Interrogatori a ritmo serrato I pm chiedono altri arresti? di Silvana Mazzocchi

Interrogatori a ritmo serrato I pm chiedono altri arresti? SEMPRE PIÙ' INTRECCIATE 11 DUE INCHIESTE SUI/ITALCASSE Interrogatori a ritmo serrato I pm chiedono altri arresti? Alibrandi ha sentito nel carcere romano Nezzo, Pennacchio e Pesce - Per i «fondi neri» i sostituti procuratori avrebbero concordato una linea dura - Chiesta e respinta l'autorizzazione a procedere per Talamona, ex amministratore del psi ROMA — Ieri, tra i banchieri accusati di aver distribuito denaro dell'Italcasse senza sufficienti garanzie, è stato il turno di quelli che operarono negli anni più caldi, fino al '77, quando i beneficiari che incassarono miliardi in mutui agevolati erano già. carichi di debiti e indietro con il pagamento degli interessi. Nel carcere di Regina Coeli, il giudice istruttore Antonio Alibrandi ha interrogato Alessandro Nezzo, direttore delia Cariplo e consigliere dell'Istituto dal '73 al '77; Mauro Pennacchio, presidente della Cassa di Risparmio di Puglia e consigliere dell'Italcasse dal '74 al '77, e Tommaso Pesce, ex presidente della Banca del Monte di Milano e consigliere dal "70 al '73. Tutti e tre sono accusati di peculato aggravato e falso in bilancio. All'interrogatorio, oltre ai difensori, ha preso parte l'avvocato Luigi Guarnieri, legale dell'Italcasse che si è costituito, parte civile contro i quaranta-, nove personaggi accusati dal giudice Alibrandi. Gli interrogatori fanno parte dell'istruttoria tuttora in corso sul capitolo dei «fondi bianchi» dell'Italcasse. Oggi, ancora tre consiglieri dell'Istituto saranno ascoltati dai magistrati e nei primi giorni della prossima settimana il giudice Alibrandi si sposterà nelle città dove sono state concentrate le altre persone arrestate il 4 marzo, per terminare gli interrogatori. I pubblici ministeri che fanno parte del gruppo di lavoro che si occupa dell'inchiesta parallela sui «fondi neri» Italcasse si sono riuniti ieri due volte per decidere una linea d'intervento. Orazio Savia, Giancarlo Capaldo e Fabrizio Hinna Danesi hanno ricevuto gli atti del processo dal giudice Pizzuti e dovranno formulare le richieste per i 45 imputati ai quali giovedì scorso è stato ritirato il passaporto. Nel frattempo in Procura si attendono le risposte alle autorizzazioni a procedere sollecitate dal giudice per il gruppo dei politici beneficiari di una fetta dei «fondi neri». Fino a ieri era arrivata in Parla- mento solo la richiesta che riguarda il senatore Augusto Talamona, ex segretario amministrativo del psi, ed è stata respinta. Dalla riunione dei pubblici' ministeri, secondo indiscrezioni, è emersa una linea più dura di quella adottata dalla Procura durante l'istruttoria per i «fondi bianchi» (quando l'ufficio avrebbe voluto contestare il reato di peculato lasciando gli imputati a piede libero) e non è escluso che nei prossimi giorni i sostituti procuratori chiedano una raffica di ordini di cattura contro i protagonisti del processo. Tra i banchieri interrogati ieri (inchiesta sui «fondi bianchi») le posizioni più delicate sono quelle di Alessandro Nezzo e Mauro Pennacchio. Secondo l'accusa, essi avrebbero •distratto a profitto proprio e di altri somme di danaro di proprietà dell'istituto di credito, istituto di diritto pubblico, cagionando un danno di rilevante entità: In particolare Nezzo ha partecipato alla seduta del 18 dicembre 1973 durante la quale Calieri di Sala liquidò 500 milioni in favore di Arcaini e 290 milioni al con direttore Capello. Nezzo e Pennacchio inoltre presero parte a tre sedute (del 12 mar- zo '75, del 10 marzo '76 e del 9 marzo '77) con le quali autorizzarono la liquidazione di «omaggi» di vari milioni in favore di sindaci, consiglieri, giunta e direzione generale. Sia Nezzo che Pennacchio, fecero parte delle giunte che tra il '74 e il '77 distribuirono Ingenti finanziamenti alle società dei fratelli Caltagirone e a quelle di Nino Rovelli, i beneficiari di maggior calibro dell'Italcasse. L'accusa sostiene che in quelle occasioni i due consiglieri, come gli altri, •omisero di accertare la solvibilità dei beneficiari» e concessero prestiti «a favore di soggetti che notoriamente si trovavano in stato di estrema difficoltà, ovvero addirittura in stato di insolvenza-. n ruolo di Pesce, secondo l'accusa, fu di minore importanza. Egli fu consigliere all'inizio degli Anni Settanta e partecipò alle sedute con le quali vennero erogati prestiti per alcuni miliardi alle cartiere di C airate e alla Vita Mayer. La linea di difesa dei banchieri è stata quella di sempre. Essi sostengono di essersi limitati a ratificare le decisioni prese all'epoca da Giuseppe Arcaini, di non aver comunque avuto la consapevolezza della mancanza delle «sufficienti garanzie» e infine di non aver mai concordato preventivamente con gli altri consiglieri la linea da adottare nelle sedute del consiglio di amministrazione e quindi di non aver preordinato le erogazioni dei finanziamenti. Silvana Mazzocchi

Luoghi citati: Caltagirone, Milano, Puglia, Roma, Talamona