Confessa in aula: «Sì ho rapito lo studente»

Confessa in aula: «Sì ho rapito lo studente» Al processo del sedicenne sequestrato Confessa in aula: «Sì ho rapito lo studente» MILANO — «Io. mio fratello Giovanni, e Sasa»: a prestar fede al racconto fatto ieri ai pudici del tribunale di Monza dall'imputato Antonino Loielo il sequestro dello studente sedicenne Paolo Giorgetti, avvenuto a Meda quindici mesi fa, fu ideato e eseguito solo da queste persone (e la terza, Sasa, non si sa neppure chi è). Gli altri nomi rivelati in istruttoria, e gli episodi riferiti al pubblico ministero, sarebbero «fru tto della fantasia» o. come Loielo ha precisato soltanto ieri, «suggerir! dagli stessi carabinieri». Antonio, Giovanni Giuseppe Vincenzo e Rinaldo Loielo furono arrestati a Venegono Superiore due giorni dopo il sequestro del giovane Gior- getti sulla base delle informazioni fornite da Giuseppe Di Stefano il «supertestimone» resosi irreperibile. Antonio confessò e chiamò in causa Giuseppe Morabito, uno dei «cervelli., dell'organizzazione, incaricato anche del riciclaggio del riscatto; fece poi i nomi di Andrea Mainardi e Antonio Bruzzaniti, che avrebbero materialmente compiuto il sequestdro assieme con un terzo uomo. La sua versione trovò riscontro in alcune dichiarazioni del fratello Rinaldo, prosciolto in istruttoria e in quelle di altri appartenenti al «clan» Loielo. Antonio non si limitò a parlare del sequestro Giorgetti ma confessò pure di aver fatto il carceriere per Belloli e Fiocchi. Poi la ritrattazione davanti al giudice istruttore Cappabianca, «consigliata» evidentemente da qualcuno mentre era in prigione. Al processo Antonino Loielo non sta nella gabbia con gli altri nove imputati: è seduto tra due carabinieri alla sinistra del pubblico ministero Pantaleo. I fratelli Loielo sono tutti uguali, bassi e asciutti, tratti minuti ma duri. Giuseppe è impeccabile in un abito nero con cravatta; Giovanni è quasi la sua copia, senza però i baffi; Vincenzo è solo un po' diverso perché ha i capelli corti pochi millimetri, mentre gli altri li hanno folti e ricci. Al presidente Improta, che sottolinea le incongruenze delle sue dichiarazioni, risponde con argomenti strampalati. «Come ha fatto ad arrivare a Meda da Venegono se l'auto che doveva guidare per compiere il sequestro era già sul posto?», chiede il magistrato. -Ho preso il treno», è la risposta. «Quello dei pendolari forse, col rischio di arrivare tardi?», incalza il giudice. «Non ricordo, era un treno che passava da quelle parti», sostiene Loielo. E quando gli viene chiesto perché fa proprio quei nomi e non altri prima di ritrattare, Antonino Loielo alza una mano e la frulla in aria per darsi del «toccato»: «Presidente, ho fatto la prima elementare, chi Iosa perché mi sono inventato tutto. I carabinieri mi avevano promesso che sarei andato a casa presto e io non potevo fare brutta figura». Manuela (unipari Monza. La gabbia degli imputati durante l'udienza di ieri

Luoghi citati: Milano, Monza, Venegono Superiore