Patrica: rottura tra Comune e famiglia della bambina che accusa due terroristi di Silvana Mazzocchi

Patrica: rottura tra Comune e famiglia della bambina che accusa due terroristi Si accentuano le polemiche nel piccolo centro della Ciociaria Patrica: rottura tra Comune e famiglia della bambina che accusa due terroristi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PATRICA — I genitori di Daniela M.. testimone-bambina in un processo di terrorismo, ieri hanno abbandonato per protesta l'aula dov'era riunito il consiglio comunale di Patrica in seduta straordinaria. Il paese aveva intenzione di respingere le accuse di aver isolato Daniela. Il sindaco. Giuseppe Testa, de. aveva appena letto un lungo intervento introduttivo. «E' inammissibile — ha esclamato alla fine la madre di Daniela I seduta tra il pubblico non folto — ce ne andiamo perché non ci hanno chiesto di parlare, di dire le nostre ragioni. Come \ non esistessimo». La donna è subito uscita dal municipio seguita dal marito silenzioso. Il sindaco aveva chiesto di «non creare falsi miti», aveva smentito che i cittadini di Patrica avessero in questi mesi discriminato Daniela da quando la ragazzina, come hanno fatto altre otto persone del paese, era andata a testimoniare all'Aquila contro i due imputati della strage di Patrica. Aveva detto: «Il clima di tensione in cui si vive ovunque porta l'uomo al coraggio e non alla paura», e polemizzando aveva aggiunto «non si può proporre che sul cippo nel luogo dell'agguato debba essere menzionata anche lei come vittima dell'ingratitudine... La verità è che Daniela è lìbera di comportarsi secondo la sua volontà... Se poi è lei che vuole condurre vita appartata, se il presunto isolamento è la conseguenza normale del vivere in una città non propria (la madre è di Roma e il padre di Tripoli, ndr) e se lei non ha interesse a seguire i suoi studi, a pren¬ dersi un diploma, di tutto ciò non può essere accusata un'intera cittadinanza». Sull'ordine del giorno ci sarà una delibera, ma l'esito è scontato perché il paese è compatto e in consiglio non ci sono stati altri interventi. Cosi era stata descritta la vita privata della famiglia di Daniela. Quella vita, sfiorata dal terrorismo un giorno del novembre '78. quando la ragazzina allora tredicenne aveva visto un «commando» di quattro persone assassinare un magistrato e due uomini di scorta. In un'aula di Corte d'assise ne aveva riconosciuti due. Da allora la paura ha annebbiato la sua esistenza di bambina cresciuta e Daniela ha smesso di andare a scuola e vive nella sua casa, una villetta alla periferia di un paese di tremila abitanti in Ciociaria, vicino a Frosinone. Qualcuno un mese fa ha scoperto la vita di Daniela, guardata a vista per richiesta della sua famiglia da due agenti della Digos e ha puntato il dito sul paese e Patrica ha reagito. Non è vero che l'abbiamo isolata, avevano già detto all'indomani delle prime accuse, e il padrone della casa di Daniela, presente ieri alla seduta del consiglio comunale, aveva smentito di avere sfrattato la famiglia in seguito al processo. «Siamo in causa da tre anni», ha ripetuto ieri. Ecco la realtà della commedia umana: da una parte c'è un paese compatto che difende la propria immagine. Ci sono gli altri testimoni che continuano la loro vita di sempre e che non nascondono la sensazione di essere stati discriminati. «Fin dal processo, Daniela era trattata in maniera diversa — dice uno di loro presente alla riunione — mentre io andai all'Aquila con la mia macchina, lei ci andò sotto scorta». Ci sono poi le esigenze politiche riprodotte nel microcosmo con l'esattezza della metropoli. La giunta comunale è composta da democristiani e socialdemocratici e diventa una questione politica non far passare le accuse all'amministrazione del paese. Per questo il sindaco aveva scritto al prefetto di Frosinone, ai parlamentari del suo partito e al presidente dell'Istituto autonomo case popolari cercando di far ottenere un appartamento in città, a Frosinone. alla famiglia di Daniela. «Ci sono state riunioni costruttive», ha confermato il sindaco, «e non escludo che la casa la otterranno». Dall'altra parte c'è la famiglia di Daniela. La madre ha una tintoria in un paese vicino, il padre ha avuto una vita privata complessa e solo di recente ha potuto dare il suo nome alle tre figlie. « Un nucleo familiare che non ha mai legato con la mentalità della popolazione di Patrica, né prima né dopo il processo», dicono al bar. Una famìglia che vive dal '64 a Patrica e da allora intrecci, passioni private e «differenze» si sono snodate negli anni nella cornice del piccolo paese. Poi c'è stato quel giorno della strage: gli occhi di Daniela che hanno visto e il suo terrore. La sua poca voglia di andare a scuola è scomparsa del tutto; qualche amico è andato a trovarla, ma non di più. La sua famiglia ha forse pensato di riuscire finalmente ad andar via dal piccolo paese, verso la città, approfittando dell'episodio. Silvana Mazzocchi

Persone citate: Daniela M., Giuseppe Testa