Pertini con i magistrati discutte il caso Vitalone

Pertini con i magistrati discutte il caso Vitalone Lunga riunione nella notte del Consiglio superiore Pertini con i magistrati discutte il caso Vitalone L'inchiesta sui sei giudici accusati dal senatore de è stata affidata alla procura di Firenze - Molti contrasti nel corso della seduta DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — L'inchiesta sui sei giudici romani accusati di collusioni coi terroristi sarà svolta a Firenze: ma esauriti gli adempimenti tecnici, sul «caso Vitalone» si sono scontrate ieri al Consiglio superiore tutte le correnti che rappresentano la magistratura italiana. Ieri pomeriggio il Presidente della Repubblica aveva deciso di presiedere la seduta plenaria del Consiglio superiore della magistratura che avrebbe affrontato il caso sollevato dalle clamorose accuse del senatore democristiano. Per cogliere il significato della decisione di Pertini é sufficiente ricordare che finora il Capo dello Stato aveva partecipato a sedute dell'organo di autogoverno della magistratura solo in due occasioni, egualmente gravi. L'omicidio a Patrica del procuratore Fedele Calvosa e quello, a Milano, del sostituto Emilio Alessandrini. La riunione s'è iniziata poco dopo le 17. e a tarda sera proseguiva ancora senza che dagli ambienti del Csm trapelassero indiscrezioni. La durata stessa della discussio¬ ne testimonia però la durezza della scontro, e la difficoltà di stilare il comunicato che fa tradizionalmente seguito a queste discussioni. Il fatto che alla seduta avesse dovuto partecipare, a rigore, anche Michele Coirò (esponente di «Magistratura democratica» . oggi sotto accusa con altri nove giudici per il ritrovamento di alcuni indirizzi nella sede romana di «Radio onda rossa») può dalla misura della delicatezza dei problemi che il Csm ha dibattuto. Il «caso Vitalone» è dive- nuto ormai terreno di scontro tra le componenti più avanzate dell'ordine giudiziario e quelle che nell'interpellanza dei 23 senatori de hanno visto soprattutto un'arma per gettare il sospetto contro tutto uno schieramento di giudici progressisti. All'interno del Consiglio superiore, però, anche tra i moderati si è diffusa nelle ultime settimane la protesta per la linea che Vitalone e gli altri senatori de hanno deciso di tenere. Dopo aver lanciato accuse senza precedenti, ribadite anche quando la relazione del ministro della Giustizia al Senato era parsa ridimensionare il «caso», i senatori democristiani hanno rifiutato di chiarire direttamente al Consiglio superiore il peso e le motivazioni della loro interpellanza. Un atteggiamento che prevedibilmente ieri-sera è stato duramente censurato dal Consiglio superiore della magistratura. La decisione di trasmettere a Firenze gli atti che riguardano sei magistrati romani (Franco Marrone. Francesco Misiani. Aldo Vittozzi. Luigi Saraceni. Gabriele Cerminara ed Ernesto Rossi) era stata presa nel pomeriggio_dalla prima sezione del Consiglio superiore dopo una breve camera di consiglio. Fino a poche ore prima, ambienti dello stesso Consiglio superiore avevano data per scontata la scelta dell'Aquila. L'inatteso cambio di destinazione probabilmente è nato dalla preoccupazione di evitare ogni ulteriore polemica. Affidare l'inchiesta a una sede retta da Massimo Donato Bartolomei, procuratore che sarebbe difficile definire progressista sarebbe stato interpretato da molti come atto dal sapore persecutorio. Ai giudici toscani, che sulla base degli elementi raccolti finora dovranno decidere se aprire o no un'inchiesta formale contro i sei magistrati, sarà trasmessa la denùncia firmata nei loro confronti dal missino Michele Marchio e la querela con cui Marrone e gli altri hanno accusato il senatore Vitalone di diffamazione.

Luoghi citati: Aquila, Firenze, Milano, Patrica, Roma