Così si veglia nel «ponte di comando» dove si lotta per sconfiggere la morte di Claudio Giacchino

Così si veglia nel «ponte di comando» dove si lotta per sconfiggere la morte Un cronista nella notte con medici ed infermiere di un'Unità coronarica alle Molinette Così si veglia nel «ponte di comando» dove si lotta per sconfiggere la morte Un monitor spia attimo per attimo i cuori dei malati, la minima variazione nei segnali fa scattare l'allarme Tutto tranquillo fino alle quattro, poi un paziente scivola nel coma - Per due volte è stato salvato «in extremis» Ida è una veterana dell'unità coronarica della divisione di cardiologia diretta dal prof. Pier Federico Angelino al pianterreno delle Molinette. Tiziana, invece, è una novizia, è alla sua prima notte in questo reparto di terapia intensiva. Ida e Tiziana sono infermiere, il loro turno è cominciato alle 23: fino alle 7 dovranno vegliare su cinque malati gravi: una veglia che non concederà rilassatezze. L'unità coronarica è ricavata da una sala, neppure troppo grande, affogata nella semioscurità. Sei 1 letti: il primo infartuato che giungerà alle Molinette andrà ad occupare quello libero. Diviso da una vetrata, a fianco dell'ingresso, un augusto box: il ponte di comando per 1 custodi dell'unità coronarica. C'è uno schermo attraversato senza sosta da punti luminosi verdi che disegnano diagrammi. I diagrammi indicano il comportamento, istante per Istante, del cuore di ciascun paziente. «Cosi — spiega Ida — ci si accorge subito, alla minima variazione delle oscillazioni se c'è qualcosa che' non va» Sono le 3, la notte scorre tran-' quilla, per le due infermiere e il dottor Marco De Marchi, medico di guardia, finora non ci sono stati patemi, «/eri invece — racconta Ida — è stato un inferno, non un attimo di pace. Due ricoverati stavano male, inoltre c'era un continuo concerto di campanelli». I degenti delle camerate che per un motivo o per l'altro chiamavano l'infermiera Anna ed 11 suo collega Nino, che adesso siedono tranquilli nella guardiola al centro del lungo corridoio. Stanotte anche per loro sembra filare tutto liscio, i 36 pazienti dormono placidi. Il silenzio regna sovrano, ma una tensione sotterranea vela gesti e parole del dottor De Marchi, di Ida e Tiziana. In questo reparto, più che in altri, la morte nasconde insidie e com¬ pie aggressioni traditrici, proibito farsi cogliere impreparati o indecisi. Si chiacchiera di che cos'è 11 lavoro In una divisione di cardiologia, medico ed infermiere non indulgono mai alla distrazione, 1 loro occhi corrono con frequenza quasi cronometrica allo schermo. Un diagramma muta d'improvviso andamento, gela subito 11 discorso, crea suspense: tutti guardiamo nel monitor a lungo, 11 dottore scambia mor- morii di preoccupazione con Ida, va a controllare 11 malato, gli fa somministrare un farmaco. Poi torna a interrogare il monitor, 11 punto luminoso verde riprende a tratteggiare una linea meno frastagliata, 1 custodi dell'unità coronarica tirano un sospiro di sollievo. Però, anche se tutto sembra essere di nuovo «okay», non possono mal starsene inoperosi. Un clic soffocato percepibile soltanto da un orecchio ultrallenato, avverte Tiziana che una flebo è finita, che bisogna sostituirla. L'uomo nel letto accanto alla finestra si agita e respira sordamente; Ida si avvicina a vedere. De Marchi scompare nella camerata vicina, dove un malato a poco a poco si sta spegnendo. Un affacendarsl felpato e quasi privo di pause; Ida e Tiziana ribadiscono che questa è «routine», che la veglia è normale, magari fossero tutte cosi Entrambe sono entusiaste del lavoro, Ida, addirittura, nove anni fa ripudiò un tranquillo impiego per fare l'infermiera. «Qui hai dette soddisfazioni, sei a contatto con la gente — osserva — ti senti utile». Tiziana ha 6 anni di esperienza, a lungo è stata a neurochirurgia. -Là si ha a che fare con casi disperati, con malati in coma profondo. Si lavora in un silenzio terribile, è un ambiente irreale: alla lunga rischi di non capire più se stai assistendo delle persone o delle macchine. Ricordo di sventurati che hanno languito per mesi in completa incoscienza prima di morire. Inoltre, a forza di accudire ricoverati che poi muoiono sempre ti cresce dentro un grande senso di inutilità, di impotenza». Le 4: la morte torna ad aleggiare sull'unità coronarica. Il paziente del Ietto 9 si sente male, rantola, cupi echi vestono 11 silenzio. La semioscurità della sali» è mitigata dalla lampada posta sulla testiera del letto, Ida e Tiziana tirano 1 paraventi mobili, isolano in parte 11 triste spettacolo alla vista degli altri degenti. La donna che occupa 11 letto di fronte si sveglia, solleva 11 capo, guarda fuggevolmente l'affacendarsl frenetico di De Marchi e delle infermiere attorno al malato che rantola e si divincola facendo tintinnare le bocce delle fleboclisi. La situazione è disperata, accorre a dare una mano anche l'infermiera del corridoio, Anna. n cono di luce Illumina un balletto spettrale: 11 medico pratica il massaggio cardiaco, il corpo nudo dell'uomo si solleva e s'abbatte rumorosamente sul materasso, i rantoli crescono d'intensità; Ida e Tiziana si danno da fare muovendosi esperte tra il labirinto di tubicini delle flebo, con V.Arnbu», 11 palloncino per la ventilazione, alutano 11 mala-, to a respirare; Anna prepara l'apparecchio defibrillatore. E' una lotta sul filo del secondi. De Marchi mormora ordini telegrafici, il sincronismo perfetto delle infermiere asseconda 1 suoi gesti rapidi, a poco a poco il malato scivola fuori dall'agonia. E' passata mezz'ora, la morte è stata allontanata. La lampada è spenta, nella sala torna la quiete. A turno le infermiere vanno a prenderei un caffè in cucina. Tiziana non ha però il tempo di berlo, 11 malato è di nuovo sull'orlo della vita. Il rantolo è ancora più tremendo, 1' due vicini di letto si svegliano, preferiscono comunque non interessarsi troppo, si sforzano di riprendere sonno. ' Ancora una volta 1 custodi dell'unità coronarica riescono a scacciare la morte. «Però — sussurra Ida — temo che questo malato non lo rivedrò più domani». I due pazienti che la notte prima avevano fatto dannare, se ne sono andati, quasi contemporaneamente, tre ore dopo che Ida era smontata. Che effetto fa non ritrovare più un ricoverato? -Dà sempre dispiacere, un senso di vuoto» replica l'infermiera. Le 6; suona la sveglia per tutta la divisione, nel corridoio compaiono le prime vestaglie, L'ultima ora della veglia è intensa per le infermiere: bisogna fare i prelievi, prendere la temperatura, servire le colazioni, ricambiare flebo e padelle, dare le medicine. 'Eppure, il nostro ( un mestiere bellissimo — commenta Tiziana —. L'unico lata 'brutto, lo stipendio'. Stipendio da fame: nemmeno 470 mila lire. Claudio Giacchino

Persone citate: De Marchi, Ietto, Marco De Marchi, Pier Federico Angelino