La Commissione sullo Scià ferma a Ginevra Il copresidente è ritornato negli Stati Uniti

La Commissione sullo Scià ferma a Ginevra Il copresidente è ritornato negli Stati Uniti L'Iran avrebbe ritirato la promessa di liberare gli ostaggi americani La Commissione sullo Scià ferma a Ginevra Il copresidente è ritornato negli Stati Uniti DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Il ritardo nella partenza della Commissione internazionale d'inchiesta sullo Scià per Teheran sembra causato da motivi più gravi del previsto. Alla base, vi è la mancanza di un accordo sul rilascio degli ostaggi dell'ambasciata americana. Il copresidente della Commissione l'algerino Bedjaoui. è tornato a New York per consultarsi col segretario dell'Onu Waldheim. Non è escluso che la Commissione non parta neppure domani, contrariamente a quanto annunciato. Al Palazzo di Vetro. Waldheim ha rifiutato di dare informazioni sul delicato stadio della sua mediazione. Ma sembra che il governo iraniano abbia rifiutato di garantire la liberazione dei prigionieri anche alla fine dei lavori della Commissione. Gli Stati Uniti avevano già rinunciato alla loro liberazione preventiva, ed esigono ora che sia in dicata una scadenza. Rigido è anche il riserbo alla Casa Bianca. Un funzionario ha tuttavia prospettato l'eventualità che sia in atto un complotto contro la commissione «Dentro e fuori dell'Iran vi è chi ha interesse a prolungare e aggravare la crisi... Non vogliamo aiutarlo neppure invo lontariamente con dichiarazioni avventa te». Il primo segno dell'impasse lo ha fornito l'altro ieri Kho meini. in un discorso alla ra dio. ht'aytollah aveva in prece denza dato al presidente Bani Sadr il suo benestare all'ini zio dei lavori della Commis sione. Ma alla radio, chiamando «figli di Allah» gli studenti che occupano l'ambasciata, ha affermato: «Gli Stati Uniti e gli altri Paesi che hanno difeso lo Scià, un criminale, devono estradarlo e restituirci le ricchezze che ha rubato». Khomeini ha invitato gli studenti e «tutti i rivoluzionari» a non riposare sino alla vittoria finale. «Gli Stati Uniti restano il principale nevi ico del! Ira n ». ha conci uso. Subito dopo, gli studenti hanno condizionato il rilascio degli ostaggi all'estradizione dello Scià. Proclamando una «settimana di mobilitazione nazionale», hanno affermato che «sarà vana l'attesa di un atto di clemenza» verso i prigionieri finché lo Scià non verrà punito. Hanno chiesto che i tre diplomatici americani agli arresti al ministero degli Esteri di Teheran dal 4 novembre, l'incaricato d'affari Laingen e due collaboratori vengano processati per spionaggio. Il ritorno di Reza Pahlavi a Teheran non rientrava nei termini dell'accordo concluso da Waldheim ma era stato rinviato a una fase successiva ai lavori della Commissione e al rilascio degli ostaggi. L'Iran avrebbe compiuto i necessari passi presso Panama, dove lo Scià è ospite, e la questione sarebbe stata decisa dai tribunali. Nella nuova situazione, nessuno azzarda previsioni. A Washington e a New York la delusione è profonda. Mercoledì la Commissione era convinta di partire da Ginevra: i suoi cinque membri si erano addirittura già imbarcati sull'aereo per Teheran quando Waldheim ha ordinato loro telefonicamente di fermarsi in Svizzera per qualche giorno. L'ipotesi più comune è che una lotta di potere sia in corso a Teheran tra i moderati rappresentati da Bani Sadr e gli estremisti del Consiglio rivoluzionario. Nella sua ultima conferenza stampa. Carter aveva ammonito indirettamente l'Urss a non cercare di trarre vantaggi dalla crisi iraniana. Aveva detto che si sarebbe opposto con la forza anche a una semplice espansione della sfera d'influenza politica sovietica nel Golfo Persico. e. c.

Persone citate: Bani Sadr, Khomeini, Laingen, Reza Pahlavi, Waldheim