I ricordi rinnegati

I ricordi rinnegati ARCHI, COLONNE E TERRORISMO I ricordi rinnegati Mi strugge la scomparsi-, di Venezia, ch'era ed è un tutto omogeneo, vivo, una mirabile composizione cui ogni secolo aveva dato il suo apporto, ben legata al suo popolo, ove dominava nettamente il dolce dialetto. Mi lascia indifferente la gessificazione, la rovina, degli archi e delle colonne della Roma in cui sono nato ed ho trascorso la più gran parte della mia vita. Probabilmente può il fatto che la rovina sia venuta man mano, malattia cronica cui ci si abitua si che meno si compiange la scomparsa del malato; da ragazzo ho ancora visto l'imponente sbocco della Cloaca Massima, e poi un grande finanziere del periodo fascista vi costruì dinanzi una casa; l'Aventino era deserto, le mura della città non avevano tanti fornici, e le porte erano ancora quelle che erano da secoli, senza nuove aperture laterali, senza essere isolate, come le porte di Bologna lasciate quando abbatterono le mura della città. E c'erano tante ricchezze già scomparse: i graffiti, quello grande nel muro posteriore del palazzo Massimo, quello dei quadratini nel cortile del portentoso palazzo Spada, un altro in Borgo, accanto alla chiesa Traspontina. Ora non sono più che superfici scure, senza disegni e senza colori. I secoli avevano saputo compiere adattamenti cui l'occhio si era abituato; facilitato da ciò, che la casa era rimasta al suo esterno la stessa, quella che doveva già esistere nel periodo argenteo dell'Impero. E nei quartieri popolari si parlava il romanesco, un romanesco che non era già più quello di Belli, ma, accessibile a tutti nulla aveva in comune con il gergo che si è generalizzato tra i giovani della città, quale ne sia la provenienza, e neppure con il romanesco fasullo dei film e della televisione. Ma non solo le necessità del traffico, l'opera degli archeologi, distruttrice di ciò ch'era un complesso armonico, per ricercare gli strati più antichi, quella dei restauratori, la massiccia immigrazione, hanno rotto quel tanto di armonia che ancora esisteva nella Roma umbertina; gli è che cambia il tipo di case; avanzano i fabbricati, tipo la sede principale della Rai-Tv, ferro e vetri, ignoti ai secoli passati; ed altresì le case ancora con le mura di mattoni, ma a dieci, dodici piani. So che anche il Partenone va in rovina; ma stava a sé. dominante la città moderna e viva, ma ben staccato. Se guardo più attentamente in me, so però che la mia indifferenza all'apprendere che i monumenti dell'antica Roma se ne vanno, ha delle radici più profonde: quando una civiltà scompare (sia pure per fare posto ad una nuova, per chi crede possano esserci civiltà infinitedi ogni tipo), è bene lascsgombro il terreno. Dove tutti gli antichi valori sono decaduti, spesso incompresi, dove il popolo si è fatto pavido, disposto ad accettare senza reagire iterrorismo, domani il regime sovietico, è bene, è armonicoche cadano i ricordi di una civiltà i cui valori erano antitetici. Credo che molti comprendano questo desiderio; se non può restare quel che abbiamo amato, se deve succederci una generazione con cui non abbiamo alcun vincolo di comprensione, che non trovi neppure nostri relitti, che le darebbero noia. Che diventino parcheggdi macchine quelli che furono monumenti romani. * * Che il terrorismo sia fin quil vincitore, mi pare indubbioe non comprendo chi chiedinasprimenti di pene, allorchnon c'è alcun modo per individuare i colpevoli. Ma soprattutto non comprendo l'assunto: occorre ugoverno di unità nazionale, comunisti inclusi, per stroncare terrorismo. L'assunto ha due interpretazioni, egualmente inaccettabilChe non solo il terrorismovolto a scardinare l'Italia, a fasì che non ci siano più poliziné carabinieri né giudici, che spossano compiere rapine e sequestri impunemente, che queche c'è d'imprenditori seri cerchi lavoro solo all'estero, portando con sé gli elementi mgliori delle loro maestranz(ciò che sta già avvenendo), abbia le sue radici e la sua direzione a Mosca, e da lì forniscamezzi ai nostri terroristi; e chMosca li abbandonerebbe, peil tenue compenso di averqualche ministro comunistnel governo italiano. Ciò chmi pare assurdo, soprattutt oggi che si è vista la debolezza dei legami tra i Paesi occidentali, e così ii nostro, di fronte agli Stati Uniti: amici quanto si vuole, ma non possiamo scontentare gli sportivi non permettendo loro di andare alle Olimpiadi di Mosca. E sarebbe poi una ingiuria a degnissime persone che siedono nella direzione del Partito, e che non hanno a vedere con i terroristi. Salvo a tracciare un romanzo sul tipo de L'ebreo errante di Sue. dove il rozzo «compagno» del padre gesuita colto e raffinato che ha le credenziali, trae ad un tratto fuori la lettera del Generale dell'Ordine che sostituisce il padre finora munito dei pieni poteri con il «compagno», il padre Rodin; cioè pensare che gli attuali capi del Partito siano solo uomini di paglia, inconsci della direzione moscovita del terrorismo, e che i ministri che, su imposizione di Mosca, dovrebbero in un secondo momento venire nominati, sarebbero uomini diversi, oggi poco noti: una costruzione che non regge. L'altra interpretazione, del pari inaccettabile, è quella che una volta venuti al governo comunisti veri, quelli voluti da Mosca (ed il trapasso dai comunisti attuali, molto rispettabili ed ancora sensibili ai valori della civiltà liberale, ai nuovi, non sarebbe arduo) il nostro popolo diverrebbe talmente soddisfatto e felice da non esserci più terroristi; o mutasse coscienza, rinnegasse le sue vecchie radici cristiane e liberali, ed accettasse le misure che oggi paiono più repellenti (i campi di lavoro forzato, la regola: il sacrificio di trenta innocenti, anche donne e bambini, non è soverchio per impadronirsi di un terrorista). Tutto ciò sa semplicemente di favola. Spero che non ci sia mai questa conversione alla crudeltà del nostro popolo; e comunque occorrerebbero molte generazioni per compierla. E quanto ad immaginare un popolo felice, che non ha più malcontenti che ricorrano alla violenza, che di colpo rinsavisce, ragiona con il dissenziente, ma non lo colpisce, accetta ogni sacrificio per il bene comune, non mente mai allo Stato, adempie scrupoloso al suo lavoro, mi sembra una bella favola da narrare ai bambini che non abbiano superato i sette anni. In tutte le città d'Italia amministratori democristiani o socialisti o comunisti non hanno mai ottenuto che i netturbini in possesso di lauree o di diplomi scopassero le strade, e non imponessero, nel migliore dei casi, l'alternativa; prendere lo stipendio e starsene a casa, od avere un tavolino d'ufficio e quando se ne ha voglia riempire dei moduli. A. C. .remolo

Persone citate: Rodin, Spada