visto persino, in chiave astronautica, un blouson con spalle e busto a conchiglia, di pura ascendenza Capucci. In effetti oscillano tra il Robin Hood e la terribile flessuosa, ammantellata regina della fiaba di Biancaneve; Montana più incline alla suggestione della tunica mini sulle calze di lana a coste, Mugler più aperto a femminilità serpentine e agitate. Il copricapo avveniristico è il punto focale. Facendone a meno, come di cosa da passerella, gettando in fondo alla borsa il passamontagna-maschera, compromettente in tempi di agguati e di rapine, restano giacche, blouson, mantelli, abiti in jersey, qualche collo speciale, ben costruiti, ma in fondo non troppo diversi da quelli di ieri. A Parigi la gonna non è completamente detronizzata dai pantaloni. Da Chloé, una collezione emblematica del momento, in quanto ad impaccio nell'imboccare una via e seguirla dal mattino alla sera con coerenza, i pantaloni all'orientale, stretti, con i bottoncini da ghetta, sono apparsi sotto le gonne, agili intorno al ginocchio; 1 bermuda al ginocchio erano ritagliati in velluto color verde bottiglia, rosso granata e in lana knickerbockers. Ma il gioco del volume è venuto esprimendosi negli abiti, nelle gonne, nelle tuniche: abiti a busto lungo, gonne arricciate in basso, tuniche da menestrello in rigida lana ciniglia o in seta, diritte e ampie e mosse da pieghe stirate nella forma del trapezio e poi abiti a tre piani, sblusatura alla vita, bacino fasciato, fluidità. Lagerfleld, i capelli raccolti in codino, si è fatto vedere in passerella, alla fine, per raccogliere gli applausi di cortesia, mancati nel corso della sfilata, troppo composita, e in cui sono annegati i bei toni bronzo della seta laccata, il pizzo matelassé, il tulle ricamato, i mantelli «soffiati segnali scintillanti sugli abiti da sera, finalmente spogli come gli smokirigs e i bermuda in velluto nero. Bisognerà dire che gli italiani hanno fatto di meglio e non solo a Milano, ma anche qui a Parigi, dove ieri hanno sfilato Tarlazzi, Coveri e Valentino. Enrico Coveri è d'accordo con il prèt-à-porter milanese, i pantaloni sono la via d'uscita per una donna che. specie d'inverno, è scarsamente protetta. I pantaloni di Coveri, in flanella, in velluto, in cuoio naturale, sono da equitazione, si sposano al gusto inglese della camicia a quadretti, beige, verde, alla maglieria fatta a mano, straordinaria nei toni spenti, In quanto a Valentino, ecco la quadratura del cerchio. E' riuscito a conciliare, in una sfaccettata, giovanissima, coerente collezione, la voglia del pantalone e della gonna. La base è il pantalone bermuda, ma ampio, capace di mimare la gonna pantalone, per via di una sua gala, semplice o doppia, delle pieghe frequenti e perché è chiuso da lunghi golf con i motivi argyle che sono stampati sulle calze in f ilanca, da giacche asciugate, di linea pura e solo dopo si rivela per quello che è: l'invito ad un modo di vestire allegro e dolce, in flanella, in stoffe maschili, con camicette illuminate da piatti colletti in pizzo. Lucia Sollazzo ud«susaspbsdMss Parigi*. Un modello di Saint-Laurent per l'autunno inverno '81

Persone citate: Capucci, Coveri, Enrico Coveri, Lucia Sollazzo, Mugler, Robin Hood, Tarlazzi