Tess di Polanski: quasi uno sceneggiato tv tanti sentimenti, poche «scene madri» di Stefano Reggiani

Tess di Polanski: quasi uno sceneggiato tv tanti sentimenti, poche «scene madri» LE PRIME VISIONI SUGLI SCHERMI DEL CINEMA Tess di Polanski: quasi uno sceneggiato tv tanti sentimenti, poche «scene madri» «Tess» dì Roman Polanski,' con Nastassia Kinski, Peter Firth, Leìgh Lawson. Produzione francese a colori. Genere: sentimentale. Giudizio: da vedere. Cinema Gioiello e Centrale. Sola con i suoi sentimenti (la misteriosa grandezza e il peso dei suoi sentimenti), sola contro i fatti che la inseguono come un'invisibile persecuzione, Tess ci appare sullo sfondo della campagna inglese nelle vesti simboliche di una camminati-Ice, di una vagabonda che va incontro alla sua fine. Agli inizi, con l'abito bianco dei balli da adolescente; in, mezzo, con gli stracci della' miseria; in fondo, con l'eie-; ganza della condannata. Il regista Polanski ha preso per la sua dichiarata celebrazione dei •sentimenti fondamentali», il romanzo di Thomas Hardy «Tess dei d'Ubervilles» (1891) e l'ha voltato alle sue esigenze, perfino mutando il cognome In d'Urberville. Nel film, Tess è provocatoriamente mutilata dei fatti, tutte le scene madri sono state tagliate o nascoste, come se il sentimento fosse una linea continua, un fiume in piena di cui non si devono vedere gli affluenti, uno stato dell'esistenza. Non è stata una scelta capricciosa da parte di Polanski, ma rischiosa, poiché gli si addicono più i fatti che la vibrazione della loro assenza. Egli ha messo nell'accumulazione dei dettagli e degli sfondi una cura che voleva essere pietosa, e nella pietà una leggerezza discreta che voleva essere emozione. Non per nulla il film è dedicato a Sharon Tate, la moglie di Polanski uccisa dai fanatici di Manson (e Sharon fu la prima a parlare di Tess al regista). Tuttavia, proprio le frasi lunghe e la minuzia sul particolari minacciano la compattezza del film e ne allentano la tensione, che ha gli andamenti alterni di un cospicuo sceneggiato televisivo. Per cogliere il frutto controverso dello sforzo bisogna attendere fino all'ultima sequenza quando la condanna a morte di Tess viene annunciata implicitamente nell'enfasi del tempio preistorico di Stonehenge con le sue pietre sacrificali (eternità dei sacrifici femminili). Tess ha avuto la sfortuna del cognome. Di famiglia poverissima ha scoperto di avere ascendenti nobili. Viene spinta a conquistare un diverso gradino sociale, in realtà a subire nuovi soprusi. Se dotta e messa incinta dal fui' to parente Alee, torna alla stamberga dei suoi in tempo per mettere al mondo un bambino e vederlo morire di stenti. Il parroco non conce derà la sepoltura in terra con sacrata. Tess va a fare la mungitrice in una fattoria e s'innamora di Angel, figlio di un pastore, che s'impratichisce del lavoro contadino. E' un amore ricambiato, ma solo la sera delle nozze Tess ha il coraggio di rivelare il suo passato. Viene abbandonata da Angel che emigra in Brasile. Accerchiata dalla disperazione e dalla miseria di madre e sorelle (intanto è rimasta orfana di padre), Tess cede ad Alee, il seduttore, che ne fa la sua mantenuta dignitosamente vitrea. Quando Angel pentito torna, Tess capisce che ricominciare sarà impossibile; ma in un lampo d'odio e di liberazione uccide Alee. Passerà fuggitiva con Angel le uniche notti serene della sua esistenza perseguitata, prima che i gendarmi la raggiungano. Scostata la congiura odiosa dei fatti, resta in primo piano Tess, con la pesante innocenza dei suol sentimenti. Noi non troviamo che Nastassia Kinski sia cosi inadeguata al ruolo, anzi. Vi porta un broncio inalterato di bambina ferita che sta nella parte. Si fa il confronto con l'attri ce che più le somiglia, la Bergman da giovane, per dire che la Bergman era ben altrimenti espressiva. Magari no, la Bergman da giovane era, anche lei, un garbato manichino, con un sorriso sterile (si vada a rivedere Casablanca). Meglio lasciare la Kinski senza paragoni e prenderla fragile com'è, col carico e il ricatto dei sentimenti che Polanski ha riscoperto, in sintonia coi tempi. ,j ... Il inatto Di e con Franco Giornelli. Con Fausta Avelli, Michele Marioli, Giovanna Savoretti, Lucia Remetti. Produzione italiana a colori Genere: favola. Giudizio: non classificato. Cinema Arco. Nelle campagne di Norcia, abita un matto, cioè un uomo selvatico che ha imparato a vivere solo, dopo aver visto da' ragazzo i suoi parenti uccisi dai nazisti in fuga. E' inoffensivo, ma fa paura ai bambini.: Due fratelli, una bambina di: undici anni e un maschietto: di otto, decidono che col matto si può fare amicizia. Chiacchiere e passeggiate nei campi, finché il matto scende in paese per il compleanno della sua piccola amica, ma farà la fine di un principe della favola, bruciato nel castello. L'Istituto Luce, l'ente pubblico che ha prodotto il film e che è preposto alla cinematografia per bambini, fa bene a( offrire fiducia ai registi esordienti. Ma dovrebbe esserei più severo nell'esame del .soggetto e della sceneggiatura e tenere al proprio nome di finanziatore statale. Non bastano le buone intenzioni e le 'immagini generose a fare un jfilm per i giovanissimi, né le» Ifiabe ecologiche per richiamare gli adulti. // matto chiede la solidarietà che va alle opere prime, ma potrebbe confermare il sospetto, anche presso gli spetjtatori più indulgenti, di un istituto Luce rinchiuso nella prigione delle astrazioni poetiche e dei finanziamenti casuali o di favore. Stefano Reggiani Nastassia Kinski nel costume della Tess di Polanski

Luoghi citati: Alee, Brasile