Concilio comunista ma con defezioni in aprile a Parigi di Frane Barbieri

Concilio comunista ma con defezioni in aprile a Parigi Dietro le polemiche pei-pef Concilio comunista ma con defezioni in aprile a Parigi L'animosità di Marchais nei confronti di Berlinguer non è tutta motivata dall'incontro con Mitterrand. Un altro passo del distacco tra i due capi eurocomunisti si è registrato quando Vitaliano ha fatto capire al francese di non essere disposto a seguire la sua iniziativa per la convocazione della conferenza dei partiti comunisti d'Europa. Per il momento l'affare si sviluppa tra le maglie della diplomazia segreta intercomunista, ma presto dovrebbero essere rivelatele rispettive posizioni. Formalmente come promotori del nuovo 'Concilio rosso- figurano il polacco Gierek e, appunto, Marchais. Tre mesi fa i due avevano mandato un invito a tutti i segretari generali per una conferenza sul tema della distensione e del disarmo. Breznev, del quale non si sa quanto fosse stato anche l'ispiratore, ha aderito subito all'iniziativa. Per il Cremlino essa si inquadrava benissimo nella duplice strategia della distensione combinata all'espansione e viceversa. Marchais ha potuto raccogliere l'assenso del capo sovietico durante la sua improvvisa visita a Mosca. Due giorni prima però, passando da Roma, aveva incontrato in Berlinguer, se non subito un rifiuto, ad ogni modo moltissime riserve. A quelle italiane hanno poi corrisposto le riserve della Lega dei comunisti jugoslavi. Dopo le esperienze di Berlino, quando per convocare il concilio, ci vollero tre anni, Gierek e Marchais hanno escogitato una formula meno 'Cominternista-: ogni partito è libero di partecipare o no senza che ciò incida sulla sua posizione nel contesto intercomunista (in altre parole: sema che si cerchi di screditarlo o scomunicarlo); i partiti che aderiranno non sono tenuti a firmare il documento comune. Malgrado il nuovo approccio per jugoslavi e italiani è rimasta una riserva di fondo. Le condizioni internazionali, secondo loro, non sarebbero favorevoli per una simile iniziativa. Come dire: è difficile separare il discorso sul disarmo e la distensione dal discorso sulle invasioni armate (di cui almeno una e tuttora in corso, va addebitata al partecipante principale), mentre unire i due discorsi significherebbe far arenare la conferenza, data la composizione dei partecipanti e la rigidità delle loro posizioni. Ulteriori argomenti validi per un simile ragionamento sono stati aggiunti in questi giorni dall'addetto stampa sovietico con gli attacchi contro gli jugoslavi e gli eurocomunisti a causa delle loro posizioni «poco internazionaliste» sull'Afghanistan. Un secondo motivo per non andare alla conferenza starebbe, per questi partiti, nella sua unilateralità. Tutti i partiti e forze pro¬ gressiste devono essere paladini del disarmo. I comunisti non devono ipotecare t'idea e l'iniziativa, tanto meno nel momento in cui essa potrebbe apparire come una copertura dell'ambiguità sovietica. Dopo l'invio delle lettere di Marchais e Gierek e dopo il periplo promozionale del francese, si è registrato un fitto scambio di riflessioni, Bufalini è stato a Belgrado da Grlickov. Lo stesso Grlickov ha ricevuto poi in visita congiunta i rappresentanti dei due promotori, il polacco Verblan e il francese Gremez. Infine è giunto a Belgrado anche il romeno Cazacu. Nemmeno Bucarest trova opportuna la partecipazione alla conferenza, ma si trova sotto pressione: sarebbe l'unico Paese del Patto di Varsavia ad uscire dai ranghi. Malgrado le possibili diserzioni, Marchais invierà tra qualche giorno gli inviti, convocando la conferenza a Parigi per la fine d'aprile a livello di membri dei Polltburo. Per il momento può aspettarsi una risposta negativa da parte di jugoslavi, italiani, spagnoli e probabilmente romeni. Sarebbe la prima volta che il pc italiano e il pc spagnolo non aderiscono a un concilio pan-comunista (l'eurocomunismo si riafferma riducendosi a due). Sarebbe la prima volta che i romeni non si conformano al blocco in cui si trovano incastrati. Da ricordare poi che gli ostacoli per la precedente conferenza di Berlino sono stati scansati quando jugoslavi e italiani avevano convenuto sull'opportunità di affrontare il concilio. Ora considerano probabilmente che andare a Parigi significherebbe fare un passo indietro rispetto a Berlino e non un passo avanti. A Berlino, infatti, Pajetta aveva dichiarato: «Questa conferenza sarà storica se sarà l'ultima». Frane Barbieri