Commercio estero, questo sconosciuto di Mario Salvatorelli

Commercio estero, questo sconosciuto ITALIA E FRANCIA HANNO UN MINISTERO APPOSITO Commercio estero, questo sconosciuto Il valore complessivo degli scambi commerciali con l'estero del quattro «grandi» della Comunità europea. Repubblica federale tedesca, Francia Regno Unito e Italia supera ormai i 600 miliardi di dollari l'anno (circa 500 mila miliardi di lire). E' una cifra che copre almeno un quarto dell'intero commercio mondiale e che per quanto riguarda le sole esportazioni, corrisponde in media a circa il 22 per cento del prodotto interno lordo di ciascun Paese, da un minimo del 16,3 per cento per la Francia a un massimo del 23.6 per l'Italia (dati Ocse relativi al 1978). Eppure, solo in due di questi quattro Paesi Francia e Italia esiste un ministro per il Commercio con l'estero. In Gran Bretagna c'è un unico ministro del Commercio che ha vari dipartimenti «misti» e una Direzione perii commercio d'oltremare. «British overseas trade board». In Germania il commercio con l'estero dipende dal ministro per l'Economia, pur avendo un «giro d'affari» di oltre 260 miliardi di dollari l'anno che colloca la Repubblica federale tedesca al secondo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti. Questo «snobismo» nei confronti del commercio con l'estero è. ovviamente, più di vetrina che di sostanza, ma è pur sempre indicativo di un certo «distacco», che si riflette anche sugli strumenti che affiancano, o potrebbero affiaccare la pubblica amministrazione nel gestire e nel promuovere gli scambi con l'estero. Infatti, solo in Francia e in Italia esiste un organismo pubblico, o quanto meno parastatale, che assiste il governo nei compiti di sostenere il commercio con l'estero. Gli enti governativi In Gran Bretagna, i vari dipartimenti e direzioni di cui abbiamo fatto cenno si occupano sia dei crediti e delle assicurazioni alle esportazioni, sia di ricerche di mercato di partecipazione delle imprese alle manifestazioni commerciali. Ci sono anche una quindicina di uffici regionali che tengono i contatti con le ditte locali interessate all'esportazione. Nei vari ministeri, da quello dell'Agricoltura a quello della Sanità, esistono uffici che hanno un «Interesse speciale» nell'esportazione dei rispettivi settori. Anche le Camere di commercio bilaterali o miste, italo-britannica e cosi via. si danno da fare. L'organizzazione è valida, le ambasciate hanno i loro consiglieri commerciali. Ma un istituto apposito per il commercio con l'estero non esiste. Viene in mente la celebre frase che risuonava nei Lloyds di Londra un tempo, ma forse ancor oggi: «Nebbia sulla Manica, il Continente è isolato». Nella Repubblica federale tedesca gli scambi con l'estero si basano, in pratica, sulle Camere di commercio bilaterali, che sono una quarantina, disseminate in 36 Paesi. Ve ne sono 14 nell'America Latina. 12 in Europa. 5 nel Nord America. 5 in Asia 3 in Africa e una in Australia. Sono associazioni private a tutti gli effetti dal bilancio alla gestione ma il governo può intervenire come in realtà Interviene, per finanziare iniziative d'importanza particolare. Si tratta di una rete ben articolata dal momento che i tre quarti del commercio estero tedesco e oltre il 90 per cento degl'investimenti, nei due sensi, si effettuano con i Paesi dove que-ste Camere sono presenti. Il motto pertanto può essere questo: «Dove non esiste una Camera di commercio bilaterale, là non c'è interesse commerciale per la Germania». Veniamo ora ai due Paesi che hanno un ente pubblico apposito per la promozione del commercio con l'estero, oltre alle strutture a livello governativo e a quelle private come le Camere di commercio bilaterali. In Francia esiste il «Centre franqais du commerce exterieur». che funziona come anello di collegamento tra l'amministrazione pubblica da una parte, gli esportatori dall'altra. Il primo collegamento è agganciato al ministro per il Commercio estero, a livello politico, e alla direzione per le relazioni economiche con l'estero, inquadrata nel ministero per l'Economia a livello operativo. Un altro solido aggancio con l'amministrazione pubblica è costituito dai consiglieri commerciali, che dipendono dal ministero Affari Esteri, se si trovano oltre-confine dal ministero dell'Economia se sono in Francia. Il «Centro», infatti non ha uffici all'estero, ma si vale di propri rappresentanti che lavorano negli uffici commerciali collegati alle ambasciate. Infine. 