Gargantua insegna cos'è il romanzo di Gianni Vattimo

Gargantua insegna cos'è il romanzo IL FAMOSO RABELAIS DI BACHTIN Gargantua insegna cos'è il romanzo Uno dei fatti che. nel campo della letteratura e dell'arte, segnano il passaggio dal Medio Evo all'età moderna è l'indebolimento, e poi la definitiva caduta, della linea di demarcazione tra il comico, che fino ad allora era sempre stato confinato nella cultura popolare, e le forme «alte» della letteratura. La comicità popolare, che nel Medio Evo trova espressione solo in determinati periodi di festa (come il Carnevale), oltrepassa a un certo punto quei limiti, e penetra «in ogni sfera della vita ideologica''. Il riso diventa così «la forma per una nuova coscienza storica, libera e critica", e ciò accade in modo emblematico nel Gargantua di Rabelais. E' questa la tesi proposta da Michail Bachtin nello splendido volume su L'opera di Rabelais e la cultura popolare, appena tradotto in italiano (ed. Einaudi), nel quale, in una prospettiva che teoricamente è opposta a ogni critica idealistica, rivive però la capacità, di cui proprio Hegel fu maestro, di leggere la storia dell'arte e della lettaratura come lo specchio più fedele e completo della storia generale di intere epoche e società. Il nuovo rapporto che si instaura nell'età moderna tra comicità popolare e letteratura colta non riguarda infatti solo l'evoluzione dei generi letterari, ma esprime la trasformazione di tutta una interpretazione del mondo. ¥• * La base e le più vaste implicazioni teoriche della lettura che Bachtin dà di Rabelais si trovano, oltre che in questo libro, nella raccolta di saggi su Estetica e romanzo tradotta da alcuni mesi sempre presso Einaudi. Qui. soprattutto nel breve e denso saggio sulla differenza tra romanzo ed epopea, si vede come il problema del nuovo statuto del comico nella cultura moderna si riporti a un quadro più complesso, nel quale il romanzo si contrappone a tutti gli altri generi letterari ereditati dalla tradizione (dall'epopea alla lirica alla tragedia) come forma letteraria caratteristica della modernità. Naturalmente, non c'è una perfetta coincidenza tra romanzo e comicità. Ma in entrambi si esprime lo stesso fenomeno: la rottura dell'unità stilistica classica, a favore di una concezione dell'opera d'arte intesa come costitutivamente «pluridiscorsiva». fatta di livelli molteplici di linguaggio, e dunque non più adatta a esprimere una visione unitaria del mondo e dello stesso soggetto umano. La concezione dell'opera d'arte trasmessaci dalla tradizione occidentale è tutta dominata dal concetto di forma, come qualcosa di unitario che si impone con evidenza proprio perché è stagliata sullo sfondo come una statua Anche le più recenti analisi della poesia fondate sulla linguistica strutturale che si richiama a Saussure ragionano solo in termini di generi letterari «monostili»: l'opera letteraria è per essi una peculiare variazione all'interno del codice della lingua; la sua riconoscibilità come forma è legata all'unità dello stile, la quale presuppone «da un lato l'unità della lingua... dall'altro l'unità dell'individualità che si realizza" e si manifesta in questa lingua producendo l'opera Il romanzo, però, contraddice a questi criteri di unità stilistica: esso si sviluppa infatti come organizzazione di una pluralità di livelli linguistici diversi: c'è la narrazione diretta dell'autore, ci sono i discorsi che egli mette in bocca ai singoli personaggi, che parlano ildcgnesdncdsfsccnCspfmc o a è a o o i i a i i o idiomi differenti a seconda della loro collocazione sociale, della professione, delle loro caratteristiche d'età e psicologiche; c'è poi l'utilizzazione, nel romanzo, di forme di espressione letteraria non artistica (per esempio, le lettere, i diari, ecc.): e ancora: descrizioni storiche, etnografiche, enunciazioni di tesi filosofiche La vitalità del romanzo moderno è tutta in questo suo rispecchiare la complessa stratificazione della lingua e. con essa, della società. Di ciò si è accorta l'estetica di derivazione classicistica, che ha sempre te-, nuto in sospetto il romanzo. Con tutta l'acutezza di molte sue analisi. Lukàcs. per esempio, ha sempre conservato di fronte al romanzo un atteggiamento