Ultimo rifugio l'amico Sadat di Igor Man

Ultimo rifugio l'amico Sadat OSSERVATORIO Ultimo rifugio l'amico Sadat La fuga in Egitto di Moti ammed Re za dimostra innanzitutto una cosa, a dispetto delle versioni di comodo, che se ne danno: e cioè come l'ex Scià non si sentisse più sicuro a Panama. Proprio il giorno della sua partenza, gli iraniani avrebbero dovuto presentare la documentazione dei crimini commessi da Re za Pahlavi durante il suo regno. Una documentazione rigorosa e agghiacciante, davanti alla quale, si sostiene a Teheran, «prima o poi» le autorità panamensi sarebbero state costrette •a prender posizione.'. Porse non sarebbe stata concessa l'estradizione, tuttavia l'ex .re dei re» avrebbe visto compromesso pericolosamente il suo soggiorno nell'isola di Contadora. Da qui la fuga. Al Cairo sarà più difficile che lo raggiunga la «vendetta islamica», nell'ospedale di Meadi potranno, poi, operarlo medici americani e fors'anche israeliani. Se sopravviverà — com'è probabile — all'intervento chirurgico, il suo soggiorno in Egitto diverrà «permanente*. Lo ha detto il presidente Sadat, che si è recato, con la moglie, ad accogliere all'aeroporto i Palliavi. Ma la fuga in Egitto, aldilà del caso personale dell'ex Scià, è destinata ad avere conseguenze di carattere politico e, diremo, pratico. Cerchiamo di delineare le più importanti. Non v'è dubbio che Sadat, accogliendo l'ingombrante ospite, abbia ceduto ad uno dei suoi tipici impulsi di generosità. Accolse il monarca caduto nei primi giorni dell'esilio, più volte ha rinnovato l'offerta di ospitarlo: «Io non dimentico gli amici e, poi, Khomeini è un pazzo, un fanatico che strumentalizza l'Islam per una politica di sangue, di vendetta e di arbitrio — dichiarò Sadat all'Assemblea del popolo, il 28 gennaio — Khomeini è la vergogna dell'Islam». Ma è presumibile come, accogliendo Mohammed Reza, Sadat abbia anche pensato di fare un grosso favore al suo .amico Jimmy» Che abbia reso un favore agli Stati Uniti rimane da vedere: la fuga di Reza Pahlavi rischia infatti di pregiudicare la sorte dei 50 ostaggi americani. Proprio ieri, a Roma, dove ha fatto sosta nel suo viaggio per Tripoli, l'ayatollah Khalkali — «l'anima dura di Khomeini», eletto deputato al primo turno nella città santa di Qom, mi ha detto: .Dopo la formazione del Parlamento, gli ostaggi puliti verranno presumibilmente rilasciati, gli altri finiranno in prigione per essere processati. Mi auguro che ci siano dr""."ssolu- zioni, però E' labile, per citare sempre rLialkali, che «il criminale (lo Scià) finisca nel cestino della storta», ma prima che ciò avvenga non è improbabile che gli ostaggi paghino un prezzo duro per la sua fuga. E veniamo a Sadat. Piuttosto che la reazione violenta e spettacolare degli' iraniani, egli dovrà temere quella, più concreta, degli altri Paesi islamici. Già isolato dal resto del mondo arabo, da oggi l'Egitto rischia di ritrovarsi ancora più solo. Sul fronte interno. Infine, 1 pericoli non sono pochi. Recentemente il giornale dei «Fratelli musulmani» definiva Khomeini «un grande Iman», e accusava il •sanguinario Reza» di aver fornito petrolio a Israele: «Gli amici del criminale sono i nemici d'ogni buon musulmano, d'ogni patriota». La fuga in Egitto, come si vede, rischia di allargare l'esplosivo «arco della crisi». Igor Man Sadat: un'ospitalità che accresce la solitudine