Domani l'India esploderà

Domani l'India esploderà NEL DUEMILA I SUOI ABITANTI SARANNO UN MILIARDO Domani l'India esploderà Gli indiani sono già 650 milioni, ogni mese crescono di un milione 300 mila - Annullati i pur ammirevoli progressi economici, dilaga la miseria, e le tensioni sociali di oggi rischiano di moltiplicarsi - Ma è diffìcile parlare di sterilizzazione di massa dopo i soprusi commessi dalle autorità fra il 1975 e il '77 DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BOMBAY — // ventilatore gira stancamente, cercando di fugare, dal centro di un soffitto giallastro, l'afa torpida di Bombay. Il vento del mare non giunge, qui. dove la vecchia città vittoriana sopravvive, fatiscente, tra ambiziosi palazzi moderni e botteghe improvvisate, assediala da un traffico isterico. Nel piccolo ufficio, l'economista esamina, come un medico, i mali della metropoli: «Bombay peggiora di anno in anno e non può guarire. Perché? Perché ha oggi 7 milioni di anime e ne avrà 13 o 14 verso la fine del secolo. Il fio per cento vivrà in slums». «I cittadini accusano le autorità, ma nessuno al mondo potrebbe amministrare con successo un agglomerato che cresce, che dilaga, come un mostro in un racconto di fantascienza. La rete idrica è rifatta ogni pochi anni ed è sempre insufficiente. Occorrerebbero somme enormi: ma chi paga le tasse? Chi abbandona la campagna per venire a Bombay, lascia una miseria per trovarne un'altra. Ha visto la strada che conduce all'aeroporto? Centinaia di capanne, veri e propri villaggi, fungaie di paglia. Nascono da un giorno all'altro». /; viaggiatore ascolta questi discorsi e ricorda allora che vi sono due Indie. C'è l'India di oggi, del momento, quella dominata dalle passioni politiche, quella che ripudia, sdegnata. Indirà Gandhi per riabbracciarla tre anni più tardi, in un'elezione che è quasi un plebiscito, felice d'aver ritrovato la suu severa ma energica inanima. Mataji. E' questa l'India che accende speranze ed entusiasmi con i suoi successi economici, che non si arrende né ulte avversità mi ai disastri, che miracolosamente, rifugge tuttora dulia violenza come panacea sociale. Ma c'è un'altra India, quella che pulsa come un incubo malvagio nella mente, nell'inconscio, individuale e collettivo. E' questa l'India di domani, quella in cui le difficoltà e le tensioni di oggi saranno moltiplicate, ingigantite dalla crescita della popolazione. E' un pensiero su cui gli indiani non amano soffermarsi, è troppo angoscioso: e pone quesiti ai quali nessuno sa o può dare risposta. Già oggi l'India è come un'immensa folla, che soffoca le città pur restando conladina, legala alla terra, per l'Ut) per cento. Fra non molti anni, questa folla sarà una moltitudine biblica. Gli indiani sono adesso (150 milioni, con un tasso d'incremento del 2.4 per cento. Ciò significa che 1.300.000 indiani si aggiungono ogni mese alla popolazione. Iti milioni in un anno, pari a due Svezie, due Austrie. Le proiezioni per il futuro variano, troppe sono le incognite, un solo aumento esponenziale non è sufficiente, vi sono fattori negativi e positivi: si può dire soltanto che verso il Duemila gli indiani dovrebbero essere 000 milioni, ma potrebbero essere 050 o un miliardo. Nel 47. quando divenne indipendente. l'India non aveva neppure ■150 milioni di anime. Questa ipertrofia demografica trasforma l'India nella malinconica figura di un podista che. per quanto corra, resta si npre al medesimo posto. Gli ultimi anni hanno visto ammirevoli progressi economici: esiste adesso una ga- gliarda industria nazionale: la «rivoluzione verde,, ha tonificato estesi settori dell'agricoltura: la produzione di petrolio già soddisfa un terzo del fabbisogno, ne soddisferà la metà nell'82. Si potrebbe continuare, la lista dei successi è lunga: ma i benefici sono annullati, azzerati, dal moltiplicarsi a ritmo geometrico dei beneficiari. Da ciò. la miseria dell'India, una miseria spesso medievale, dantesca. Dal 70. Indirà Gandhi