Fasti e decadenza di un re africano
Fasti e decadenza di un re africano Tra il fiume Congo e l'Angola Fasti e decadenza di un re africano W. G. L. Kandles: «L'antico regno del Congo», ed. Jaca Book, pag. 333. lire 13.000. Era uno Stato omogeneo e organizzato quello che i primi esploratori portoghesi, nel 1482, scoprirono alle foci del fiume Congo. Emerso da vecchie vicende storiche tuttora oscure, sicuramente da migrazioni massicces di popolazioni dal Sud-Est verso la costa atlantica, l'antico regno del Congo doveva diventare l'esempio tipico di come fossero cominciati sotto buoni auspici, in modo assolutamente pacifico, i rapporti tra Europa e Africa Nera. Il regno dei Bakongo era un'ampia regione a cavallo tra l'attuale Zaire e l'Angola, una fascia lungo la costa che penetrava nelle regioni interne, via via attenuando la sua dominazione, fino a lambire incerti confini lungo i quali era l'alternarsi continuo di periodi di tregua con altri di violenti scontri. I Bakongo erano una popolazione bantu, abilissimi fabbri e perciò anche abili costruttori di armi per caccia e guerra. Alla cima della piramide dello Stato avevano il Manikongo. cioè il re, che risiedeva a Mbanzakongo, l'attuale Sào Salvador in Angola. Secondo le consuetudini iberiche, con i primi esplora tori e trafficanti portoghesi arrivarono i religiosi missio nari. E qui è l'aspetto più sorprendente della vicenda. In una popolazione tanto lontana per tradizioni e culti, il cristianesimo attecchì subito, si diffuse tra milioni di indigeni Lo stesso futuro re, meno di dieci anni dopo l'arrivo dei primi europei, nel 1491. si converti; Nzinga Mbemba diven tò Alfonso. I cronisti dell'epoca, portoghesi e italiani, descrivono popolazioni, e soprattutto re e governanti, ansiosi di ricostruire i loro villaggi di capanne con la pietra (come fecero per la capitale Sào Salvador) di apprendere i costumi europei, di mandare i figli a studiare in Europa. Il regno di Alfonso durò a lungo, dal 1507 al 1543. E fu, a modo suo. un regno illuminato. I cronisti europei ci raccontano come il re cercasse di instaurare una monarchia di «tipo europeo» e come, pur tollerandola, non avesse in simpatia la schiavitù. Si era stabilito cosi un equilibrio tra una società rapidamente convertita alla religione e agli scambi economici con l'Europa e un Paese, il Portogallo, che «colonizzatore» nel senso poi divenuto tradizionale ancora non era. E qui occorre sgombrare il campo da illusioni alla Rousseau. I bantu di re Alfonso erano si quei «buoni selvaggi» che non avevano difficoltà ad accogliere il messaggio umanitario del cristianesimo, ma già conoscevano e praticavano, prima dell'arrivo dei portoghesi, la schiavitù, di cui si servirono malgrado gli scrupoli di re Alfonso, per gli scambi commerciali con i nuovi venuti. E' un fatto però che. quando nel 1575 Lisbona mandò un conquistador per rendere più malleabili i Bakongo (con il pretesto di difenderli da tribù ed etnie confinanti che li minacciavano), in realtà fu dato inizio ad una vera e propria guerra coloniale che in pochi lustri avrebbe distrutto anche il vecchio regno del Manikongo convertito al cristianesimo. Il bisogno di schiavi per i portoghesi (che dovevano popolare di braccia la colonia brasiliana) era diventato sproporzionato rispetto a quello che essi potevano ottenere attraverso il negoziato con uno Stato grosso modo sovrano e indipendente. Fu il primo imponente episodio di «tradimento dei patti» da parte europea verso un popolo africano, il preludio ad una lunga serie che sarebbe durata fino ai giorni nostri. II «tradimento, portoghese segnò anche la rapida fine di una civiltà, che pure, con la sua spontanea apertura agli influssi europei, aveva dimostrato di non essere cosi ..primitiva». La decadenza fu vertiginosa: se ne accorsero tre secoli dopo, nell'800. altri europei che faticosamente «riscoprirono» quella che intorno alle foci del Congo era stata una regione dell'antico regno di Alfonso. Gianfranco Romanello
Persone citate: Gianfranco Romanello, Rousseau
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