Soliva con «La testa di bronzo» pensava a Mozart e a Napoleone di Massimo Mila

Soliva con «La testa di bronzo» pensava a Mozart e a Napoleone ALLA PICCOLA SCALA L'OPERA CHE PIACQUE A STENDHAL Soliva con «La testa di bronzo» pensava a Mozart e a Napoleone DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — In uno degli ultimi volumi dei Quaderni di conversazione di Beetho-. ven che si vengono pubblicando regolarmente nella Germania orientale si vede comparire nel suo ambiente, a Vienna, intorno al 1824, un musicista di Casale, certo Carlo Evasio Soliva, che gli dedica un Trio strumentale e ne riceve il contraccambio d'un piccolo canone a lui dedicato. Nel darne notizia in un articolo auspicavo che qualcuno provasse a saggiare la musica di questo piemontese giramondo che a Varsavia insegnava canto nel Conservatorio e dirigeva l'orchestra alla prima del Concerto in mi minore di Chopin, a Pietroburgo dedicava un altro Trio all'imperatore Alessandro, a Parigi bazzicava con George Sand e veniva poi sepolto al Pére Lachaise di fronte alla tomba di Bellini. Sono stato ampiamente esaudito: la prima delle cinque opere teatrali di Soliva, La testa di bronzo, che per caso fu la prima opera ascoltata da Stendhal in Italia, viene ora rappresentata alla Piccola Scala, nella revisione critica condotta da Giampiero Tintori sul manoscritto conservato nella biblioteca del Conservatorio, nel quadro del XIV Congresso Internazionale Stendhaliano e delle celebrazioni su Stendhal a Milano, in occasione dell'apertura al pubblico del Fondo stendhaliano Bucci, donato dalla Banca Commerciale alla Biblioteca Comunale. Cos'è questa Testa di bronzo, «melodramma eroicomico in due atti> su libretto del giovane Felice Romani non ancora assurto alla gloria della collaborazione con Bellini, ma già apprezzato per l'originale libretto del Turco in Italia rossiniano?Si inserisce, o per lo meno si accosta al genere del RettungsstUck. o commedia di salvataggio, alimentato dalle vicende romanzesche abbattutesi su molti cittadini durante gli agitati cambiamenti prodotti dalla Rivoluzione francese, dalle guerre napoleoniche e dalla Restaurazione. Il genere del Pidelio, il genere di certi lavori di Cherubini come Lodoiska e, soprattutto. Il portatore d'acqua. Una certa aura di nostalgia bonapartista circolava intorno a questo costume teatrale: il dramma francese da cui Romani trasse il soggetto era di un certo Hapdé, che in un altro lavoro, L'homme du desini, aveva messo Napoleone sulla scena. E Soliva, vedi caso, nel 1832 battezzerà Napoleone il terzo dei suoi figli. Stendhal, sbarcato a Milano da Monaco il 4 novembre 1816 e precipitatosi immediatamente alla Scala, non poteva capitare meglio! Ammirò la «vita drammatira, dell'opera dì Soliva, cui riconosceva scarsa virtù di canto, ma abilità nei pezzi d'insieme e nei recitativi «La sua musica è la più ferma, la più infiammata, la più drammatica che io abbia mai sentito. Non c'è un momento di languore». Stendhal aveva l'entusiasmo facile. Ma giustamente continuava: «E' un uomo di genio o un semplice plagiario? Da poco si son date a Milano, in rapida successione, due o tre opere di Mozart, e la musica di Solliva ricorda Mozart in ogni istante. E' un centone ben fatto? E' un'opera di genio?.. // seguito dei fatti avrebbe avverato la seconda ipotesi che le ulteriori quattro opere, di Soliva ebbero sempre minor successo, ed egli finì per abbandonare il teatro, riservandosi alla musica strumentale e sacra. Ma La testa di bronzo è un'opera graziosa e godibile. Il fondo mozartiano è evidentissimo nel personaggio di Tollo, il buon servo sciocco, che echeggia ad un tempo Leporello e il giardiniere Antonio, e nei concertati, nelle scariche orchestrali del temporale, reminiscenti della terribilità dongiovannesca, ma non resta allo stato di inerte epigonismo. e si colora d'una tinta nuova attraverso la maturazione orchestrale di Cherubini e Mayr e la vivacità di taglio scenico del giovane Rossini Questo gradevole spettacolo, applaudito da una fitta platea di stendhaliani illustri è soltanto ospitato dalla Piccola Scala, anche se il gran teatro milanese fornisce le forze vocali dal vivaio del suo Centro di perfezionamento per artisti lirici Ma l'orchestra è quella de «/ Cnmeristi di Torino; del tutto nuova a cimenti teatrali come il suo giovane direttore Evelino Pidò: pur con qualche scompenso nell'acustica insidiosa della Piccola Scala se la sono cavata brillantemente. In scena si sono distinti in modo particolare il soprano Adelina Scarabelli e il simpatico Simone Alaimo nella parte del servo sciocco. Ma tutti — Elia Padovan, Ernesto Gavazzi Giorgio Surian, Pietro Ballo e Cathryn Asman — hanno contribuito utilmente al successo, e cosi il coro della Polifonica Ambrosiana diretto da Vincenzo Scalerà. Assennata e accortamente adattata alle misure del palcoscenico la regia di Virginia Westlahe e Mattia Testi Belli i costumi e sufficienti le scene, la cui semplicità consentirebbe facilmente l'esportazione dello spettacolo anche su scene di fortuna. L'impianto scenico è di Antonella Plenzio e Flavio Erbetta; direttore dell'allestimento Giorgio Cristini. Lo spettacolo è stato preceduto da un minuto di raccoglimento in memoria del professor Guido Galli, barbaramente assassinato poche ore prima nel cortile dell'Università. Massimo Mila