11 «Centro» lavora in stretto collegamento con i «Gabinetti» dei vari ministeri, per esempio quello dell'Agricoltura, che anche tramite gli ambasciatori, espongono e ricevono iniziative e informazioni d'interesse commerciale. Dalla parte degli esportatori-imprenditori il Centro francese ha contatti diretti con le varie ditte interessate e con le organizzazioni imprenditoriali comprese le Camere di commercio franco-estere. A questo scopo, in Francia esistono sette rappresentanti regionali del «Centro» che lavorano su raggruppamenti di regioni, contattando le organizzazioni settoriali e professionali degli imprenditori. Eun sistema preso a modello dagli Stati Uniti nella recente riforma decisa dal presidente Carter che ha organizzato uffici commerciali specifici dipendenti dal ministero del Commercio estero. I compiti del «Centro» francese sono ben precisati dall'esistenza di quattro distinte direzioni: per le informazioni, per la promozione e la tutela di Fiere e Mostre all'estero, per le relazioni geografiche e settoriali, per l'esportazione di prodotti agricoli. Inoltre, il Centro si occupa di istruire le pratiche per i crediti all'esportazione di organizzare la firma degli accordi commerciali tra la Francia e gli altri Pae¬ si, di negoziare i grandi contratti «chiavi in mano» che hanno un'importanza economica particolare. L'Istituto italiano per il commercio estero. l'Ice, infine, è un ente para-statale nato prima dell'ultima guerra, con compiti quasi esclusivamente di controllo fito-sanitario e qualitativo delle esportazioni agricole. A questi compiti si sono aggiunti nell'ultimo trentennio, quelli della promozione della vendita all'estero di prodotti industriali che oggi rappresentano in valore il 90 per cento delle esportazioni italiane. I tre «corpi» dell'Ice, che si equivalgono, poco più poco meno, anche come dipendenti — circa 600 in ciascuno di essi —sono la sede centrale di Roma, l'organizzazione periferica italiana, con una quarantina di uffici, e l'organizzazione all'estero, con 62 sedi distribuite in una cinquantina di Paesi. I suoi compiti sono vasti, ma la nuova gestionedell'Ice, in carica da circa due anni, ha concentrato i propri sforzi in quattro direzioni, oltre a quella del controllo agricolo: informazione tecnica e commerciale, soprattutto per le imprese minori: formazione di giovani da inserire nelle aziende con «vocazione» esportativa; assistenza all'estero per lo studio delle opportunità offerte dai vari mercati; promozione delle vendite italiane all'estero. Conquista dei mercati Il rinnovamento dell'Ice, avvenuto nell'ultimo biennio, riguarda soprattutto la promozione. Il concetto «difensivo» di proporzionare i fondi alle quote di mercato conquistate dall'Italia nei vari Paesi è stato sostituito dal concetto «offensivo», rivolto alla conquista dei mercati di domani e di dopodomani, ai quali le medie e piccole imprese non possono pensare. Al tempo stesso, l'Ice è stato alleggerito dei compiti assicurativi, affidati alla nuova Sace, la Società assicurazioni crediti all'esportazione che si appoggia per le operazioni finanziarie al Mediocredito. l'Istituto centrale italiano per il credito a medio termine. In definitiva. l'Ice e la Sace costituiscono le due braccia operative, nei rispettivi campi, del ministero italiano per il Commercio estero, che ha i compiti di vigilanza ed è presente nei due consigli di amministrazione. Il congegno sembra funzionare, nei limiti, piuttosto ristretti, del para-, stato, con tutte le difficoltà burocratiche che esso comporta in Italia. Un «salto di qualità», quale potrebbe essere la trasformazione dell'Ice in «Agenzia di affari» potrebbe dare nuovo impulso alle esportazioni dell'Italia, un Paese che di questa valvola ha bisogno, più di ogni altro, per non sof- focare Mario Salvatorelli