Abbiamo paura dei bambini?
Abbiamo paura dei bambini? Perché rifiutiamo di comprendere il loro linguaggio Abbiamo paura dei bambini? MILANO — Il discorso del gioco, dell'immaginario, della fantasia, è quello nel quale' il bambino troverebbe la propria ragion, d'essere, la naturale fisionomia: in famigli? è rifiutato («Sbrigati, non perdere tempo, sei sempre nelle nuvole, hai fatto i compiti?») e nella società, in seguito, anche. In questo modo l'essere umano vien via via formandosi perfettamente integrato nei vari tipi di sistema sociale in cui gli tocca vivere. Una volta adulto, a condizionarlo sarà tutta una rete sottile di pregiudizi, abitudini, comportamenti: di avere perduto — o diminuito, o deteriorato — la sua gioia, la sua voglia di vivere non si accorgerà nemmeno più, o solo molto di rado. La relazione del professor Tony Laine. direttore del centro ospedaliero di Barthelemy. alla tavola rotonda «La solitùdine del bambino» è stata disamina lucida e ad ampio respiro non solo della condizione specifica dei bambini ma anche di tutto un modo di vivere nel quale, inevitabilmente, il bambino finisce con l'essere solo in quanto «non ascoltato». «Non ascoltato come lo sono tutti i diversi», ha precisato Laine. «perché il loro linguaggio può costituire un pericolo per la saldezza delle opinioni e delle istituzioni dominanti». E' lo stesso meccanismo che esclude i «matti» e che alimenta il razzismo. Gli esclusi quasi sempre si rinchiudono, si autoemarginano; perduto il gusto di imparare il mondo, sono condannati a non poter mai diventare intelligenti. I singoli perdono la loro vita, e la collettività perde un enorme potenziale di risorse. Organizzata dall'assessorato alla cultura e dalla fondazione «Jan Amos Comenius» (il pedagogo che. nel XVII secolo, ammoniva a che l'educazione si estendesse a tutte le scienze della natura), la seconda edizione della serie di seminari pubblici — sei. in un grand hotel vicino alla stazione centrale ogni giovedì sera, a partire dal 14 febbraio — si è aperta con questa riunione in cui, oltre a Laine. sono stati relatori i professori Michele Zappella. primario del servizio di neuropsichiatria infantile all'ospedale di Siena, Alberto Oliverio, ordinario di psicobiologia alla facoltà di scienze a Roma, e Alessandro Cavalli, direttore dell'istituto di sociologia all'università di Pavia. «I bambini sono i personaggi meno soli della società», ha esordito (nemmeno poi tanto provocatoriamente) quest'ultimo. «Infatti» ha continuato, «siamo noi adulti che proiettiamo verso di loro i nostri problemi: e i problemi reali non sono la solitudine, bensì l'incapacità di stare soli. Oggi, se ci succede di non sapere cosa fare, ci troviamo in un vuoto enorme e terrorizzante». Perciò vogliamo vedere gente tutti i giorni, in ogni momento; senza i puntelli del gradimento altrui, ci sentiamo franare. «I rapporti», ha detto Cavalli, «sono sempre meno coinvolgenti: sociali e basta, ristretti al proprio ambiente e basta. Diamo poco e, tutto sommato, esigiamo anche poco». Non così per i bambini, che hanno bisogno di rapporti «reali, veri» : ma persino a loro gli adulti — inariditi — rifiutano un coinvolgimento emotivo profondo. Per tutto il resto della vita cercheranno poi di recuperare quell'integrità e quella voglia di «comunicazione» autentica: «Una nostalgia sommersa», l'ha definita il professor Cavalli, «che può dare vita alla forma più triste di solitudine». Ornella Rota
Persone citate: Alberto Oliverio, Alessandro Cavalli, Barthelemy, Cavalli, Laine, Michele Zappella, Ornella Rota, Tony Laine
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