«Qualcuno deve aver visto» di Francesco Santini

«Qualcuno deve aver visto» «Qualcuno deve aver visto» (Segue dalla 1 ' pagina) mutati: "Ricordatevi che sapremo saldare i conti con voi ", avevano scritto indicando tre nomi, il mio. quello di Cosenza e quello di Monaco-. Tace perplesso, poi riprende: «L'ultimo cartello, è ancora al terzo piano: "Ricordatevi di Moro: morirete tutti", hanno scritto col pennello». Pertini s'allontana. «Rientro in un'università qualche giorno dopo Padova e non credevo che si potesse arrivare a questo punto-. Si informa: «Aveva la scorta?-. Gli rispondono: «Non si era mai voluto proteggere-. Raccontano che arrivava col suo autista, puntuale, alle 10 30 per la lezione di diritto amministrativo. L'autista se ne sta da parte e allontana un fotografo a spintoni quando accanto al corpo di Bachelet c'è un gesuita a dare la benedizione. Un cronista domanda: «Qual è il suo nome?-. Il sacerdote risponde: «Don Adolfo, sono il fratello di Vittorio-. S'è precipitato all'università. «Mi hanno avvertito i confratelli. Che all'interno dell'università il clima fosse mutato se ne erano accorti in molti e nelle ultime settimane molti professori s'erano domandati se fosse opportuno affrontare l'argomento in un consiglio di facoltà. «Poi — dice il professor Juso — aretamo deciso di non sollevare la questione, per non dar corpo, per non allarmare». E lo stesso Stefano Rodotà, che con il parlamen.tare comunista Vincenzo Vio¬ lante era impegnato in un dibattito sul terrorismo quando si sono uditi i colpi, adesso dice: «Sempre c'è stata la violenza, scritte brutte si, ma non peggiori del passato». Nell'aula terza c'è un'assemblea. Un migliaio di studenti si interrogano su questo che un giovane definisce «il più grave attentato istituzionale nella storia della Repubblica-, Nell'aula affollata arriva Luciano Lama. E' la prima volta che torna all'università da quando, nel '77. il suo palco fu assalito dall'Autonomia. Lama è emozionato. Per prendere la parola aspetta che due giovani abbiano terminato. «Un uomo è morto vicino alla porta — dice — appartiene alla nostra famiglia, è un nuovo morto in una fila interminabile di cadaveri: in una società, la prUna aspirazione è la vita e noi, domani, debbiamo manifestare, tutti insieme, senza divisioni che sulle spoglie di un morto apparirebbero miserabili-. Un giovane prepara un cartello. «Contro il terrorismo — scrive — una risposta ferma» ma dimentica la P di risposta. «Non fa nulla — dice uno che gli è ricino — mettiamolo fuori lostesso, tantosi capisce». Il cartello compare nella galleria che sovrasta l'atrio di Scienze politiche. Accanto, a un «Viva le Brigate rosse» scritto sul travertino di una colonna, una mano anonima aggiunge: «Sporche di sangue e di vergogna-. Nel primo pomeriggio, tra gli studenti incollati ai transistor c'è la no¬ tizia che le Bierre hanno rivendicato il delitto. Stanno arrivando Zaccagnini e Piccoli. Sotto braccio, si dirigono verso la facoltà. E' accanto a loro il professor Elia. «Sono stravolto — dice Zac — non ce la faccio-. Nel giardino denso di folla e d'automobili imbottigliate nello stato d'assedio due dipendenti del rettorato cancellano un «Viva le Br» apparso d'improvviso all'ingresso della facoltà di giurisprudenza. Nella casbah dello •Studium urbis» i giovani dell'extrasinistra protestano per i cancelli serrati: «E' un gigantesco fermo di polizia-, dice uno con la motoretta. Un altro lo azzittisce: «Non rompere, oggi vattene-. De Matteo, procuratore della Repubblica, si ferma con i cronisti. L'indagine è affidata a Domenico Sica. «E' il colpo più grosso dopo Moro — dice De Matteo — se non ci danno gli strumenti non possiamo andare avanti-, — E il decreto antiterrorismo? «E' soltanto un passo — dice De Matteo — qui si va avanti a piccoli passi-. A chi domanda se la magistratura si riconosce come «bersaglio», De Matteo risponde: «Si, certo, ma ci sono anche altri aspetti, Bachelet era anche un professore, e un cattolico ai vertici dello Stato-. Un delitto, alla vigilia del Congresso democristiano, commenta un giovane di Scienze politiche ma il procuratore della Repubblica è già lontano. Francesco Santini

Luoghi citati: Cosenza, Padova