Il fascismo oggi ceneri e graffiti

Il fascismo oggi ceneri e graffiti Il fascismo oggi ceneri e graffiti Le città sono tappezzate di manifesti, a parte le scritte murali; penso spesso all'inutilità di tanta vana retorica, di tante convocazioni di comizi, e a quante case si potrebbero costruire con le somme spese in quei manifesti. Mi attraggono i pochi in cui guizza verticale la fiammella tricolore o quelli che promettono vendetta al camerata caduto in una aggressione o in una rissa. Ho detestato profondamente il fascismo, perchè era la negazione di tutti i valori, cristiani e liberali, in cui ero stato educato: ma con radici anche più lontane: dall'emergere il nome di Mussolini nella cosiddetta «rivolta dei polli a dieci soldi» dei primi mesi del gabinetto Salandra. dal tono violento e rozzamente anticlericale dei primi numeri del Popolo d'Italia, dall'esaltazione della forza e della violenza, dall'impedire i comizi degli avversari, poi. affermatosi il regime, dall'umiliazione del Parlamento («avrei potuto fare di quest'aula grigia e sorda un bivacco», e della monarchia, per cui avevo nel '22 ancora un residuo atavico affetto che presto svanì del tutto), dalla museruola messa alla stampa, dalla tracotanza dei gerarchi. * * L'avversione era alimentata giorno per giorno da piccole e da grandi cose: dall'imposizione del voi e dall'ignoranza pure imposta per cui ne conseguiva che «sua maestà il re» fosse divenuto «la maestà del re», la grossolanità dei giornali fascisti che chiamavano la moglie del segretario del partito Augusto Turati e altre mogli di gerarchi con una «donna Turati», ignorando che il «donna» si fa seguire dal nome di battesimo: l'imposizione ai giornali di mode di dare il bando ai figurini di donne magre: salendo su nella scala, la soppressione di ogni giornale di opposizione, fosse pur questa tiepida o larvata: il tribunale speciale con le condanne predeterminate, e con l'intenzione di commettere un reato parificata al reato (caso Schirrui: il fermo di polizia, cioè il carcere a tempo indeterminato a richiesta della pubblica sicurezza, senza alcuna notifica alla magistratura (nemmeno il guardasigilli, lo constatai per un mio figliolo, poteva conoscere perché alcuno era detenuto], fino all'abominio delle leggi razziali. Non ho mutato alcun mio giudizio, ma a trentacinque anni di distanza dalla fine del regime — ogni passione è spenta — posso riconoscere che nei primi anni nell'ambito dell'amministrazione, della legislazione non politica, qualcosa di buono era stato fatto (il blocco delle locazioni non durò che poco; un certo numero di organi superflui fu soppresso — e purtroppo la Repubblica li ricostituì e li fece crescere di numero —. quella buona burocrazia ereditata dal regime giolittiano e che ora si arricchiva di elementi più colti, funzionava con una certa alacrità): molto poco di fronte alla quantità immensa di male, fino alla follia dell'asse Roma-Ber lino. Anche rispetto agli uomini più invisi o più irrisi, riconosco che alcuni — Farinacci e Starace — seppero essere fedeli fino alla morte: e di fronte a certe astruserie degli economisti d'oggi, mi chiedo se non si debba considerare un po' se l'autarchia era proprio una follia, e non c'era una certa dose di buon senso popolano in Starace quando di fronte alle sanzioni minacciate e mai applicate, diceva: «Sostituiremo la mattina il caffè con un bicchieri.' di vino». Ma il giudizio negativo del regime, scomparsi ormai gli uomini potenti di allora, i più dei quali vissero gli ultimi anni con tutti gli agi. senza ombra di persecuzioni, con fattorie modello, od ottime posizioni professionali, resta confermato da quelle che chiamo le ceneri del regime, la seconda e la terza generazione Scarse di numero entrambe, nel confronto non dico dei tesserati, ma di quanti credevano nel fascismo, pure vedendo i difetti del sistema, pensavano che Mussolini rappresentasse veramente una garanzia per l'Italia, ma quelli della seconda confluiti nel movimento sociale, e non assorbiti da altri partiti (che tutti gradivano gli apporti da conversioni, ma la democrazia cristiana fu certo quella che ebbe più larghe bracciai uomini tra i quaranta e i sessant'anni. in gran parte nella vita privata buone persone, che riescono a mantenere piccole minoranze in Parla¬ mprpuinimnaqstvigugugqdnramfatoczartebvccdaCrmcHfbtnNigmccNLsrpmccdtt mento, nei consigli regionali, provinciali; comunali, dov'è possibile farsi o mantenersi una clientela, elargendo favori, in particolare facendo ottenere impieghi senza concorso (rari nantes qualche