Il diavolo Bunuel si diverte sempre di Stefano Reggiani

Il diavolo Bunuel si diverte sempre IL REGISTA HA COMPIUTO 80 ANNI Il diavolo Bunuel si diverte sempre Anche in cinema l'artista che lavora dopo i settant'anni entra in una giovinezza senza tempo, è il più libero, il più facile da capire. Il pericolo di invecchiamento e di involuzione è sui cinquant'anni, perché i registi misurano le opere sulla memoria. Quando raggiunge gli ottanta, rimanendo lucido, l'autore è necessariamente un maestro e riceve le giuste celebrazioni, non solo dettate dall'occasione. Luis Bunuel ha compiuto ottant'anni, non c'è maestro più schivo di lui, crediamo che adesso sia in Messico, anche se i suoi pensieri di cinema sono legati alla Francia e alla Spagna. Pare che stia meditando di trarre un film da Lorca, dalla Casa di Bernarda Alba. Bufiuel ha un viso di ragno impaurito e aggressivo, lavora in fretta, poi abbandona il film al pubblico come si lancia un riccio di castagna tra una comitiva di gitanti. Si scostano ridendo stupiti, si pungono. A Parigi c'è un suo tutore e produttore. Serge Silberman. Quando uscì in Francia nel '77 Quell'oscuro oggetto del desiderio, Silberman ci trattenne un'ora per descrivere le virtù del regista già fuggito. Diceva. «Mi parla di un'idea, non si cura del mio parere, medita a lungo sulla sceneggiatura, ma non ha esitazioni al momento di girare. E' un buon metodo per un produttore': Fernando Rey e1 Delphine Seyrig vennero in Italia a presentare // fascino discreto della borghesia ed erano un poco imbarazzati a spiegare la rapidità bufiuelaiana: «Ti dice come devi metterti, piazza la macchina da presa in un posto, difficilmente la muove, preferisce le inquadrature tradizionali, gira una volta la scena ed è subito riuscita». Il fatto è che Bunuel non ha bisogno di perfezionare le apparenze, egli sa già che senso si nasconde dietro i gesti banali e che l'irrisione nasce da uno scarto impercettibile dello sguardo. Sa che un accumulo di naturalezza denuncia la falsità e che i paradossi debbono sembrare al pubblico soltanto ovvietà. Del suo apprendistato surrealista a Parigi, alla fine degli Anni Venti, Bufiuel ricorda con piacere una frase di André Breton: «Ciò che vi è di meraviglioso nel fantastico è che il fantastico non esiste, tutto è reale". Che cosa c'era di più reale dell'oggetto schifoso e invisibile che Catherine Deneuve in Bella di giorno vedeva nello scotolino del suo cliente esotico? Una volta Jorge Guillen. uno dei maggiori poeti moderni in lingua spagnola, ci fece un ritratto semplice e affettuoso di Bufiuel. «E' incredibile, è ombroso, ha paura di tutto». Per dare agli altri il brivido dell'incertezza bisogna averla provata, per capovolgere le istituzioni (la Chiesa, la famiglia) bisogna conoscere la tecnica degli architetti. Si parla molto dell'eredità culturale della Spagna in Bunuel. la radice su cui crescerà l'intonazione surrealista Ci sono i nomi degli autori, da Quevedo. a Valle Inclàn, all'amato Galdòs, e naturalmente Goya: ma contano soprattutto i pesi d'infanzia: «La mia infanzia passò via in un'atmosfera quasi medioevale... credo che sia necessario dire (in quanto ciò spiega in gran parte il mio modesto lavoro successivo i che i due sentimenti fondamentali della mìa fanciullezza, rimasti dentro di me fino all'adolesceina. furono un profondo erotismo, al principio sublimato da una grande fede religiosa, e poi la perfetta co¬sancpcigdssc scienza della morte... I miei otto anni presso i gesuiti aumentarono in me questi sentimenti invece di diminuirli». Ci piace immaginare che i personaggi dei film più significativi di Bunuel si riuniscano intorno al maestro per festeggiarne gli ottant'anni e ricordargli le sue ossessioni, la nostra complicità e la scaltrezza sorridente con cui molti hanno cercato di aggirare i suoi allarmi più acuti. Dicono che nessun grande eversore sia stato tanto compiacentemente lambito dalle sue vittime come lui. Ma Bunuel non è un regista ideologico, la sua ricchezza è l'ambiguità, la sua derisione dei miti borghesi, travestiti spesso da malattia, è anche una confessione, un esorcismo, un'autopunizione collettiva. Disse una volta che i personaggi più grandi del secolo sono stati Freud. Einstein, Lenin e Breton; non sta comodo negli schemi troppo stretti, qualche volta Bufiuel è più avanti dei suoi critici. Tra i personaggi riuniti a festeggiare gli ottant'anni dovrebbe esserci naturalmente il corteggio dei surrealisti, con l'occhio più famoso dell'avanguardia storica, l'occhio tagliato di Chien andalou, la provocazione primitiva, il manifesto che ha raccolto negli anni un'eccellente bibliografia. Ma dovrebbero esserci, particolarmente calorosi, i personaggi per lungo tempo misconosciuti dei film messicani di Bufiuel, film girati in economia negli Anni Quaranta e Cinquanta, talvolta trasandati, sempre punti da un genio che li riscattava. Per esempio, il signor Archibaldo de la Cruz (Estasi di un delitto) che sogna di compiere crimini sessuali, ma non riesce mai a realizzarli, solo le circostanze casualmente avverano i suoi desideri. Dimesso e ridicolo, il signor de la Cruz non è meno simbolico e persuasivo, nella sua caricatura psicoanalitica, dei grandi borghesi interrotti e impediti delle opere successive e più celebrate. Quelli che stanno chiusi nel salone di una villa, come per incanto (L'angelo sterminatore), in realtà puniti da se stessi e dalla propria inerzia mortale; quelli che non riescono a mangiare nel Fascino discreto della borghesia pur avendo una fame ricorrente e assillante; quelli che nel Fantasma della libertà sono costretti a invertire le convenzioni di gruppo e a scoprire l'indecenza della decenza. Sì, ci saranno tutti, anche la pazza vogliosa di martirio, Viridiana, anche i camminatori della Via Lattea, oppressi dai gesti ormai indecifrabili e minacciosi del cristianesimo spagnolo, anche Jeanne Moreau che nel Diario di una cameriera presta i suoi stivaletti al feticismo della piccola borghesia nazionalista francese. Perché, come dicono, Freud. Sade, Cristo e Marx hanno viaggiato insieme con naturalezza nelle bestemmie e nelle liturgie di Bunuel. Da buon surrealista non ha risparmiato nulla, tra paure e rivolta; da ammiratore di Einstein ha cercato di chiudere lo stile in una specie di catalogo scientifico, in un repertorio da ironico studioso di insetti. Da moralista non ha smesso di condannare alla beffa i suoi indispensabili borghesi. Per tutto l'ultimo film di Bufiuel, l'attore Fernando Rey rincorre l'oscuro oggetto del suo desiderio, il possesso della donna che bugie, lacci e inganni gli negheranno con didattica insistenza. Intorno, esplodono le bombe dei guerriglieri della fede, i «gruppi armati del Bambin Gesù». Ha detto Bunuel con un sospiro: «Nella vita c'è un senso morale che l'uomo non può fare a meno di acquisire». Stefano Reggiani Bunuel in Spagna durante la lavorazione di un film

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