Il figlio di Alibrandi di Giuseppe Zaccaria

Il figlio di Alibrandi Il figlio di Alibrandi (Segue dalla 1 " pagina) stinata a scatenare ce ne sarebbe già a sufficienza. Ma a gettare altra benzina sul fuoco ha pensato uno dei difensori del giovane, l'avvocato Paolo Andriani. che ha definito ieri l'arresto «una manovra vergognosa, che colpisce Alessandro Alibrandi solo perché figlio del giudice che è titolare dei processi sugli scandali di regime». Le cose non stanno forse cosi, ma certa-' mente Andriani ha individuato il contesto nel quale l'episodio di ieri potrebbe produrre gli effetti più dirompenti. Alibrandi padre (a sua volta dichiarato simpatizzante missino) gestisce tra l'altro l'inchiesta Caltagirone: le sue decisioni avranno riflessi determinanti sulle posizioni di personaggi, magistrati e non. coinvolti nelle polemiche. Nel clima che da qualche mese il tribunale di Roma sta vivendo è inevitabile che i sospetti, anche i più assurdi, si moltiplichino. Ma cerchiamo di capire com'è nata questa sconcertante operazione. Gli assassini di Arnesano arrivarono dinanzi all'ambasciata a bordo di una «Vespa» chiara senza targa: il giovane seduto dietro, biondo, sparò il primo colpo quando l'agente gli volgeva le spalle. Poi lo inseguì nel portone continuando a far fuoco: gli tolse il mitra M12. gli strappò la pistola d'ordinanza, e fuggi via. Poco dopo una prima telefonata rivendicò l'omicidio a Prima linea: ne segui subito una seconda, fatta a nome dei «Nuclei armati rivoluzionari», neofascisti. Entrambe annunciavano comunicati che finora non sono giunti. Due giorni dopo però, a Milano. Prima linea negò la paternità dell'agguato di Roma con lo stesso volantino che firmava l'omicidio della «spia» William Vaccher. Le indagini, sovrastate anche da nuovi fatti di sangue, stagnavano. Poi nei giorni scorsi, in mancanza di indicazioni più precise, la Digos ha deciso di prendere per buone le sole indicazioni giunte dai terroristi. Nuove convocazioni dei testimoni dell'omicidio, dunque, per tentare una verifica nell'ambiente dei «neri». Ed ecco il colpo di scena: un teste, già ascoltato, riconosce l'assassino in una foto segnaletica. E' Alessandro Alibrandi. Il personaggio non è certamente nuovo. Affacciatosi giovanissimo alla ribalta dello squadrismo è stato arrestato e rilasciato più volte: nel '77 per un raid a Bordo Pio seguito da sparatoria, l'anno dopo per aver puntato una pistola contro un agente, sempre nel '78 perché trovato a bordo di un'auto rubata. Ogni volta, il particolare trattamento ri- servatogli dalla magistratura ha scatenato reazioni. Alle decisioni dei funzionari della Digos. quest'ultima componente forse non è del tutto estranea: se Alessandro Alibrandi riuscisse a scappare, un diluvio di accuse si rovescerebbe sulla polizia politica. Ed ecco che l'altra sera, intorno a mezzanotte, il capo della Digos cerca per telefono il sostituto procuratore generale Domenico Sica, titolare dell'inchiesta sull'omicidio Arnesano. Sica non è in casa, né sanno dove trovarlo. Non resta che avvertire il sostituto di turno, un giovane magistrato giunto a Roma da alcuni mesi, Pietro Catalani. Quest'ultimo si vede presentare una richiesta di ordine di cattura: si consulta telefonicamente col capo del suo ufficio, Giovanni De Matteo, e poi firma. L'ordine di cattura parla di «omicidio volontario premeditato, porto e detenzione di armi da guerra, rapina di un nutra M12 e di una pistola calibro 9 con due caricatori, e con l'aggravante di aver commesso i delitti con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico». Il tutto «sostenuto da sufficienti indizi di colpevolezza». Gli agenti arrivano in casa Alibrandi alle 3: arrestano il figlio, e per mezz'ora rovistano la casa del padre magistrato alla vana ricerca di armi. Poi. ieri mattina, l'arrestato spiega in questura il suo alibi Dalle 10.30 alle 14 del 6 febbraio è stato al tribunale dei minori per un processo che riguardava una vecchia affissione abusiva di manifesti del msi- Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Arnesano, Caltagirone, Milano, Roma