ispirato per l'appunto al classicismo D romanzo, per lui. è bensì un fatto letterario dotato di una sua legittimità, ma solo in quanto realisticamente rispecchia una realtà fratturata, quella della società borghese e' dell'ordine capitalistico. Questa società attende di essere ricomposta in unità (dalla rivoluzione socialista), e dunque di poter dar luogo nuovamente a una forma d'arte che rinnovi l'unità stilistica dell'epopea classica; di ciò. Dio lo perdoni. Lukàcs vedeva un'anticipazione nelle opere del «realismo socialista». La rivendicazione della essenziale modernità del romanzo da parte di Bachtin si muove lungo linee che rovesciano completamente questi orientamenti classicistici: il romanzo non è l'espressione letteraria di un'epoca fratturata che debba ritrovare una unità, ma la creazione di una umanità che ha scoperto e dato la parola alla costitutiva molteplicità di livelli dell'esistenza. Ogni estetica dell'unità, della forma, dello stile assume come ideale una situazione in cui. di fatto, una lingua (quella delle classi dominanti) si impone sulle altre. L'unità, nella letteratura e nella società, è sempre solo maschera ideologica di una situazione di dominio In ogni momento, invece, lingua e società (e. aggiungeremmo, i singoli individui), sono pluralità stratificate, giochi di forze in cui «accanto alla centralizzazione ideologico-verbale avvengono ininterrottamente processi di decentralizzazione e disunificazione". Se si legge tutto questo in relazione alla linea «ortodossa» rappresentata da Lukàcs. si capisce come mai a Bachtin (che è morto ottantenne nel 1975) sia stato impedito di pubblicare le sue opere nella Russia staliniana (una vicenda cui accenna, senza peraltro chiarirla a sufficienza, l'ampia introduzione di Clara Janovic Strada a Estetica e romanzo) * * Nello studio su Rabelais, più che nei saggi sul romanzo, si può tuttavia trovare anche la base di una possibile lettura rivoluzionaria (o forse piuttosto anarchica) delle teorie di Bachtin: come il sorgere del romanzo rappresenta una «liberazione» della molteplicità dei discorsi dal dominio di una lingua unitaria, così l'irruzione del comico nella letteratura è anche l'emancipazione di tutto ciò che la cultura dominante aveva sempre considerato basso e ignobile: la comicità popolare è infatti sempre legata al corpo, alle funzioni escretorie, al sesso, al cibo Entrando nella letteratura, essa porta alla parola non solo la molteplicità dell'esistenza, ma più in generale ia materialità e la corporeità come luogo di ciò che è aperto, in divenire, che ha desi¬ deri e passioni, e dunque anche possibile soddisfazione e felicità. L'irruzione del comico e la scoperta della pluridiscorsività caratteristica della cultura moderna sarebbero dunque, alla fine, il ritrovamento di uno strato originario, che la cultura del dominio ha sempre rimosso e dimenticato. Si profila in tal modo il rischio di opporre, alle cattive totalità unificanti costruite dall'ideologia, il ritrovamento di una totalità originaria «buona» — il corpo. la vitalità immediata, il bisogno e il desiderio — che potrebbe fungere nuovamente da principio di totalizzazione, e dunque imporre ancora una volta forme di unità e di dominio? Certo il corpo, proprio con la sua costitutiva incompiutezza (la cultura comica popolare lo configura sempre in relazione agli «orifizi» a cui sono legate le funzioni alimentari, escretorie. sessuali) difficilmente potrebbe ridiventare principio per la costituzione di unità stilistiche e formali di tipo classico: così come è difficile immaginarsi un tribunale dell'inquisizione in cui i giudici si presentino nudi. Ma le risposte di Bachtin a questo problema rimangono oscillanti. Anche in ciò. però, sono in perfetta sintonia con l'esperienza di tutta la cultura contemporanea che non sa ancora se. al fondo della pluralità dei linguaggi di cui è divenuta acutamente consapevole, ci sia o no il ritrovamento di un possibile nucleo intorno a cui edificare qualcosa che somigli ancora a una struttura. Gianni Vattimo Rabelais in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Rertew of Books. Opera Mundi e per l'Italia -La Stampa-

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