Nonostante la forte inflazione gli italiani risparmiano ancora di Natale Gilio

Nonostante la forte inflazione gli italiani risparmiano ancora L'undici per cento dei guadagni viene messo da parte Nonostante la forte inflazione gli italiani risparmiano ancora Secondo uno studio Bankitalia un quinto delle famiglie porta a casa meno di 4 milioni l'anno ROMA — Strano ma straordinario Paese l'Italia: gli italiani, nonostante l'incertezza politica, l'inflazione crescente che distrugge ricchezza, la confusione che sembra governare, continuano con un atteggiamento quasi fideistico a risparmiare, sia pure in forme che non sempre sono vantaggiose. Nel 1978. dall'indagine condotta dal servizio studi della Banca d'Italia su «Reddito, risparmio e patrimonio immobiliare delle famiglie italiane», la propensione media al risparmio è aumentata all'11.6 per cento contro il 10.5 per cento dell'anno precedente. Tutti, tenuto conto dei livelli di reddito familiare, hanno contribuito alla formazione di risparmio. La distribuzione per classi di reddito, infatti, dimostra che anche le famiglie con un reddito fino a 2 milioni di lire ne hanno messo da parte in media per il 2,3 per cento. Sono risultati di non poco conto, se si tiene presente che essi probabilmente sono in difetto essendo assai forte la reticenza a confidare quali sono gli investimenti che ciascuna famiglia fa in attività finan ziarie. Tra l'altro, i dati sulla contabilità nazionale, sempre per il '78. indicano nel 26 per cento la propensione al risparmio. Comunque, il campione analizzato dalla Banca d'Italia, dimostra ancora co me il 46.3 per cento delle famiglie intervistate è riuscita a realizzare un risparmio il cui importo medio è cresciuto del 38 per cento rispetto al '77, ( solo il 2,9 per cento non è riu scita a risparmiare. Piuttosto, a fronte di tali sacrifici, non corrisponde una soddisfacente capacità di in vestire. Gran parte del rispar- mpmnqtvrt4c mio finisce per tradursi in depositi bancari, non certo remunerati in modo da mantenerne intatto il potere di acquisto. Altri (30,8 per cento) cercano protezione investendo in immobili (contando evidentemente nell'indicizzazione del valore della casa ad un tasso uguale o superiore a quello dell'inflazione); pochi, infine (il 5,5 per cento), si dirigono verso oggetti di valore. A determinare comportamenti tanto asimmetrici, probabilmente giocano più fattori: una cattiva informazione sui modi di investimento, un mercato monetario non accessibile a tutti, la preferenza da parte di alcuni a mantenere liquidi al massimo i propri risparmi, sopportando la falcidia prodotta dall'inflazione. Al di là dei dati sul risparmio, l'indagine campionaria della Banca d'Italia rappre senta uno spaccato assai inte ressante sul tenore di vita delle famiglie italiane. Nel '78 il reddito medio annuo familiare è cresciuto del 21.4 per cento nei confronti dell'anno precedente, salendo a 8.800.000 lire. In lire 1970 (e quindi depurandolo dall'inflazione) il valore medio del reddito è di poco oltre 3 milioni, con un aumento del 7.7 per cento rispetto al '77. A livello individuale il reddito medio è cresciuto del 15 per cento, raggiungendo il valore di 4.700.000 lire. Lo scostamento che si rileva nell'incremento tra i due tipi di reddito (quello familiare e quello individuale) è dovuto principalmente alla circostanza che è aumentato in ogni famiglia il numero medio degli stipendi. Attenzione, però: ciò non significa che è aumentato il numero degli occupati; conferma soltanto che nel «campione famiglia» una o più persone svolgono contemporanea¬ mente una seconda att ività. Andando avanti nell'analisi, emergono due altri punti di riflessione. La distribuzione delle famiglie per classi di reddito dimostra come meno di un quinto delle famiglie del campione è rimasto su posizioni di mera sussistenza, collocandosi in una classe che supera appena i 4 milioni annui; circa 20 famiglie su cento hanno ottenuto oltre due quinti del reddito complessivo, collocandosi oltre i 12 milioni annui; il 4,7 sta tra 20 e 25 milioni. C'è stato, in altri termini, un progressivo andare avanti di tutti, ma soprattutto di quelli che sono partiti da posizioni più basse. Ma in questa distribuzione non tutti risultano trattati allo stesso modo. Nel Mezzogiorno, ancora una volta, la penalizzazione è marcata: se si fa il confronto, si nota che nelle classi di reddito più basse la presenza meridionale è massiccia. Ciò è anche la conferma che la crisi ha colpito e colpisce maggiormente il Sud, costringendo magari molti meridionali a subire l'umiliazione di un salario al di sotto dei minimi contrattuali. Natale Gilio

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