Nel 1804 Pio VII in piazza Castello

Nel 1804 Pio VII in piazza Castello L'ultimo pontefice in visita alla nostra città Nel 1804 Pio VII in piazza Castello Uno dei desideri più vivi di Paolo VI, soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato, era di visitare Milano, la città di cui era stato arcivescovo, e, rifacendo idealmente il pellegrinaggio di San Carlo Borromeo, nel 1578, raggiungere quindi Torino per venerarvi la Santa Sindone. Purtroppo le sue condizioni di salute, che andavano di giorno in giorno peggiorando, non glielo consentirono. Quando la Sindone, alla fine di agosto del 1978, usci dall'urna in cui è abitualmente conservata in Duomo, sotto la cupola disegnata dalla mente fervida del Guarini, mentre si attendevano migliaia di pellegrini, giunti da ogni parte del mondo, si tornò a parlare di una possibile visita del pontefice alla città. Giovanni Paolo I era però appena stato eletto al soglio di Pietro e gli impegni per il nuovo pastore erano molti. Per una curiosa coincidenza, Albino Luciani usci pontefice dal Conclave quasi nel medesimo momento in cui la reliquia torinese veniva tolta dallo scrigno per essere esposta ai fedeli. Cosi, sulla prima pagina dei giornali del 27 agosto 1978, una domenica, compaiono due notizie: «E' Papa Albino Luciani: sceglie il nome di Giovanni Paolo /» e, poco più sotto: mOggi la Sindone esposta a Torino». Due avvenimenti storici e religiosi, legati da un filo sottile, invisibile. Era già previsto che Luciani venisse a Torino per guidare il pellegrinaggio di Venezia, come cardinale patriarca, ma da Pontefice era tutto diverso. Non solo non ebbe modo di vedere la Sindone, ma si spense repentinamente, nel sonno, dopo appena trentatré giorni di pontificato, tanti quanti erano gli anni del Cristo quando spirò e fu avvolto nella Sindone. A Torino l'impressione fu enorme, soprattutto tra i fedeli che si assiepavano per entrare in Duomo a venerare il lino. Ci furono tanti pellegrini, in quei giorni; molti, pur importanti, passarono, in quel mare di gente, quasi inosservati. Torino aspettava il Papa, lo reclamava, e non sapeva di averlo con sé, anche se non bianco vestito. Con passo rapido, la mano de- stra posta sul petto, quasi all'altezza del cuore, la testa un po' inclinata in avanti, entrò in Duomo anche Karol Wojtyla, polacco, arcivescovo di Cracovia, collaboratore più vicino del primate di Varsavia, cardinale Wyszynski. Era il 25 settembre. Quando ne usci, ancora sulla gradinata del tempio, alzò dapprima gli occhi chiari al cielo e sorrise, osservando poi, fra le transenne, giù in basso, tutta quella folla. Parve incuriosito dalle Torri Palatine. Non era loquace e parlava un italiano chiaro ma con un accento straniero che il tempo e la sua volontà, quasi caparbia, avrebbero presto quasi cancellato. Difficile, sotto quell'abito scuro, intuire qualcosa di più, intravedere il Papa delle grandi folle, Immaginarlo salire e scendere agile da un aereo, da un elicottero, sollevare in alto un bambino, chinarsi a baciarne altri due, afferrare le mani protese. Tutto ancora nascosto nel libro del futuro, ancora un personaggio del divenire. Ora che sta per arrivare, che ha promesso la sua visita esprimendo la gioia del ritorno a Tori¬ no, e lo ha fatto con quel viso che s'illumina e gli occhi che si fanno più grandi, come quando vuol fare una sorpresa, c'è quasi l'imbarazzo per quel giorno, in quell'altra sua visita da arcivescovo, il rammarico di non avergli dedicato più tempo, più attenzione. Prima di lui i pontefici che hanno visitato la città sono stati pochi. Molti, invece, proprio come Karol Wojtyla, passarono nella capitale piemontese quando però non erano ancora papi. Per i più differenti motivi vi vennero Achille Ratti, poi eletto come Pio XI; vi passò brevemente Eugenio Pacelli, poi Pio XII; per il congresso eucaristico degli Anni Cinquanta si soffermò anche il patriarca di Venezia Angelo Roncalli, poi Giovanni XXIII. Giovanni Battista Montini, che prese il nome di Paolo VI, compi. varie visite dalla vicina Milano; per Italia 61, ad esemplo, a visitare l'Esposizione lungo le rive del Po nel centenario dell'Unità na-' zionale, e poi per inaugurare, presso il Monte dei Cappuccini, la statua dedicata alla Vergine. Di papi eletti la storia ci rac-.' conta di Martino V, Ottone Colonna, il cui passaggio da Torino dopo Il Concilio di Costanza, è ricordato con una lapide nel santuario della Consolata. L'ultimo papa a visitare Torino fu Pio VII, che sarebbe poi stato imprigionato da Napoleone. Ebbe accoglienze trionfali e in un pomeriggio di novembre del 1804 benedisse I torinesi dalla loggia centrale di Palazzo Madama. Da allora l'attesa è stata lunga ma occorre anche considerare che per un interminabile arco di tempo i pontefici non erano soliti viaggiare. Sono spigolature che escono dal volumi d'archivio, fra memorie, immagini, documenti che appartengono a tutti, a una società, a un mondo. Torino ora aspetta .Wojtyla e già pare di vederlo: affacciarsi lentamente, come è solito fare, dal portello dell'aereo.^ sulla pista di Caselle; poi ci sarà l'abbraccio e Torino già si prepara alio scampanio di saluto, dalla più piccola chiesa collinare sino ai rintocchi del Duomo.