Le nostre modelle sono in crisi «Troppe straniere in passerella»
Le nostre modelle sono in crisi «Troppe straniere in passerella» Milano: i carabinieri indagano ai defilé di moda Le nostre modelle sono in crisi «Troppe straniere in passerella» Un esposto ha fatto scattare le indagini sulle mannequins d'importazione: hanno il permesso di lavoro? Pagano il dovuto all'erario? - Qualcuna guadagna anche un milione e mezzo al giorno - Viaggiano continuamente in tutto il mondo MILANO — La grande kermesse della moda pronta è percorsa dal brivido del proibito. Fra gli stilisti variopinti (in qualche caso dal gestire un po' eccessivo), le giornaliste specializzate all'ultimo grido della moda, quelli che non si sa che cosa facciano, ma sono sempre presenti e paiono vestire con il preciso scopo di dare nell'occhio, le Indossatrici riconoscibili a dieci metri di distanza, tra la folla, da un paio di giorni ci sono anche, alternati, poliziotti e carabinieri. Sono venuti a controllare la fondatezza di una serie di Ipotesi di reato avanzate in un esposto sottoscritto da alcune tra le più qualificate mannequins italiane. Per fare questo hanno «rastrellato», con cortesia, le indossatrici straniere e le hanno sottoposte a brevi interrogatori. I primi ad intervenire sono stati i carabinieri in servizio presso l'Ispettorato del Lavoro seguiti da agenti e sottufficiali dell'ufficio stranieri della questura. Prima di tutto le accuse: ci sarebbero agenzie semiclandestine che reclutano modelle all'estero togliendo di fatto alle loro colleghe italiane la possibilità di lavorare. In più — aggiunge chi fa le proprie rimostranze all'autorità costituita — «chi ci dice che queste agenzie con la scusa di pagare cittadini stranieri non facciano esportazione di valuta?'. Senza contare la questione fiscale. Di qui l'avvio dell'operazione. In sordina — doveva essere — ma l'ambiente ha funzionato come cassa di risonanza Ma queste accuse sono poi fondate? Le agenzie: parla Riccardo Oay, titolare di una delle più quotate in Europa: •Rispondono a uno scopo ben preciso — spiega —. Le case presentano i modelli qui, a New York come a Tokyo, e vogliono che a indossare i loro capi siano sempre le stesse ragazze. In secondo luogo disporre di indossatrici straniere è un fatto di prestigio per lo stilista nei confronti del compratore. In terzo luogo in Italia ci sono delle bravissime' mannequins, ma non abbastanza per la domanda'. Il colloquio è interrotto ogni tre minuti dalle indossatrici reclutate da Gay che devono presentarsi a chiarire la loro posizione. E l'accusa di esportazione di capitali? Risponde Armando Branchini, segretario generale dell'Associazione italiana dell'industria dell'abbigliamento: 'Forse era così in passato, ma non oggi. Le aziende hanno tutto l'interesse a dichiarare quanto costa¬ no le modelle e le sfilate: sono 'spese detraibili dalle tasse...'. Ma allora perché questa denuncia? 'Colleghe invidiose', confida uno che sa tutto. Ma c'è chi è più preciso. 'Non più di sette indossatrici italiane che monopolizzano il settore da anni e di fatto hanno impedito il sorgere di una generazione dopo la loro. Adesso sono sopra i trenta e cominciano a perdere qualche colpo...: Di vero c'è comunque che quasi tutte le modelle non potrebbero lavorare in Italia perché hanno solo il visto turistico. Per essere in regola, prima di venire nel nostro Paese dovrebbero ottenere dal consolato italiano della città di loro residenza un 'Visto affari'. I guadagni? Ci sono tre fasce di retribuzione lorda, Iva (20 per cento per le straniere) compresa: 600 mila, 450 e 300 a seconda del livello professionale e anche nella prima categoria ci sono italiane. La cifra ai intende per ogni collezione, il che, in giorni normali, vuol dire un milione e mezzo al di con il quale, però, la ragazza deve pagarsi vitto, alloggio, vestire e viaggi. All'anno una modella, si dice, può lavorare anche 150 giorni m. L
Persone citate: Armando Branchini, Riccardo Oay
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