Aumenta la tensione tra Egitto e Israele sul problema dell'autonomia palestinese di Giorgio Romano

Aumenta la tensione tra Egitto e Israele sul problema dell'autonomia palestinese Clima più difficile col nuovo ministro israeliano Shamir Aumenta la tensione tra Egitto e Israele sul problema dell'autonomia palestinese NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE TEL AVIV — In aperta polemica con 11 presidente egiziano Sadat, 11 primo ministro israeliano Begin ha negato ieri che la data del 26 maggio possa esser considerata una scadenza invalicabile per la conclusione dei finora scarsamente produttivi negoziati sull'autonomia palestinese. In un discorso pronunciato nella cittadina di Maalot, Begin ha detto che Israele è favorevole a intensificare colloqui nel periodo di tempo ancora restante prima della data a suo tempo concordata per la loro conclusione, ma ha aggiunto che anche se le trattive dovessero prolungarsi non sarebbe grave. Intanto l'ambasciatore egiziano Sa'ad Mortad (che domenica aveva visitato il kibbntz Lehavot Habashan, in Galilea) è stato ricevuto lunedi per la prima volta dal neo ministro degli Esteri Itzhak Shamir, con il quale ha avuto un colloquio sui problemi dell'autonomia, degli insediamenti e di Gerusalemme. In particolare ha sottolineato che II Cairo si oppone alla politica del governo israeliano che costituisce, a suo avviso, un ostacolo sulla via della pace. I negoziati per l'autonomia dovrebbero riprendere la settimana prossima al Cairo con la partecipazione di Shamir che — contrariamente al suo predecessore Dayan — intende parteciparvi in modo attivo e, secondo qualche osservatore, potrebbe anche prendere il posto di Burg a capo della Commissione israeliana. II governo di Gerusalemme ora vorrebbe accelerare il ritmo delle trattative in vista dell'avvicinarsi della data del 26 maggio, mentre l'Egitto in una serie di note polemiche ha fatto notare negli ultimi giorni che quello che soprattutto conta è la volontà politica di trovare una soluzione concreta, volontà che non ritiene abbiano gli israeliani. Gerusalemme ha chiesto che 1 colloqui si svolgano al ritmo di due o tre incontri alla setti¬ mana; nella capitale israeliana si accusano l'Egitto e gli Stati Uniti di rallentare 11 ritmo delle trattative; il Cairo e Washington volevano che le sottocommissioni si occupassero dei problemi essenziali e in particolare il Cairo chiedeva che una di queste sottocommissioni si occupasse dei problemi della sicurezza: al che Israele si è opposto fermamente. Quanto alla prossima riunione a livello ministeriale, non si sa ancora se si terrà il 20 marzo, come previsto: se ci sarà, segnerà l'esordio di Shamir che non è mai stato al Cairo e la cui nomina non è stata accolta con favore dagli egiziani (tra l'altro per essersi astenuto nella votazione sugli accordi di Camp David). Dalla capitale egiziana si apprende che i diplomatici dell'ambasciata di Israele hanno difficoltà di inserimento: il primo ministro Mustaf a Khalil non ha ancora ricevuto l'ambasciatore Eliahu Ben Elissar, che qualche giorno fa in una riunione organizzata da un settimanale si è visto boicottato da tutti 1 giornalisti egiziani, mentre un grande quotidiano del Cairo ha rifiutato di intervistarlo. Ieri il ministro degli Esteri egiziano Butros Ghali ha dichiarato al giornale cairota Al Siyasi, in una intervista piuttosto dura, che l'Egitto usa la normalizzazione come arma per esercitare pressioni su Israele e sulla sua opinione pubblica, e che opera in tal senso anche presso l'opinione pubblica americana. Domenica il governo di Ge rusalemme ha evitato una crisi, accettando le rivendicazioni degli insegnanti, che avrebbero comportato, se non accolte, le dimissioni del ministro dell'Educazione. La crisi con la conseguente possibilità di elezioni anticipate è stata rimandata ma non può considerarsi esclusa. Il capo dell'opposizione parlamentare, il la boriata Shlmon Peres, ha rivelato ieri mattina in una conferenza stampa che cinque o sei deputati della coalizione governativa pensano seriamente (e alcuni lo hanno dichiarato in pubblico) di abbandonarla, a causa del deterioramento della situazione. Peres si è mostrato cautamente ottimista sulle possibilità dei laboristl nell'ora attuale, anche alla luce del recentissimo sondaggio di opinioni che attribuirebbe, in casi di elezioni, ai laboristi 62 mandati sui 120 deputati della Keneseth e solo 25 al Likud: Sono elementi che non debbono portare a conclusioni frettolose, ma che sono indice di un considerevole mutamento nell'opinione pubblica dei Paese. Giorgio Romano