In 35 anni 40 crisi

In 35 anni 40 crisi Mercoledì il governo si presenta alle Camere «per la sfiducia» In 35 anni 40 crisi Sono state quaranta in trentacinque anni le crisi ministeriali in Italia, se non ne ho fatto male il conto. Un eventuale errore sarebbe tuttavia più probabile per difetto che per eccesso e in ogni modo non tale da variare sensibilmente i valori statistici. La media generale della durata di un governo si aggira in Italia sul dieci mesi e mezzo, e questo di Cossiga che sembra alla vigilia di cadere essendo ormai in carica da circa otto mesi si avvicina quindi allo standard convenzionale. E' un poco sotto, per la verità, ma la tendenza constatata in cronologia è' indubbiamente verso il breve. Non abbiamo pertanto motivi di stupore. Grande paese il nostro: l'itala gente dalle molte vite, come dice il poeta, è ricchissima di risorse. Essa tuttora sopravvive dopo una quarantennale instabilità governativa, e nello stato di sfasciume politico in cui si è trovata per lo spazio di oltre una generazione, bene o male ha campato, resistito e prodotto. Viene da domandarsi che cosa mai avremmo saputo combinare, noi italiani, se nei nostri sforzi fossimo stati assistiti da una decente continuità governativa. Probabilmente avremmo fatto miracoli, ed il bilancio della nazione sarebbe oggi tale da sbalordire il mondo intero. Ma non è il caso di fantasticare e tanto meno di piangere sul latte versato, dato che i nostri politici sono quello che sono e non accennano a cambiare. Essi infatti continuano a giocare per loro conto, fra partito e partito, come al tennis, in un palleggio di formule che sono sempre le stesse anche se definite con nomi sempre nuovi; e ad un certo momento può accadere che dal gioco del tennis si passi a quello del biliardo in cui si può avere il rimpallo: nel fare il loro corso le palle si reincontrano un'altra volta ribattendosi insieme, cosi stornando il gioco che erano per fare. E' come dire che le crisi si aprono in un modo ma generalmente finiscono in un altro del tutto Inaspettato. Si comincia a affermare che non si vuole una crisi «al buio» e la si promette «guidata». Poi facilmente essa sfugge di mano ma rammaricarsi è inutile. Questa volta, del resto, più che di crisi guidata per il governo Cossiga si va parlando di «agonia guidata», espressione graziosa che non manca di qualche compiacimento macabro con un certo sentore di necrofilia. Ma essa non dispiace ai socialisti i quali, salvo errore, sono stati i primi ad usarla, parlando anzi del governo come di un cadavere per il quale non resta che redigere l'atto formale della constatazione di morte. A ciascuno i suol gusti, e non di questo discutiamo. Politicamente, però, la presunzione di «guidare» (tanto una crisi ordinaria quanto una fatale agonia) si rivela spesso fallace. Può intervenire il rimpallo, si storna il gioco, e onestamente è da avvertire che lo stesso segretario della de, Flaminio Piccoli, non si azzarda a ostentare molta sicurezza. Interrogato l'altro giorno da Luigi Bianchi su che cosa si stia profilando al nostro orizzonte, con candore gli ha detto: «Ci sono gli eventi». «E come parlano gli eventi?», ha domandato Bianchi, «chiaro», ha risposto Piccoli. Incoraggiato, Bianchi ha insistito: «Può darmi dunque un chiaro giudizio sull'attuale situazione?». «No». Alla buon'ora, siamo in ottime mani. Il vicesegretario unico della de, Carlo DonatCattin, è stato Invece — forse per fortuna — più spregiudicato. Interrogato da Aldo Rizzo su dove egli ritenga che si vada a finire, ha risposto con bella serenità: «Noi non vogliamo elezioni anticipate, che del resto esigono una maggioranza che vi concordi e un capo dello Stato che le indica. Ma non consideriamo neppure una sciagura l'eventualità di votare di nuovo». Slamo cosi avvisati — e ringraziamo DonatCattin per la sua franca informazione — che la de considera un nuovo scioglimento anticipato delle Camere (sarebbe il quarto negli ultimi otto anni) come un'accettabile soluzione della quarantesima crisi di governo. Ricorrere ad elezioni politiche generali per tastare, come si dice, il polso del paese quando se ne avverte l'impellente bisogno, è una pratica democratica ineccepibile. Ma a parte il fatto che le tre precedenti consulta¬ zioni straordinarie del 1972, 1976 e 1979 hanno già dimostrato di non aver servito che a paralizzare per un buon tratto di tempo l'attività del legislativo e dell'esecutivo, c'è da osservare che allo scopo di tastare 11 polso del paese è già in atto e disponibile un normale strumento: le elezioni amministrative costituzionalmente in programma per questa primavera. E' alle viste il rinnovo dei consigli di 15 Regioni, 85 Province e 6505 Comuni, con la chiamata all? urne di 42 milioni 719 mila 813 elettori. Sono cifre che bastano a indicare l'eccezionale ampiezza di una consultazione che va ben oltre le consuete indagini per campione, e perciò destinata a riuscire ben dimostrativa dell'umore dei cittadini. Perchè non profittare dell'occasione? Certo, se smettessero di giocare alla crisi governativa i politici si vedrebbero privati del loro prediletto divertimento di palleggio, però a noi cittadini sarebbe risparmiato il rischio del rimpallo e cosi noi potremmo più fiduciosamente continuare a campare, resistere e produrre per sopravvivere. Vittorio Gorreslo

Persone citate: Aldo Rizzo, Carlo Donatcattin, Cossiga, Flaminio Piccoli, Luigi Bianchi

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