Un pari per andare a Mosca obiettivo con la Jugoslavia

Un pari per andare a Mosca obiettivo con la Jugoslavia La Nazionale olimpica oggi a Mostar Un pari per andare a Mosca obiettivo con la Jugoslavia dal mostro inviato speciale MOSTAR — L'obiettivo è la qualificazione, subito, anche se Azelio Vicini dopo tanti .distinguo, dice di essere disposto ad accettare una sconfitta di misura e il collega jugoslavo Ivan Toplak parla di azzurri favoriti e di differenza reti davvero pesante. Per ottenere il biglietto per Mosca, all'Olimpica italiana basta un pareggio. E' l'ultima partito del girone e non esistono prove d'appello, ombre da riscattare alla prossima occasione. Se perdiamo, la qualificazione, nostra o della Jugoslavia, non dipende più da noi, è nelle mani degli avversari di oggi e dei gol che riusciranno a segnare il 2 aprile ad Antalya contro la Turchia. Sulla carta gli azzurri partono battuti, poco conto il ricordo di quanto successe a Roma nella partita d'andata, quando il pessimismo della vigilia fu smentito clamorosamente dalla gran prova e dalla vittoria sul campo. La Jugoslavia schiera oggi la sua Nazionale A, Quella che sabato scorso ha superato per 2-1 l'Uruguay a Sarajevo, con le sole varianti di Pesic e Repcic alle ali al posto di Petrovic e Susic. Repcic, dicono, è al momento il giocatore più in forma del campionato, dunque nel cambio Ivan Toplak non dovrebbe perderci. Gii azzurri affrontano l'impegno nella stessa formazione di Brescia (5-0 alla Turchia) fidando nella solidità del reparto difensivo, che finora tra Olimpica e Under 21 ha incassato un solo gol in nove partite, e nella scaltra rapidità del contropiede. Ieri Vicini ha sottoposto i suoi ragazzi all'ultima leggera seduta di preparazione, poi ha annunciato la formazione lasciando intendere che qualche cambio potrà avvenire nel corso della gara: «E' una partita da giocare in tredici», ha affermato il tecnico ridendo del doppiosenso e spiegando come la squadra dovrà stringere le marcature sema per questo chiudersi in difesa. Sliskovic e Ziasko Vujovic, ha ripetuto Vicini, sono i due uomini più pericolosi. Il primo è atleta di casa, del Velez Mostar, ed è un centrocampista d'attacco, il secondo (gemello di Zoran, il terzino) gioca come centravanti nell'Hajduk, la formazione che serve da ossatura alla Nazionale: oltre ai gemelli, anche Rozic, infatti, Cukrov e Primorac fanno parte della squadra di Spalato. Ieri mattina, poco prima che gli azzurri concludessero l'allenamento, Ivan Toplak, assistito (meglio, guidato) da quel grande gitano del calcio che risponde al nome di Miljan Miljanic, ha tenuto una breve conferenza stampa: frasi formali, parole di riconoscimento al valore azzurro, tanti elogi, ma anche ferma volontà di vittoria. «Non ci basta battere l'Italia, dobbiamo batterla segnando molti gol», ha detto tra l'altro Toplak riferendosi alla differenza reti ma nel contempo esprimendo lo stato d'animo di tutta la Jugoslavia sportiva. La partita è molto attesa, la qualificazione quasi indispensabile per il Paese alle Olimpiadi come un'occasione di riscatto dopo l'eliminazione dagli Europei. Altrimenti che senso avrebbe il riconoscimento di miglior nazionale europea della scorsa stagione? Alle potenti molle psicologiche degli jugoslavi fa riscontro una situazione piuttosto delicata nel clan azzurro. La triste vicenda delle scommesse, degli arresti, ha lasciato come un'ombra nel volto dei giovani di Vicini: Se uno ha un amico in galera, non può dimenticarselo neppure se sta in America», ha detto il responsabile tecnico, confermando l'inquietudine dell'ambiente. Per fortuna il clima qui è mite e la città è bella, Mostar fascinosa di minareti e bazar. Il terreno di gioco, dicono, è il migliore dell'intera Jugoslavia, soffice ed erboso, soltanto un poco allentato da piogge recenti. Può tenere 25 mila persone e sarà pieno zeppo malgrado la presenza massiccia di radio e televisione, italiane comprese. L'arbitro, infine, è l'austriaco Wohrer, che a Bratislava diresse Cecoslovacchia-Italia, 3-0 per i padroni di casa, ricordo poco felice: la speranza (ovvia ma fondata) è che non si ripeta il risultato. Carlo Coscia