I bambini non bastano più

I bambini non bastano più L'ITALIA, MENO PROLIFICA, DIVENTA UN PAESE DI ANZIANI I bambini non bastano più Nel '79 ne sono nati 600 mila: tra il '61 e il '71 la media annuale era di 900 mila - Nell'83 saremo a crescita zero - Il 30 per cento già supera i 65 anni - Nessun vantaggio ecologico e nuovi problemi sociali Con 1 milione 200 mila giovani in attesa di impiego, abbiamo 500 mila lavoratori di Asia e Africa DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ROMA — / nati diminuiscono a precipizio: 600 mila nel 1979 contro la media di ZSS^- re i morti in 35 province italiane. La popolazione sta diminuendo in tutta l'Italia centro-settentrionale, anche in seguito al forte rallentamento dell'immigrazione dal\ Sud. L'indice di natalità nel Mezzogiorno è inferiore a quello degli Stati Uniti. Fra tre anni, se la tendenza rimane immutata, raggiungeremo la «crescita demografica zero- e nel 1985 la popolazione complessiva comincerà a diminuire. Crollano vecchi miti e pregiudizi, si sfascia una letteratura critico-ironica fondata sul tema della irresponsabile •superprollficità* degli ita-' liani, in particolare dei meridionali. A Napoli è in vendita da tempo, sulle bancarelle, il «paiolo cinese* fatto per t maschi, importato via Hong Kong. Attraverso dispariti e contraddizioni (soltanto 6 donne su 100 prenderebbero la pillola) dilaga il controllo delle nascite, capovolgendo le previsioni dei demografi •pessimisti: Andiamo verso la soluzione di ogni problema? Ritroveremo benessere e equilibrio quando l'Italia non avrà più crescita demografica? Era il sogno dei neomalthusiani che in un passato piuttosto vicino tuonavano contro l «400 mila bambini di troppo ogni anno» e chiedevano misure legislative *denataliste*, con larga diffusione dei me¬ todi anticoncezionali. Oggi i neomalthusiani devono restringere il loro campo di, azione al Mezzogiorno, che però sta allineandosi sveltamente col Centro-Nord, punteggiato dalle 35 province in, cui i morti prevalgono sui nati (la Liguria ha un 'deficit* di 8000 bambini l'anno). L'indice di natalità a Napoli, 18 per mille, sembra altissimo se paragonato al 7 per mille di Trieste, ma supera di poco quello degli Stati Uniti. In passato era 37 per mille. Mi dice Nora Federici, una delle massime autorità nel campo degli studi demografici: «Nel Sud c'è ancora un notevole margine per' la riduzione della natalità. SI può dunque prevedere che il fenomeno continui. Impossibile dire con quali ritmi». • L'Italia sommersa nasconde un fenomeno parallelo alla diminuzione delle nascite: l'immigrazione dall'Africa e anche dall'Asia. «I lavoratori di colore sono oggi più di 350 mila, forse 500 mila — mi dice Diego De Castro —. I nostri emigrati all'estero ritornano,, i giovani in cerca di lavoro non emigrano più. E' prevedibile che in futuro la mano d'opera non sia più sufficiente, In un Paese abitato prevalentemente da anziani. Già oggi il 13 per cento della popolazione ha più di 65 anni di età». Nel 1861, data del primo censimento, si contavano cinque giovani e mezzo per ogni anziano: oggi il rapporto è di uno e mezzo a uno. Il prossimo raggiungimento del fatidico -Zpg., 'Zero population growth* o 'Crescita demografica zero*, non fa .esultare i demografi e gli ecologi che ne vedono i risvolti negativi. Sentiamo ancora Nora Federici: «Le conseguenze' di ordine sociale e economico saranno pesanti. Anzituto aumenterà il carico pensionistico, dovuto alla necessità di mantenere una 'larghissima parte di popolazione non più in età di lavoro. Quale sarà il costo non possiamo dirlo, perché in Italia mancano studi approfonditi. In Francia sono stati fatti calcoli precisi, con risultati allarmanti». Un calcolo approssimato del carico pensionistico prevedibile quando l'intera po-' polazione sarà in declino, porta a cifre che superano il totale della spesa pubblica nel 1979, tenendo conto deli l'enorme richiesta di assistenza sociale. Se spostiamo l'indagine in una grande area metropolitana del Nord, quella milanese, troviamo i primi segni di mutamento nella politica dei Comuni, come conseguenza di una diversa domanda sociale. «Aumentano gli stanziamenti per i servizi agli anziani, diminuiscono quelli per i giovani, diminuisce la popolazione scolastica. In alcuni asili la domanda è calata del 28 per cento», mi dice Virginio Bettini, docente di ecologia