«Mio figlio studia medicina e io lo vedo già disoccupato»
«Mio figlio studia medicina e io lo vedo già disoccupato» Reazioni al disegno di legge sul numero chiuso «Mio figlio studia medicina e io lo vedo già disoccupato» Sono parole di un medico che giudica positiva la proposta legislativa - Perplessità, invece, del prof. Dianzani e del senatore Cravero (de) Prime reazioni, a Torino, alla notizia che il disegno di legge sul numero programmato a medicina è -passato' al Consiglio dei ministri. Pareri discordi, a favore e non. Tra le organizzazioni sindacali, per il momento, soltanto i Comitati laici riformisti hanno espresso il loro parere decisamente negativo sul progetto. «Esprimiamo la più ferma opposizione al disegno di legge che limita coattivamente l'accesso alla Facoltà di medicina. Non serve creare sbarramenti preventivi, basati sulla pianificazione centralizzata che subordina l'università, in modo assai discutibile, alle esigenze di un sistema sanitario che ha dimostrato ampiamente di non funzionare». «Si tratta—proseguono — di riformare la struttura dell'università e non delle singole facoltà, senza cedere alle lusinghe di chi, invece di curare la formazione professionale e culturale degli studenti, intende solo consolidare le proprie posizioni di potere». Positivo, invece, il giudizio di un medico che desidera mantenere l'anonimato. «Buono il progetto, ma, come capita spesso in Italia, arriverà troppo tardi. Deve ancora passare alla Camera e al Senato e intanto i medici sono troppi. Ho un figlio che studia medicina e ho la consapevolezza di aver creato un disoccupato. Basta vedere quello che è successo a Napoli, dove i medici disoccupati hanno occupato l'Ordine e sono stati introdotti nella Convenzione dall'assessore alla Sanità. In questo modo è saltata anche la Convenzione unica». — Il preside della facoltà di Medicina di Torino, professor Dianzani, fa anche parte del Consiglio universitario nazionale. «Non mi sono opposto al progetto — dice —anche se ho alcune perplessità in merito. Quando parlai, per la prima volta nel '72, di numero programmato intendevo un'altra cosa: pensavo che lo Stato avrebbe dovuto informare colorò che avrebbero voluto iscriversi a medicina su quali sa- rebbero state, alla fine del corso, le reali possibilità di lavoro. La programmazione, dunque, era basata sulle esigenze del territorio. D'altra parte le norme Cee hanno imposto che si arrivasse a questo. Ultimamente le nostre facoltà accoglievano molti studenti tedeschi o greci o di altri paesi che non erano riusciti ad iscriversi a "casa loro". Eravamo, ormai, lo zimbello di tutti. Altra preoccupazione è l'esame di ammissione che, cosi com'è stato formulato, non mi pare adeguato al compito. Per quanto riguarda poi l'assegnazione delle sedi per i vincitori, la norma mi sembra difficilmente applicabile». Forti perplessità esprime anche il sen. democristiano Dario Cravero, primario alle Molinette. «Nel condurre in porto la riforma sanitaria abbiamo sempre detto che si doveva procedere di pari passo con quella della facoltà di medicina. Per quanto ho potuto leggere di questo progetto, mi sembra che ci sia molta "Pubblica istruzione" e pochissima "Sanità". I due progetti a questo punto divergono». Perché? «Che cosa intendiamo per programmato? L'analisi è di due tipi: o si programma sul territorio, per vedere quanti medici effettivamente servono, oppure si programma in base alle strutture. E mi pare che si sia fatto proprio questo, compiendo un cla¬ moroso passo indietro. Si dice infatti, che i vincitori della prova d'ammissione saranno assegnati alle sedi secondo la loro ricettività. E io chiedo: chi paga? Chi paga gli studi, il vitto, l'alloggio allo studente che dal Nord va al Sud e viceversa?». Com'è la situazione negli altri Paesi? «Ecco qualche dato che si riferisce al '76: in Danimarca su 1200 domande ci sono state 100 ammissioni, in Svezia su 2600 solo 150, in Usa (Harward) su 6000 sono passati in 120 e in Russia su alcune migliaia solo 200. Bisogna vedere, però, con quali criteri tutto ciò è stato fatto».
Persone citate: Cravero, Dario Cravero, Dianzani
Luoghi citati: Danimarca, Harward, Italia, Napoli, Russia, Svezia, Torino, Usa
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