In aula a Monza l'«Anonima» accusata d'aver rapito e soffocato lo studente

In aula a Monza l'«Anonima» accusata d'aver rapito e soffocato lo studente Dieci imputati debbono rispondere di sequestro e omicidio In aula a Monza l'«Anonima» accusata d'aver rapito e soffocato lo studente Paolo Giorgetti, sedicenne, figlio di un imprenditore di Meda, venne portato via nel novembre '78 - Pochi giorni dopo il corpo, carbonizzato, fu rinvenuto dentro un'auto in fiamme MILANO — Erano più di ventisettemila le firme sotto una petizione presentata al ministro dell'Interno Rognoni dieci giorni dopo il rapimento e l'omicidio del sedicenne Paolo Giorgetti e oltre diecimila le persone al suo funerale. Ieri, alla prima udienza del processo contro dieci presunti appartenenti all'«Anonima» calabro-siciliana, accusati di aver sequestrato e ucciso il 9 novembre '78 il giovanissimo figlio del mobiliere di Meda Carlo Giorgetti, c'erano meno di cinquanta persone. Il tribunale di Monza ha voluto comunque avere tutte le carte in regola: l'area del palazzo di giustizia circondata da carabinieri e traffico bloccato nelle vie adiacenti, cani poliziotto agli ingressi, e una gabbia di ferro per rinchiuderci gli imputati, allestita per l'occasione. Uno solo degli accusati è rimasto fuori dalle sbarre, Antonino Loielo. 39 anni, separato dagli altri per proteggere la sua incolumità, visto che è stato il solo a parlare. Fu arrestato due giorni dopo il sequestro coi fratelli Giovanni, di 25 anni, Giuseppe, di 27 e Vincenzo, di 32, anch'essi imputati, e con altre persone poi rilasciate, tutte abitanti a Venegono Superiore. Fino a quel momento i carabinieri sapevano poco della sorte di Paolo Giorgetti, prelevato alle 8 del mattino a pochi passi da casa mentre si recava a scuola. Il ragazzo aveva anche cercato di difendersi scagliando i libri che portava o a r d i n a i sotto braccio contro i tre uomini che lo trascinavano a bordo di un'«Alfetta». Dopo il rapimento la madre Augusta e la sorella Roberta avevano atteso invano che i malviventi si facessero vivi. Il giorno seguente il padre rientrava dal Brasile, dove si trovava per lavoro. La speranza di riportare a casa Paolo vivo doveva svanire in poche ore. Durante la notte alcuni passanti notavano un'auto in fiamme nel parco delle Groane. nei pressi di Cesate: nel bagagliaio c'era il corpo carbonizzato e irriconoscibile di una persona. Proprio mentre i carabinieri arrestavano i fratelli Loielo credendo di avere individuato la prigione dello studente, cominciavano ad affiorare i primi sospetti sull'identità del cadavere: un lembo di stoffa dei pantaloni, la fibbia della cintura, i resti di una carta d'identità ed infine un mazzo di chiavi, quelle di casa Giorgetti. viale Francia 31. Le successive indagini portarono all'incriminazione degli altri personaggi, apparsi ieri alla sbarra: Giuseppe Mirabella. 38 anni (alla data del sequestro in carcere ma indicato come l'ideatore del rapimento per il quale avrebbe persino fissato l'ammontare del riscatto, un miliardo): Giuseppe Morabito. 34 anni, noto nell'ambiente della nuova mafia per i suoi legami col boss «Saro» Mamoliti; Andrea Mainardi, 29 anni e Antonio Bruzzaniti. 23 anni, detto «Niki Lauda», accusati di aver materialmente ucciso Paolo Giorgetti. assieme ad una terza persona rimasta sconosciuta. L'istruttoria ha concluso che la morte del giovane è d a o è stata preterintenzionale; a causarla, un tampone di cloroformio premuto con violenza sul viso del ragazzo, già sofferente per disturbi respiratori provocati da una deviazione del setto nasale. Imputati anche Romeo Santoro, 32 anni, e Salvatore Isgrò, presunti carcerieri. Ieri i loro avvocati difensori hanno sollevato una serie di eccezioni preliminari, tra cui il conflitto di competenza tra il tribunale di Monza e la corte d'assise di Milano, argomentato con discorsi giuridici, ma che nasconde l'intento di sottoporre il giudizio a magistrati ritenuti meno «coinvolti» di quelli di Monza. Dopo sei ore di camera di consiglio tutte le eccezioni sono state respinte. E' stata anche chiesta la perizia psichiatrica per Antonio Loielo e la nullità di alcuni atti istruttori. In particolare i legali hanno sollevato dubbi sull'autenticità delle dichiarazioni di un certo Giuseppe Di Stefano, importante teste d'accusa, un uomo che l'«Anonima» contattò per fare il «carceriere» e che invece forni ai carabinieri informazioni preziose. Manuela Campari Meda. Paolo Giorgetti, lo studente sequestrato e ucciso

Luoghi citati: Brasile, Cesate, Milano, Monza, Venegono Superiore