Parigi: un giro di vite di Paolo Patruno

Parigi: un giro di vite Parigi: un giro di vite PARIGI — 17 «numero chiuso* per gli studenti di medicina esiste nelle università francesi dalla fine del 1970, dopo l'approvazione della legge Guìchard-Boulin che stabiliva la necessità di fissare gli effettivi degli studenti in funzione «delle necessità del paese* sulla quantità di medici e non più soltanto in base alle capacità di formazione dei «centri universitari ospedalieri*. In realtà anche in Francia, come in numerosi altri Paesi, una più stretta regolamentazione si è imposta davanti al «boom* delle iscrizioni alla facoltà di medicina. In 15 anni, il numero degli studenti si era in effetti quintuplicato, passando dai 30 mila iscritti nel '55-'56 ai 155 mila del '78-79. Di questi soltanto HO mila circa pervengono poi a terminare effettivamente gli studi, con una media di lauree annuali che è salita da tremila del '68 a novemila del "77. Ma nemmeno questa regolamentazione è stata ritenu¬ ta sufficiente dalle autorità francesi che nel luglio del 79 hanno riformato nuovamente la struttura degli studi medici, malgrado le aspre polemiche e l'opposizione degli studenti i quali hanno cercato vanamente di avversare l'approvazione della nuova riforma. I principi direttivi della nuova legge possono essere così sintetizzati. Primo ponto: la selezione degli studenti della facoltà di medicina (già molto sellerà) è stata ulteriormente rinforzata con l'obiettivo finale di diminuire da ottomila a seimila soltanto il numero dei nuovi medici che ogni anno potranno entrare nella professione. La selezione al termine del primo anno è stata giudicata troppo «molle* e tardiva, ma d'altra parte il legislatore non se l'è sentita di istituire una pre-selezione all'ingresso dell'università, che contravverrebbe la norma secondo cui chi ha ottenuto il «baccalaureati (la nostra licenza di scuola superiore) ha diritto d'acces- so automatico all'università. Il controllo più severo, un vero e proprio sbarramento viene quindi esercitato alla fine del primo ciclo. Secondo principio-base: la durata degli studi è stata praticamente portata da sei a otto anni con l'istituzione del «residanat», che è un corso di formazione interna per i medici generici, i quali in precedenza erano obbligati a seguire uno «stage» di un anno. Lo scopo è di «rivalorizzare la medicina generale*. Terzo ponto della riforma dell'anno scorso: stabilendo una via unica d'accesso a tutte le specializzazioni (il cosidetto «internat qualifiant»J, lo stato non fisserà più solamente il numero dei nuovi medici che entrano ogni anno in attività, ma stabilisce anche la loro ripartizione tra le differenti specializzazioni e le diverse forme d'esercizio della professione. Infine, il numero degli studenti ammessi a proseguire gli studi (dopo il primo anno) sarà fissato dal ministro delle Università in accordo con quello della Sanità, con una variazione che non potrà essere comunque superiore al 10 per cento rispetto all'anno precedente. Alle autorità spetta ancora fissare le «quote* e la ripartizione degli studenti nei diversi servizi alla fine del secondo ciclo. E solo i medici che esercitano da più di cinque anni potranno, dopo un concorso, intraprendere gli studi per ottenere una specializzazione. Lo scopo finale di questa riforma che «ingabbia* strettamente la facoltà di medicina è quella di stabilizzare a medio termine il numero dei medici che esercita-' no la professione portandoli, a 180 mila entro i prossimi vent'anni. Anche per medici francesi è finita «l'epoca d'oro*. _ , Paolo Patruno

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