Il br Morucci processato per armi a Roma minaccia 8 giudici con macabre battute

Il br Morucci processato per armi a Roma minaccia 8 giudici con macabre battute È il terrorista accusato con Adriana Faranda per l'uccisione di Moro Il br Morucci processato per armi a Roma minaccia 8 giudici con macabre battute Si è detto certo «della ineluttabilità della sorte storica di tutti i falchi col cappuccio cui appartengono» - La loro «è una specie in via di estinzione» - Volantino delle Brigate rosse rivendica l'assassinio del giudice Minervini sull'autobus nella capitale ROMA — Un processo d'appello per un traffico d'armi di sei anni fa ha portato in tribunale Valerio Moriteci, il brigatista arrestato nell'appartamento di viale Giulio Cesare dove la polizia trovò anche la mitraglietta Skorpion che ha ucciso Aldo Moro. Morucci e Adriana Faranda avevano trovato alloggio nella casa di Giuliana Conforto, dopo aver girato per diverse altre abitazioni romane: i due, si disse, avevano lasciato, per dissensi soprattutto strategici, la colonna delle Br a cui appartenevano. Il processo ieri è stato rinviato in attesa che un detenuto venga a testimoniare. Morucci, seguendo un rituale ormai ben codificato, ha ricusato l'avvocato difensore Tommaso Mancini e ha scrìtto una lettera, che è stata consegnata ai giudici, nella quale giustifica la sua presenza in tribunale con la mancanza di riscaldamento in carcere. -Sono qui per il tepore che emana dalle aule di giustizia», ha spiegato. «Sono politicamente indifferente alla sorte fisica dei singoli magistrati chiamati a giudicare la nostra sconvenienza di rivoluzionari, ha anche scritto nella lettera essendo certo della ineluttabilità della sorte storica di tutti i falchi col cappuccio cui appartengono-. Accennando poi agli incontri tra i magistrati per la definizione delle misure di sicurezza, Morucci ha avvertito che si permette di 'Consigliare all'assemblea di magistrati che si terrà venerdì di inoltrare formale richiesta al W.W.F. (il Fondo mondiale per la natura, n.d.r.) affinché la loro sia inserita nell'elenco delle spe¬ cie in via d'estinzione'. Imputato, insieme a lui, era Libero Maesano, attualmente in carcere per l'inchiesta sui redattori di 'Metropoli'. Maesano ha fatto sapere che per ragioni di salute rinunciava a esser presente in tribunale. I fatti per cui i due dovevano esser giudicati risalgono al febbraio del '74. Al valico ferroviario di Chiasso furono sorpresi su un treno nella cui toilette la polizia trovò un fucile di fabbricazione svizzera e molte munizioni. Il processo in primo grado si era concluso il 30 novembre del '78 con una condanna per entrambi a un anno e sei mesi. Il giorno dopo però parti dal carcere di Novara una lettera firmata da tale Fiore Gobbato, un detenuto che si autoaccusava del trasporto delle armi, dicendo che viaggiava con 1 due sul treno e aveva permesso che la polizia li fermasse e accusasse. Ma ora che erano stati condannati, interveniva contro l'ingiustizia. L'avvocato Mancini, nella veste di difensore di Maesano, ha preso la parola per dire che 'Gobbato non è un'invenzione: sei mesi fa ha messo una bomba nel carcere di Fossombrone'. Cosi è stato deciso di rinviare il processo d'appello per ascoltare il Gobbato. Valerio Morucci è interventi-' to una volta soltanto per affermare che a lui -il processo non interessa». Ieri, intanto, con un comunicato di tre pagine, le Br hanno rivendicato l'uccisione del giudice Minervini: nel messaggio, che porta la data 24 marzo, viene tracciato un profilo del giudice. Si ricorda che Minervini ha ricoperto la carica di capo della segreteria della direzione generale degli istituti di previdenza e pena «Dgipp» fino al novembre 1979; che dopo, come consigliere di Cassazione, ha continuato a dare il suo contributo al 'progetto controrivoluzionario preventivo', collaborando con le reviste .Rassegna studi penitenziari», «Giustina penale» e - Giustizia e Costituzione»; ed, infine, che 'Sarebbe andato al più presto a ricoprire la carica di direttore generale degli istituti di previdenza p. pena', notizia quest'ultima che subito dopo l'omicidio fu diffusa dai giornali. Nel messaggio è contenuta anche una chiara intimidazione contro gU agenti carcerari, ai quali viene detto che «non è mai troppo tardi per cambiare mestiere e collaborare con le forze rivoluzionarie e il proletariato prigioniero'. Il documento termina facendo cenno, nel caso dell'uccisione di Minervini, al ferimento di un passeggero dell'autobus avvenuto 'nonostante la massima attenzione fatta», e afferma che -anche nelle azioni più complesse il movimento rivoluzionario deve farsi carico nel suo complesso di non ripetere simili errori politici».

Luoghi citati: Novara, Roma