Evangelisti si è dimesso più nessuno lo difendeva

Evangelisti si è dimesso più nessuno lo difendeva Ammise e poi smentì le sovvenzioni di Caltagirone Evangelisti si è dimesso più nessuno lo difendeva Lo stretto collaboratore di Andreotti rischiava di far cadere il governo - Era ministro della Marina da sette mesi - Gli succede Signorello ROMA — SI è dimesso. Alle 19 in punto è uscito dalla sala in cui si era riunito il direttivo del gruppo democristiano alla Camera, accompagnato dal capogruppo, Gerardo Bianco. «Allora, vi parlerà il ministro», ha detto Bianco ai giornalisti. Franco Evangelisti si è avviato verso una saletta per l'improvvisata conferenza stampa, si è voltato: «Grazie, Gerardo», ha detto al collega, e Bianco, un po' imbarazzato: «£ di che. Franco, grazie a te». Evangelisti si è seduto a una scrivania, e ha cominciato: «Allora...», poi si è fermato e si è alzato: «Devo fare una telefonata a Cossiga, chiedo scusa, ho dimenticato una cosa, vengo subito». Tre minuti di assenza, è tornato, si è seduto: »Allora—ha detto—, questo pomeriggio ho consegnato al presidente del Consiglio questa lettera, che poi ho letto al direttivo del gruppo. Adesso ve la leggo». Nella lettera, l'ex ministro della Marina Mercantile, eterno braccio destro di Andreotti, eterno sottosegretario, promosso a ministro per meriti di fedeltà quando Andreotti lasciò la presidenza del Consiglio, annunciava la sua versione dei fatti che lo hanno Indotto a concludere la breve carriera ministeriale (dall'agosto '79, neppure sette mesi). Ripeteva quanto detto al consiglio dei ministri di venerdì scorso, cioè che l'intervista pubblicata da la Repubblica, nella quale egli ammetteva di aver prese — (ma non solo lui: anche altre correnti democristiane) — denaro da Gaetano Caltagirone, è «un testo notevolmente difforme dal mio pensiero e che suona arbitrariamente e ingiustamente anche come lesivo dell'immagine della democrazia cristiana». »Non mancheranno — proseguiva la lettera—le sedi e le occasioni nelle quali mettere in luce ogni aspetto della questione. Confermo senza tema di smentita che né io nei miei amici abbiamo mai esercitato alcun genere di pressione a fa vare di privati nelle erogazioni dei crediti od in altre vicende e procedure sia edilizie che di altri settori economici». Ma per non intralciare la già difficile vita del governo, e perché «non voglio comunque limitare la mia libertà di azione e di chiarimento» (una promessa o una minaccia?) ecco le dimissioni, «non senza amarezza, ma in grande serenità e con la soddisfazione di aver potuto in questi mesi affrontare e risolvere importanti problemi della Marina Mercantile». Ha alzato gli occhi dalla lettera: 'Adesso facciamo le fotocopie, e questo è lutto». Evangelisti era perduto fin da lunedi, quando un'Interpellanza presentata dai libe¬ rali faceva capire che neppure 1 partiti compagni di governo erano disposti a chiudere un occhio sulla vicenda, e che venerdì, se Cossiga si fosse presentato alla Camera a rispondere no a quanti (tutti) chiedevano la testa di Evangelisti, a cadere sarebbe stato 11 governo. Perduto. Resta da chiedersi perchè un uomo tanto accorto, l'amico più fidato dell'uomo più accorto di tutti, avesse commesso un simile errore (leggerezza? o spirito di sacrificio? E se non è stato che un modo per scegliere il male minore, di che portata avrebbe dovuto essere il male maggiore?), ma sul fatto che fosse perduto ormai non c'erano più dubbi. E con vera amarezza Ieri mattina il dimissionario ministro si aggirava per il ' Transatlantico di Montecitorio, negandosi a nessuno dei colleghi, di qualsivoglia partito. Ai socialisti Lombardi e Labriola, ai radicali Pannella, Melega e Aglietto, al liberale Bozzi, al repubblicano Marnimi, a tanti colleghi democristiani, partecipava il senso d'ingiustizia che lo affliggeva: 'E che, ci sono solo io?», e arrivava a assicurare di farsi promotore di una proposta di Indagine fiscale su tutti, «a partire da me». Era cosi accorato che perfino Melega, che quando si votò la fiducia al governo lasciò l'aula dopo aver dichiarato che tra le altre cause del suo voto contrario c'era la presenza di Evangelisti, affermava di non sentirsela di infierire. Cosi, Cossiga ha già valicato l'ostacolo del dibattito di venerdì, che avrebbe potuto essergli fatale. In serata è stato convocato da Pertini, appena rientrato dal suo viaggio in Paglia. Nel colloquio, il caso Evangelisti (e il nome del successore, Nicola Signorello), ma anche tutto ciò che in queste ore squassa la vita italiana, dallo scandalo Italcasse allo scandalo Eni: un anello che congiunge il settore politico, il settore giudiziario, il settore finanziario; un processo in cui ogni cosa è colleFranco Mimmi (Continua a pagina 2 in terza colonna)

Luoghi citati: Caltagirone, Roma