all'Università di Venezia, capofila della scuola di Barry Commoner in Italia. Gli sprechi Bettini lavora da alcuni anni allo studio ambientale della cintura milanese, in particolare di Corsico, tipica area di esplosione demografica negli Anni Cinquanta e Sessanta. «I fondi che un tempo venivano spesi per aree verdi attrezzate e campi da gioco oggi sono dirottati all'assistenza degli anziani. Nascono nuove esigenze, come le colonie invernali in Riviera per i pensionati». Secondo Bettini lo 'Sviluppo demografico zero* non porterà i benefici sperati dai neomalthusiani, neppure sul piano ecologico. «Contrariamente a quanto sostengono 1 seguaci Italiani di Erlich (la cosiddetta destra ecologica), l'impatto ambientale non è dovuto alla densità della popolazione. Gli Inquinamenti, come il dissesto del territorio, sono dovuti al modo di produrre, ai consumi di un certo tipo, all'uso della tecnologia. Se continueremo, per fare alcuni esempi, a sprecare petrolio per il riscaldamento, a buttar via i sacchetti di plastica anziché riciclarli, a usare fertilizzanti chimici, a lottizzare coste e Alpi, lo sviluppo demografico zero non migliorerà la situazione dell'ambiente in Italia». La conferma viene da alcune regioni con densità demo¬ grafica molto bassa, come la Sardegna (un terzo della media nazionale) che aspetta da' venfanni la sua rinascita economica, evidentemente condizionata da scelte politiche e capacità imprenditoriali più che dal numero degli abitanti. Non vivono felicemente le regioni del Sud dissanguate dall'emigrazione e molto meno popolose di quanto dicano i luoghi comuni. 1165 per cento degli italiani si addensa nel CentroNord; soltanto la Campania ha una densità demografica superiore a quella della Lombardia e della Liguria; quella della Calabria è di gran lunga inferiore alla media nazionale. In questa fase evolutiva, al Mezzogiorno resterà per qualche anno il compito di rinsanguare il CentroNord, accentuando la •meridionalizzazione* dell'italiano medio fino a quando lo 'Zpg* sarà arrivato anche a Napoli e in Sicilia. La pillola Dovremmo cambiare rotta, non per motivi razziali ma economici? Puntare alla media di due figli per coppia, al fine di assicurare il ricambio naturale? Tra i demografi! Nova Federici ha una posizione equilibrata: «Non credo che si arrivi in futuro a misure per scoraggiare il decremento demografico o addirittura per favorire l'aumen-, to della natalità. Tutti 1 Paesi industrializzati accettano una popolazione stazionaria e invecchiata, pur con tutti i suoi pesi e costi». In Svezia l'indice di vecchiaia, calcolato attraverso complessi rapporti, è del 64 per cento; in Inghilterra del 54 per cento; in Francia del 56,5 per cento. Per arrivare all'indice di vecchiaia degli svedesi abbiamo molti anni davanti a noi, trovandoci oggi sul 50 per cen to (42 per cento nel 1968). Ma non possiamo trascurare il fatto che la nostra capacità produttiva, il nostro reddito nazionale, la nostra programmazione, non sono ai livelli della Svezia. «L'Italia dovrebbe preferire un lieve incremento demografico», ci dice Diego De Castro. Il ministro della Sanità, Altissimo, ha un suo piano che, prevede una campagna propagandistica su vasta scala per diffondere l'uso della pillola e di tutti i contraccettivi. Benissimo: meglio la pillola e ì contraccettivi degli aborti. C'è però da domandarsi se il governo, e in generale la classe politica, siano sufficientemente informati sull'andamento demografico e se siano capaci di pianificare economicamente e socialmente un futuro con popolazione statica, o in declino, e forte invecchiamento. Se importiamo 500 mila lavoratori dall'Africa e dall'Asia avendo 1 milione e 200 mila giovani in attesa di prima occupazione (sono i nari negli Anni Cinquanta e nei primi Sessanta, quando la prolificità era il doppio dell'attuale) è segno che il nostro sistema' economico e la nostra società sono affetti da distorsioni non curabili soltanto con la pillola o il 'pillalo cinese*. Stiamo vivendo una fase di transizione di portata storica. «Siamo nella fase euforica della perdita di gioventù. Presto arriveremo all'età critica», ha scritto Alfred Sauvy, celebre economista e demo• grafo francese. Corriamo verso questa età critica cercando di non vederne le insidie. «Bisogna rimuovere il rifiuto di conoscere la realtà, ancor più del rifiuto della vita». Mario Fazio