grida, ed è sincera, «gai-ibi hatao... basta con la povertà: ma lo slogan resta una speranza, una preghiera. Dei (150 milioni di indiani, il 45 per cento ovvero 300 milioni, vivono sotto la cosiddetta poverty line, hanno un reddito annuo inferiore alle 800 rupie. E' una somma che corrisponde a circa SI mila lire italiane, per cui quei 300 milioni devono campare con guadagni che dalle 6700 lire, al mese, il massimo, scendono a 5000. a 4000 e forse ancora Itili in basso. Si dirà, in India tutto costa poco. E' vero, ma anche il prezzo più ridicolo può essere drammatico per milioni di indiani: e un'inflazione del venti per cento inasprisce ora gli stenti degli umili. Con una massa tanto imponente di poveri, l'intero equilibrio economico-sociale resta precario. Tra il '73 e. il 78, il prodotto nazionale lordo era salito di oltre il 3 e mezzo per cento l'anno, un punto in più dello sviluppo demografico. Ma bastava il «cattivo monsone» dello scorso anno per arrestare la crescita. Le insufficienti piogge non dissetavano ni1 i campi né le centrali che danno energia all'industria. Bisogna dunque «stabilizzare» la popolazione, arrestare questa corsa che calpesta, brutale, ogni conquista economica. Anche chi già considera inevitabile un miliardo di anime nel Duemila sostiene che non c'è tempo da perdere. Ma anche qui le difficoltà sono enormi e snervanti. Si sono distribuite spirali in tutta l'India, fino a quando si è scoperto che il contraccettivo poteva avere conseguenze dolorose. La donna indiana «media», soprattutto nei ceti più modesti, soffre di anemia cronica: la spirale è sovente incompatibile con il suo stato. La pillola offre maggiori garanzie, ma molte donne sopra i trentanni la respingono, intimorite dalle statistiche locali secondo cui questo anticoncezionale può nuocere gravemente a 3.4 donne ogni 100 mila Ila vulnerabilità della donna indiana, sembra confermata dall'eccezionale tasso di mortalità tra le puerpere. Ogni 100 mila nascite. 573 donne muoiono: in altre parole, dieci milioni di parti costano la vita di 57.300 madri). La sterilizzazione? I soprusi delle autorità durante /'emergency. tra il 75 e il 77. hanno inorridito il Paese, più nessuno osa chiedere a un uomo di sottoporsi a una vasectomia. Soltanto le donne, a migliaia, ricorrono alla sterilizzazione. Mollo tempo dovrà passare prime che la sterilizzazione maschile riacquisti un mini¬ mo di rispettabilità. Anche Indirà Gandhi riconosce che. in quei due anni di assolutismo, furono commessi «molti eccessi». E' un amaro eufemismo. Si rastrellavano uomini nelle città e nelle campagne, li si agguantava a forza e con la forza li si sterilizzava, senza distinguere fra giovani e anziani, fra scapoli e sposati. Oltre otto milioni di maschi subirono questo intervento. Secondo un'incliiesta del precedente governo. 1641 morirono per effetto dell'operazione. Forse la cifra è esagerata, ma non mancarono le tragedie, i suicidi. Con la brutalità non sì costruisce, si può soltanto distruggere: e. infatti, le sterilizzazioni di marca nazista hanno distrutto l'ordinata e umanu pianificazione delle famiglie che. pur tra mille ostacoli, cominciava a prendere forma all'inizio degli Anni 70. Bisogna adesso ricominciare da capo, con nuove strategie, perché, come ha scritto Rami Chabra. uno dei direttori della Family Planning Foundation, «non vi sono scelte». «Non c'è salvezza per l'India senza il triangolo rosso», ha detto Lai Trikon. il simbolo, l'emblema, oggi screditato, della campagna per il controllo delle nascite. Non vi sono mai soluzioni facili in India, in questa farragine di elementi diversi, con 22 Stati. 28 lingue, una piramide di caste e due comunità religiose immense e ostili. Ma l'India stessa potrebbe crollare un giorno, poJiticamente, socialmente ed economicamente, sotto il peso di una popolazione troppo enorme per sopravvìvere anche al misero e precario livello di oggi. Mario ciriellp

Persone citate: Gandhi, Lai Trikon, Mataji, Rami Chabra