facinoroso, qualche appassionato del gesto, e soprattutto della parola violentai non danno alcuna figura saliente. Pulitissimo il gruppo dei corporativisti. con una rivista che dice anche sagge cose, ma fuori della realtà, quasi ignara della tensione, della carica di odio, che avvelena l'Italia. Ma il peggio è la terza generazione, in cui sono ormai dimenticate le roboanti mete del fascismo, ma che opera soltanto con atti di violenza, in scene che ricordano le sanguinose zuffe dei devoti ai Caputeti ed ai Montecchi. e in imprese che rende difficile distinguerla dai terroristi rossi. Chi ricorda i ben più consistenti sforzi di vecchi regimi caduti, si rende conto della miseria di queste ceneri. Ad andar lontano, i seguaci degli York durarono a lungo, e ancora nel 1745 lo sbarco di Carlo Edoardo, l'esercito che raccolse le sorti in un primo momento incerte della lotta contro l'esercito regolare degli Hannover, rappresentano una fedeltà non inerte. Chateaubriand nei Memoires d'outre tombe ha potuto scrivere che nel 1814 furono gli ex fedeli di Napoleone ormai stanchi, non i legittimisti, a richiamare Luigi XVIII: ma sta in fatto che migliaia di ufficiali e sottufficiali preferirono la miseria alla coccarda bianca, e il mito di Napoleone durò forte, sicché Luigi Filippo ritenne di acquistare popolarità col far riportare le ceneri da Sant'Elena e deporle agl'Invalidi: e senza quel mito non ci sarebbe stato il secondo impero. Ma più conta che per tutta la prima metà dell'Ottocento troviamo soldati della grande armata e del troppo dimenticato esercito del regno italico che combattono dovunque c'è guerra intestina tra assolutisti e costituzionalisti; e li troviamo altresì dove ci sono state insurrezioni fallite, come i moti italiani del '21 e del '30. Del pari dopo il 1848 carlisti. legittimisti, orleanisti. concorrono a formare il piccolo, ma non poi risibile come lo ha fatto la storia liberale, esercito pontificio: carlisti e legittimisti sono ancora nelle file dei ribelli del Mezzogiorno che danno vita al cosiddetto, e ben detto per come gli elementi deteriori si comportarono, brigantaggio (e a stare a quel che narra Alianello. nel '66. borbonici si arruolarono volontari nell'esercito austriaco, per vendicare sull'esercito italiano i loro caduti i Pure il grande vinto del Risorgimento. Mazzini, conservò dei fedelissimi: a oltre cent'anni dalla sua morte c'è ancora un esile, ma purissimo, ruscello mazziniano: comunque fu sempre presente in tutto il Risorgimento e il post-Risorgimento, era ancora nell'animo dei Rosselli, fu l'ideale fondatore di Giustizia e libertà, aveva ispirato il partito repubblicano, e ancora fu l'immagine cui questo guardò nei primi anni dopo la sua ricostituzione, alla fondazione della Repubblica. Ora negli ultimi vent'anni ci sono state e ci sono nel mondo parecchie guerre che incarnavano e incarnano proprio almeno il più appariscente aspetto del fascismo, l'anticomunismo: ma nessuno ha mai sentito parlare né di legioni né di singoli fascisti scesi in campo, a esempio, in Angola, contro il prevalere dei comunisti. Né si è formato un mito di Mussolini, come se ne formò uno di Crispi. quasi all'indomani della sua morte Sì. sentirete spesso qualcuno che dica, alla notizia di un delitto dei terroristi: «Ci fosse ancora Mussolini», così come da bambino sentivo tanti vecchi e non vecchissimi rimpiangere la vita tranquilla, e i bassi prezzi della Roma di Pio IX. e c'erano a Parma i patiti dell'ultima duchessa, «la Luigiona». la vedova di Carlo HI. ed a Napoli fino alla prima guerra mondiale si stampava // neo-guelfo, con tutte le ricorrenze, i fausti e tristi eventi dei Borbone Napoli, che continuavano a distribuire onorificenze: e nello stesso Piemonte ho ancora sentito chi diceva «coma a s'stasia bui 'ut él nost car cit Piemont»: ma queste isolate nostalgie sono nebbie che si dissolvono. Quelli stessi che nel '60 versarono a Firenze una lacrima sull'assorbimento del piccolo e ben ordinato civilissimo granducato, furono poi alti dignitari e ottimi servitori del regno d'Italia: Agostino Maglia ni. che aveva difeso nel '58 la politica economica di Ferdinando Il di Napoli contro l'esule Antonio Scialoja. fu poi ministro delle Finanze in tutti i gabinetti Depretis. Nostalgie individuali, nebbie che non ingombrarono neppure la strada dei vincitori Non da confondere con le ceneri, e queste del fascismo mostrano proprio la cattiva qualità dell'albero, e danno la certezza che qualsiasi reazione possa sopravvenire, sarà a un segno opposto a quello del littorio . „ . . A. C. Jemolo