Primarie: oggi l'appuntamento per Jimmy Carter è l'incognita della «lobby» ebraica di New York
Primarie: oggi l'appuntamento per Jimmy Carter è l'incognita della «lobby» ebraica di New York Dopo la vicenda del voto all'Oriu sugli insediamenti israeliani Primarie: oggi l'appuntamento per Jimmy Carter è l'incognita della «lobby» ebraica di New York DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Si svolgono oggi nello Stato di New York e nel Connecticut, le primarie più importanti della campagna elettorale, quelle die decideranno con ogni probabilità le candidature democratica e repubblicana alla presidenza. Ancora una volta, favoriti sono il presidente Carter e l'ex governatore della California, Reagan: ma i loro rivali, Kennedy da un lato e Bush e Anderson dall'altro, hanno già dichiarato che, anche in caso di sconfitta, non si ritireranno. Nel Connecticut sono in gioco 54 delegati democratici e 35 repubblicani ai Congressi dei partiti: nello Stato di New York ne sono in ballo 282 e 123 rispettivamente. Carter ha già il 30 per cento della delegazioni necessarie al Congresso democratico, Reagan il 20 per cento a quello repubblicano. Sono esse che nominano ufficialmente il candidato alla Casa Bianca. Tra i democratici, l'attenzione è concentrata sullo Stato di New York, considerato il termometro del Paese, per la sua sensibilità ai problemi economici e di politica estera. Il motivo è che si tratta di una specie di ultima spiaggia di Edward Kennedy. Da qualche settimana, il senatore ha messo a fuoco le contraddizioni della gestione carteriana, ma resta schiacciato dal ricordo di Chappaquiddick, l'isola dove undici anni fa annegò una giovane che lo accompagnava. Se egli non vincesse, o per lo meno non sfiorasse la vittoria, la sua candidatura perderebbe significato. Kennedy è convinto che la popolarità del Presidente crollerà tanto ra¬ pidamente quanto è cresciuta nei postumi dell'Iran e dell'Afghanistan. Ma sarebbe troppo tardi per lui, se ciò avvenisse dopo il Congresso del partito ad agosto. A favore del senatore, nello Stato di New York, v'è la rottura tra la lobby ebraica e Carter dopo il voto americane all'Onu contro gli insediamenti israeliani in Cisgiordania. La lobby ebraica è potente e numerosa e potrebbe decidere le sorti delle primarie. Invano Carter ha cercato di placarla, sconfessando il voto all'Onu: il segretario di Stato, Vance (a lui il presidente americano ha attribuito, l'*errore*), ha lasciato intendere che la politica americana è di accomodamento coi palestinesi, anche se a condizione che non ne venga compromessa la sicurezza di Israele. Mentre nel¬ la metropoli la rottura ha sensibilmente ridotto il divario Carter-Kennedy (la scorsa settimana era del 55 contro il 37 per cento, adesso è del 48 contro il 42 per cento), nello Stato ha avuto meno effetto. Secondo l'ultimo sondaggio d'opinione, il Presidente ha ben il 56 per cento dei voti contro il 36 del senatore. Tra i repubblicarii, l'attenzione è concentrata invece sul Connecticut, per una ragione diversa. Il Connecticut è lo Stato dove è nato l'ex direttore della da, Bush, e dove non è escluso che Ronald Reagan perda. Reagan può già contare sul successo nello Stato di New York, dove ha sempre avuto un largo seguito, ma se battesse Bush 'in casa» la sua nomina a candidato ufficiale repubblicano alta presidenza sarebbe certa al 100 per cento. e. c.
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